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Perché comunicare con lo sport? Avvera, Gruppo Credem, non ha dubbi: per affinità valoriale, l’obiettivo non sono i ‘numeri’. ‘Storie di Sport’, in partnership con LGS SportLab, è un viaggio in 13 diversi racconti, fatti di vita vera e sogni. Lo sport esige longevità comunicativa, ma lascia anche spazio ad altri interessi e argomenti. Al centro sempre le persone

Ne parliamo con Lorenzo Montanari, Ad Avvera.

Avvera, Gruppo Credem, ha scelto lo sport per comunicare la propria essenza valoriale e la propria mission, i finanziamenti. Obiettivo non così facile, visto l’oggetto del proprio servizio. In cosa i due ‘universi’ sono sinergici ai fini di uno storytelling coerente e convincente?

“I valori di Avvera, la sua forma mentis e il modo in cui si posiziona nel mercato del credito al consumo sono tutti punti di contatto col mondo dello Sport. Avvera è la società del Gruppo Credem che si occupa della famiglia moderna, con personalità, dedizione quotidiana, trasparenza e realismo. Sappiamo che i sacrifici portano a risultati sul medio e lungo periodo, conosciamo la vittoria e il successo, ma anche le battute d’arresto e la spinta a credere che l’obiettivo successivo verrà soddisfatto pienamente. Questo ci permette di essere a contatto reale col nostro cliente, perché possiamo dialogare e spiegare motivazioni e dinamiche che portano al raggiungimento di un traguardo. Non promettiamo sogni, ma sicuramente di stare al suo fianco mentre cerca di scaricarli a terra e renderli raggiungibili. Come lo Sport, no?”

‘Storie di Sport’, un progetto che si articola in quattro fasi, coinvolgendo 13 talenti sportivi, con l’emergenza sanitaria a fare da sfondo a ogni storia. Ci racconta il dettaglio dell’operazione?

“Storie di Sport è un viaggio in 13 racconti diversi fatti di vita vera e sogni. I 13 atleti scelti sono molto diversi tra loro ma riescono comunque ad assomigliarsi tramite Avvera. Siamo partiti da una ri-partenza. Appena finito l’ultimo lockdown che ci ha visto chiusi in casa con le fasce di colore, abbiamo cercato di trasmettere tutta la nostra voglia a ricominciare, un passo per volta. Siamo quindi approdati alle origini, alle solidità su cui si sono costruite queste carriere, come abbiamo fatto noi col Gruppo Credem, l’albero forte da cui siamo nati. Siamo approdati alle Olimpiadi con molti di loro, con altri abbiamo parlato di Diversity e Salute Mentale nello Sport perchè se non parla alle persone, per noi non è un contenuto di valore”.

Agenzia che vi supporta è LGS SPORTLAB. In che cosa vi ha convinto e cosa ritenete plus differenziante nella vostra collaborazione?

“Ci hanno convinto nella capacità di individuare gli atleti più coerenti con le cose che volevamo comunicare. Il plus differenziante sicuramente è stata la qualità degli atleti che ci hanno proposto. Inoltre LGS ci ha supportato nella costruzione dello storytelling del progetto ‘Storie di sport’ e nella definizione della campagna di comunicazione digital”.

Avete già dei risultati e qual è l’obiettivo finale che volete raggiungere?

“Siamo partiti con un obiettivo poco misurabile, in realtà, perché volevamo raccontare storie utili per i nostri clienti e prospect, racconti in cui potessero riconoscersi o da cui prendere spunto per iniziare percorsi, migliorare quelli già in atto, trovare motivazione, perché no anche cambiare vita. Realisticamente potremmo chiamarlo obiettivo di awareness, ma la riduzione a un numero sminuirebbe il motivo per cui abbiamo scelto di comunicare in un determinato modo come società. Pensiamo di aver raggiunto il nostro obiettivo perché abbiamo avuto molta visibilità sul progetto e siamo riusciti a raccontare in modo accessibile argomenti molto complessi”.

La scelta dello sport come terreno di comunicazione è via senza ritorno, insomma, potrebbe caratterizzare per lungo tempo la vostra comunicazione?

“La scelta dello Sport traccia un percorso chiaro, ma non statico, nel corso del tempo. Lo sport esige una longevità comunicativa importante, ma permette anche di lasciare spazio ad altri interessi e argomenti che con esso non vanno in contrasto, ma in parallelo”.