Crollo degli investimenti pubblicitari, resilienza di alcuni settori e un nuovo linguaggio negli spot, soprattutto in tv: sono queste le principali evidenze che emergono dall’analisi di Nielsen sull’andamento del mercato pubblicitario a marzo 2020, presentata oggi da Alberto Dal Sasso, AIS managing director di Nielsen, nel corso di un webinar, insieme ai presidenti delle associazioni che rappresentano la filiera della comunicazione italiana: Lorenzo Sassoli de Bianchi (UPA – Utenti Pubblicità Associati), Massimo Martellini (FCP- Federazione Concessionarie di Pubblicità) ed Emanuele Nenna (UNA – Aziende della Comunicazione Unite).
Dopo un febbraio positivo, che, in tempi non sospetti, poteva far presagire un trend consolidato, a marzo il mercato pubblicitario crolla del 29%, perdendo circa 243 milioni di euro rispetto allo stesso mese del 2019 (594,7 milioni vs 837,7 milioni). L’andamento si riflette anche sul trimestre che si chiude in calo del 9,2%. La contrazione, sia per il singolo mese che per il periodo cumulato gennaio – marzo, riguarda tutti i mezzi e generalmente tutti i settori, seppur qualche comparto abbia beneficiato del buon andamento di inizio anno.
Relativamente ai singoli mezzi, la tv è calata nel singolo mese del 30,9%, chiudendo il trimestre a -10,5%. I quotidiani e i periodici a marzo perdono rispettivamente il -34,1% e -31,5% (-18% e -21,2% l’andamento gennaio – marzo 2020). Dopo performance positive per diversi mesi consecutivi, il lockdown ha impattato anche sulla raccolta pubblicitaria della radio: -41,6% a marzo e -8,9% nel trimestre.
Anche internet ne risente: sulla base delle stime realizzate da Nielsen, la raccolta dell’intero universo del web advertising, comprendente search, social, classified (annunci sponsorizzati) e i cosiddetti Over The Top (OTT), a marzo si ferma a -19,2%, limitando la perdita del trimestre a -2%, la minore tra tutti i mezzi. Outdoor e Transit soffrono in particolar modo le limitazioni alla circolazione di mezzi e persone, con cali a marzo rispettivamente del 47,4% e 60,9% (-22,6 e -30,2 nel trimestre). Fatturato a quota zero nel singolo mese per GoTV e Cinema; direct mail in calo del 58,2% a marzo (-24,8% gennaio – marzo).
Per quanto riguarda i settori merceologici, a marzo la gestione casa e enti / istituzioni sono incrementi rispettivamente del 17,5% e 9,8% (+6,3% e +17,2% nel trimestre. Nel singolo mese calano tutti gli altri, in particolar modo turismo / viaggi (-85,4%) e tempo libero (-80,1%). Per il periodo gennaio – marzo, grazie al buon andamento del bimestre, mostrano resilienza altri quattro settori che chiudono in positivo: distribuzione (+7,9%), bevande / alcolici (8,7%), industria / edilizia / attività (5,9%), elettrodomestici (3,0%).
“Visto l’andamento del primo bimestre avremmo potuto prevedere un marzo in crescita rispetto allo scorso anno, ma l’effetto Covid si è abbattuto sugli investimenti pubblicitari, in Italia come in tutti i principali mercati, prendendosi quasi un terzo della raccolta di marzo 2019”, ha dichiarato Dal Sasso. “La mancanza di un manuale per la gestione di questa situazione atipica ha dato luogo a un inedito paradosso, ossia il rallentamento della pubblicità nonostante la fruizione dei media, soprattutto i più redditivi dal punto di vista commerciale, stesse crescendo”.
Dietro questo calo ci sono una serie di fattori che hanno impattato in misura diversa seppur tutti determinanti: l’effetto quantità (calo del numero degli spot pianificati), effetto lockdown su cinema e out of home, effetto prezzo ed effetto eventi (annullamento appuntamenti mediatici/sportivi).
In questo contesto si è inserito un nuovo atteggiamento degli investitori, che hanno puntato su messaggi nuovi per rafforzare i valori del brand e mantenere un contatto emotivo con i consumatori, facendosi vettore di fiducia e ottimismo per attraversare il momento di incertezza.
Dalla settimana successiva al 21 febbraio, quando è stato individuato il paziente 1 di Codogno, si è assistito a una curva crescente di nuove campagne con riferimenti al Covid in tv e su Youtube, con un picco raggiunto – e poi assestatosi – nella settimana del 6 aprile. Sul piccolo schermo, gli spot con chiari riferimenti alla situazione d’emergenza sono stati il 34% del totale delle nuove pubblicità pianificate; su Youtube, l’8%. Complessivamente sono state le aziende alimentari più di altre (seppur non di molto) a cambiare le proprie creatività.
E’ anche possibile constatare una variazione dei messaggi comunicati dal lockdown per le settimane successive fino ad aprile. Alla prima fase (15 marzo – 5 aprile) in cui le aziende hanno promosso il brand e valorizzato i servizi al cliente; è seguita poi la fase più ricca di messaggi, quella a ridosso della Pasqua (6-11 aprile), quando gli investitori hanno puntato maggiormente sulla sicurezza e sulla salute, sulla continuità dei servizi e sugli efficaci messaggi di gratitudine; dal 12 aprile ai primi giorni di maggio, è stata la speranza, unita alla forza del brand, a caratterizzare le campagne per poi affiancarsi ai più positivi messaggi di ripartenza.
Dal sasso: “La ripresa sarà lenta e prolungata con diversi punti di flesso in funzione delle curve di contagio in Italia e nel mondo. I livelli di ascolto tv dopo il lockdown, verosimilmente, si attesteranno ai livelli precedenti, come si evidenzia già in altri Paesi dove Nielsen rileva il consumo mediatico. La cautela condizionerà le scelte degli inserzionisti ma nel secondo semestre ci aspettiamo dei segnali di ripresa. Ancora per diversi mesi ci sarà uno squilibrio tra offerta di audience e la domanda di spazi pubblicitari. Questi tre mesi hanno cambiato le abitudini dei consumatori e dei fruitori dei media, ma sarà proprio questa nuova dimensione a fungere da acceleratore sul lungo periodo”.