Più facile riassumere in poche parole (per esempio: incertezza, perdita di controllo, irrazionalità, emotività, cambio di paradigmi, sistema, urgenza, inflazione) i contenuti dei diversi interventi on stage sul palco di questa edizione de Linkontro, meno volendo iniettare ottimismo. Il tutto reso ancora più difficile dalla necessità, come suggerisce Vincenzo Perrone, Professore ordinario di Organizzazione aziendale presso l’Università Bocconi di Milano, di non spacciare panico. Perché sapete qual è una delle domande più importanti da farsi e fare? “Come stai?”. Il che la dice lunga sul ritorno all’emotività. Avete presente il libro ‘Intelligenza emotiva’ di Daniel di Goleman? Andrebbe letto. Una ricerca McKinsey dimostra come il 25% dei lavoratori dubita del senso, dell’utilità sociale, di quello che fa (tra l’altro con prevalenza di sales-marketing manager, ma ci sono pure dei Ceo) e ben il 45% dichiara di volersene andare nei prossimi 5-6 mesi.
Senza parlare dei giovani, abbiamo testato interrogando più di un manager che si trova a gestire le nuove assunzioni, che il tema si fa problema. Infatti, se a denunciare l’assenza di un terreno valoriale comune per instaurare un dialogo, una trattativa di interscambio, sono professionisti di appena 40 anni, l’attenzione si accende. Siamo davvero di fronte a un cambiamento così repentino da creare un distacco netto tra quello che fu e quello che potrebbe diventare. E veniamo subito al sodo, i ragazzi oggi pretendono lo smart working, vogliono lavorare il minimo indispensabile, ritengono che prima c’è la loro vita, poi la carriera. Un bene, un male? Di certo un atteggiamento poco consono con quanto sino a oggi eravamo abituati a maneggiare.
Con il valore del ‘senso’, del perché, dello scopo, a farsi causa ed effetto della situazione rilevata. Perché senza motivazione non c’è soddisfazione e motivazione fa rima con traiettoria, relazionalità, libertà espressiva, differenziazione.
Passiamo allora subito alle conclusioni. Che manager dobbiamo essere oggi per farcela? A farci l’elenco delle qualità da spuntare è lo stessoPerrone.
- Prima di tutto individui consapevoli della propria essenza
- Instaurare relazioni positive
- Affidarsi all’intuito (per Einstein la mente intuitiva è il dono sacro), dare spazio all’emisfero destro del nostro cervello, quello aperto alle possibilità, al pensiero non lineare, artistico
- Continuare a studiare
- Prima di osservare il quadro, mettere in discussione la cornice
- Mai pensare ed agire da soli, la varietà delle risposte disponibili deve essere tanto maggiore quanto maggiore è la complessità. La diversity è valore, ricchezza
- Avere in testa il sistema, il benessere delle persone e del pianeta. Tutto è interconnesso
- Sentirsi protagonisti di una possibilità. Servono modelli nuovi di capitalismo, finanziari, organizzativi.
E poi, tenetevi forte, nell’era della mania di controllo e di specializzazione, l’obiettivo è passare dal dato all’informazione, alla conoscenza, alla saggezza. Il pensiero lineare non paga più, serve quello sistemico. Perché, lo ribadiamo, nella complessità tutti gli elementi si condizionano. E non bisogna avere paura. Altrimenti, Franco Arminio dixit, c’è il rischio che ‘il panico diventi una forma di intrattenimento’.
E non è finita qui. Sentite su cosa Giorgio De Rita, Censis, ha incentrato il suo speech: sull’importanza delle parole e la prima citata è profezia, cioè la necessità di provare a capire chi siamo e cosa potremmo diventare. Vi rendete conto che nel nostro paese l’ascensore sociale si è bloccato? E’ vero, per fortuna gli italiani hanno accumulato ricchezza. L’altra faccia del risparmio, però, è lo stallo. Date un occhio al dato del valore conti correnti, ma anche al gap tra reddito e ricchezza, se non cadiamo in errore, la seconda è 8.7 volte di più. Cosa significa? Che abbiamo paura e abbiamo bisogno di essere rassicurati. Dovrebbe essere l’occasione per rimescolare le carte, con un modello di sviluppo e crescita diverso. Speriamo.
Da qui all’irrazionalità. Anche nei modelli di consumo. Lo abbiamo visto dall’analisi di Nielsen IQ, non è più netta la distinzione tra prezzo e premium.
La terza è scarsità. Quindi il nuovo è uno sviluppo per sottrazione. Dalla transizione ecologica all’economia circolare, al km zero. Insomma, inutile fare con più quello che puoi fare con meno.
E siamo alla quarta parola. Le idee. E qui, attenzione, ne abbiamo troppe. Avete presente il PNRR? Ne è accozzaglia. Stringendo la prospettiva ed entrando nel merito della sfera di ogni azienda e dei diversi brand, sarà da mostrare diffidenza al proliferare eccessivo delle idee. Quello che serve, infatti, è decidere ciò che è giusto fare e poi restarne fedeli. Serietà, intesa come capacità di fare in modo straordinario l’ordinario. Pena, il rischio di slittare, come il dito sull’ iPad. Insomma, l’esortazione è a uscire dal ‘dappertutto rasoterra’.
Parlando off the record con Francesco Pugliese, Ceo Conad, e commentando la due giorni de Linkontro, si paventava una sorta di carenza di coraggio. Ossia, si sono dette tante cose ma nessuna con la forza di chi una posizione l’ha a monte presa. Vero, però come potrebbe essere altrimenti in un momento bersagliato non da una ma da ben 5 contemporanee crisi?
Ce lo ha fatto notare Paolo Magri, Ispi, esplicitando con l’allegoria della maratona che in orizzonte di traguardo viene tradita dal susseguente pentathlon il concetto. Ve le ricordiamo: crisi di sicurezza, economica, umanitaria, alimentare e pure finanziaria.
E in un contesto così rischiamo di mettere in secondo piano la principale delle priorità, l’ambiente. Così Luca Mercalli, climatologo, facendo un baffo all’invito ‘guai a spacciare panico’, non nasconde l’incubo catastrofe. Perché, ok la guerra, ok le cinque crisi sopra elencate, ma se e le temperature si elevano di altri 5 gradi, i mari si alzano, come previsto senza cambi di rotta, di sette metri, spariscono le biodiversità e la plastica ci inonda, ogni discorso e ogni strategia si fanno vani. Abbiamo 10 anni per agire. Ed è urgenza.