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Nel nuovo mercato della comunicazione vince chi sa garantire regia e creatività efficace. Dunque misurabilità olistica e innovazione che paga in Roi. La gara è aperta e agenzie creative e centri media (oggi i più utilizzati dai brand tra i partner possibili) è lì che se la devono giocare, nella capacità di coordinare gli specialisti. Perché è quanto vogliono le aziende. Lo dice ‘What Companies Want’, la ricerca Aegis Media

Sviluppata da Nextplora su un campione di 200 intervistati, con un’equa distribuzione tra rappresentanti del top management (Ceo, Direttori generali, Direttori Marketing) e dirigenti del mondo della comunicazione (Direttori della comunicazione/pubblicità, Direttori Media, Direttori Digital).

Come anticipato nel titolo, a stupire è la proiezione dei desideri futuri. Nel senso che ancora si lamenta l’assenza di quella capacità di regia, di gestione delle redini della comunicazione della marca che tanto è contemporaneamente indispensabile. Intendendo per essa la capacità di garantire visione e approfondimento strategico in un mondo in cui la complessità si fa destabilizzante e il bisogno di contatto diretto con il consumatore (che va capito e studiato quale persona, non più target) è accentuato dalla centralità della rivoluzione digitale. Ma, nonostante l’integrazione sia dai più professata, a quanto pare ancora non soddisfa, imponendo lavoro ulteriore alla ricerca di un nuovo modello di business per esprimerla, sviluppando nuove competenze e integrando gli specialismi che lo scenario attuale comunque richiede.

In ogni caso, la creatività resta basilare, ma in veste nuova, che fa rima con efficacia. Sostenuta e guidata dal consumer insight e da una piattaforma strategica consistente (con l’esplosione del digitale, i media oggi generano enormi quantità di dati sui comportamenti e le preferenze dei consumatori. Saperli analizzare e utilizzare per aumentare l’efficacia della comunicazione è un fondamentale fattore critico di successo). Insomma, innovare per il gusto di farlo non basta più, occorre avere chiaro dove si sta andando e perchè. Non a caso, tra le case history di particolare appeal citate, Aegis in Italia parla dell’operazione che ha affiancato Enel a XFactor, per aver saputo far incrementare l’intention to buy ben del 54%, grazie ad azioni concatenate e sinergiche.

Chiamando in ballo la necessità di nuove metriche olistiche di misurazione. Tanto che oggi parlare di billing è limitante, rappresentando il medesimo appena la metà del lavoro (in termini di investimenti classici, ad esempio, Aegis ipotizza una fine 2013 con un mercato a -10%, con la centrale a chiudere a -5% performando del doppio. Ma si tratta di numeri che non rappresentano il reale, escludendo la nuova massa d’investimenti). Di qui l’ovvio pensiero all’impellenza della ristrutturazione del sistema Audi (è allo studio da parte di AssoCom e Upa) così da tenere conto di quanto il digitale abbia spostato l’asse della valutazione dalla dimensione campionaria a quella censuaria (anche in tv). Insomma, una volta per fare comunicazione bastava comprarsi uno spazio, oggi si ‘acquista’ lo spettatore-persona-consumatore , con la tecnologia a permettere di tarare di conseguenza creatività e messaggi, sapendo in anticipo chi sta per usufruirne.

Ma torniamo alla ricerca Aegis. Emerge che le strutture esterne più utilizzate dalle aziende nell’ambito della comunicazione rimangono l’agenzia creativa (63,8%) e i centri media (57,7%). Al terzo posto si classificano le agenzie digital al 46,2%, che superano PR e le società di consulenza. Solo il 9,2% dei top palyer, infine, asserisce di non rivolgersi a nessuno. Mentre Top Management (Ceo e Direttori Marketing) restano fortemente orientati al risultato della comunicazione in termini di performance, tempi e costi, i tecnici della comunicazione (Dirigenti Comunicazione, Media e Pubblicità) optano per una  visione d’insieme e per l’integrazione strategica.

In quanto ai fattori considerati nella scelta di un’agenzia di comunicazione, già abbiamo parlato di quanto la creatività sia rilevante (è citata dal 49% degli intervistati), a ruota la seguono il rispetto dei tempi e la reattività (46.9%), la misurabilità dell’efficacia delle attività di comunicazione (45,9%) e la propositività (44.9%).

Infine la soddisfazione, su una scala da 1 a 10, il 25% degli intervistati lo è estremamente (voto 8 o +), circa la metà assegna un 7 (46%), mentre quasi il 30% si dichiara appena o addirittura non soddisfatto (il 29% assegna un voto uguale o inferiore a 6). Cosa, dove e come viene chiesto di migliorare? Le agenzie di comunicazione devono trasformarsi da fornitori di un servizio a veri e propri partner attivi. Dunque, maggior apporto strategico, più slancio innovativo e proattività, anticipando il futuro e lavorando in termini differenzianti. Con competenze integrate, visione di insieme, misurazione dei risultati e digital a rappresentare i temi chiave del futuro. Ricordando che l’integrazione delle competenze di marketing si conferma, con quasi 9 intervistati su 10 a dirlo, la cosa più importante. Seguono, con poco meno del 70%, la misurazione integrata, l’interazione con il consumatore e la gestione strategica della comunicazione mobile.

Tanto che Giulio Malegori (nel primo piano in alto e a fianco), presidente & ceo Aegis Media Italia, a conclusione della presentazione della ricerca, tenutasi ieri nel nuovo building milanese dell’agenzia (peraltro il secondo più green del gruppo nel mondo) ha dichiarato: “La ricerca What Companies Want conferma che le aziende, in un mondo a specializzazione crescente, chiedono integrazione delle competenze. Il mercato diventa più complesso e meno comprensibile da professionalità olistiche. Non è più immaginabile di essere esperti di tutte le materie, bisogna attivare gli specialisti, con enorme dispendio di fatica e risorse da parte delle aziende. La competenza chiave per le nuove agenzie di comunicazione sarà la capacità di coordinare gli specialisti” .