“Fin dai tempi dei primi governi eletti dal popolo i politici han sempre avuto la necessità di confrontarsi con i propri elettori. Nello scorso secolo i bagni di folla’ erano ancora lo strumento principe per mantenere un rapporto diretto con il proprio elettorato. In Italia la televisione è tutt’oggi il canale di informazione privilegiato, ma sempre più individui utilizzano Internet per raccogliere informazioni. I media tradizionali non raggiungono più tante persone. Molti hanno lavori impegnativi, non hanno il tempo di dedicarsi alla politica in modo attivo durante la settimana, o sono spesso fuori casa. Così, si ‘consuma’ la politica a piccole dosi e ci sono sempre meno persone che si confrontano attivamente con essa.
Quando Obama cominciò ad usare Twitter la rete fu entusiasta. Un politico che sceglieva uno strumento del popolo per essere sempre raggiungibile, immediato. Bene, a pochi giorni dalle elezioni di domenica, qual è la strategia digitale che i politici italiani stanno o hanno adottato? Scarsa e mal pianificata, per lo più. Due sono le caratteristiche che connotano lo scenario. Ignoranza e carenza di risorse.
L’ignoranza si spiega semplicemente con l’età media dei nostri candidati. Le recenti attività hanno svecchiato un poco, ma il 50% è ancora old. La carenza di risorse, invece, si suddivide in carenza di budget e di personale qualificato.
Nel caso del budget, molto denaro viene, ancora, speso per strumenti tradizionali quali volantini, cartelloni. La pubblicità in tv è di stampo tradizionale e i candidati utilizzano le restanti risorse per eventi (il tipico cibo gratis per attrarre elettori stile ‘panem et circenses’). La percezione di una pianificazione digitale e la conseguente scelta di risorse adeguate è ancora appannaggio di pochi.
Su tutto, inoltre, pesa la preparazione dello staff del candidato. Spesso frutto del suo entourage, dunque persone fidate, più che preparate, e che non sempre dimostrano di avere la conoscenza per utilizzare, pianificare e diffondere i messaggi opportuni per una crescita digitale del politico.
E poi c’è il fattore il tempo. Perché pensare che basti andare in rete ogni tanto per attrarre like o follower, è follia. Eppure il ciclo mediatico è cambiato ed è sempre più il digitale a fare da traino.
Ma andiamo oltre. Una volta creato il profilo, ci si scontra con la necessità di creare interazioni, che significano contatto con gli elettori 24 ore su 24 dunque, disponibilità a mettersi sempre a confronto, pronti a ricevere complimenti, suggerimenti, ma pure critiche. Il tutto dovendo rispondere tempestivamente. Dopo al massimo una manciata di ore se via Facebook, che si riduce a una se via twitter.
E poi c’è la gestione del post elezioni. Spesso dopo il voto gli account facebook e twitter dei politici vanno in letargo. Invece, mantenere l’account attivo, magari con un investimento minimo per creare contenuti e interazione, sarebe fondamentale per dare la percezione di una continua presenza e disponibilità al dialogo e confronto.
Dunque? I politici italiani non sono ancora digitali. Ma possono diventarlo, se supportati da professionisti e agenzie competenti. Chi ha orecchie per intendere, intenda….”.
@enricoverga
Chi è Enrico Verga
Classe 1976. Master in Relazioni internazionale Università Cattolica. Manager. Membro comitato esecutivo Global shapers (World economic Forum), Analista geopolitico per Longitude (mensile Ministero Esteri), capo Horn (mensile sole 24 ore), Libero, Fatto quotidiano, Panorama. Fondatore di Dream Job (magazine di annunci di lavoro per le organizzazioni internazionali).