Davide Schioppa, CEO PODCASTORY
È finito il 2022, che anno è stato per voi?
Il 2022 è stato per noi ottimo, un anno durante il quale abbiamo continuato il nostro percorso di crescita e soprattutto un anno in cui è cresciuto anche il piccolo comparto del podcast insieme a quello un po’ più grande dell’audio digitale.
Se osservo in casa Podcastory vedo un’azienda che ha incrementato il volume di fatturato, un elemento numerico importante. Ma vedo soprattutto un’azienda cresciuta in termini di talenti, con persone che via via si sono aggiunte al nostro progetto e anche a livello internazionale.
Da novembre siamo approdati in Spagna e a Madrid abbiamo aperto Podcastory Spagna. Questo per me è un motivo di orgoglio, lavoro nel mondo della pubblicità da tanti anni e ho sempre visto aziende straniere arrivare in Italia per portarci le loro novità. Esportare in Europa la nostra esperienza, oltre a segnare un traguardo importante e una crescita da zero a multinazionale, conferma l’importanza di lavorare con una squadra di grandi professionisti senza i quali tutto questo non sarebbe stato possibile.
Quali gli obiettivi raggiunti di cui andate più fieri?
Senza ombra di dubbio la crescita in termini numerici, non posso che ritenermi soddisfatto da quelle che, considerato il bilancio non ancora chiuso, sono proiezioni di crescita e mi riferisco a un’ascesa in termini di EBIT e un incremento che sfiora quasi il 100% sullo scorso anno.
Dal punto di vista umano sono molto contento per il capitale acquisito. Abbiamo raggiunto dei livelli di professionalità molto elevati grazie alla crescita di professionisti che si sono formati all’interno della nostra factory e all’arrivo di nuovi professionisti dall’esterno.
Il terzo elemento, ribadisco, è sicuramente l’uscita dai confini nazionali. In questo c’è qualcosa che trascende i numeri e il business. Abbiamo scelto come primo paese all’estero la Spagna, loro puntano molto sul doppiaggio e noi in Italia siamo nati utilizzando voci di doppiatori per realizzare fiction in formato podcast. Ora portiamo in Spagna la stessa idea, lo stesso modello di doppiaggio declinato al podcast. Ed è molto importante e ci rende fieri l’aver mantenuto in Italia la parte tecnica, di sound design e sound engineering.
A questi tre obiettivi raggiunti aggiungo anche i premi che abbiamo vinto. Conferme e riconoscimenti a tanto lavoro e tanta professionalità.
Contingenza a parte, che cosa augurate al vostro comparto per il nuovo anno, insomma quali gli ambiti sistemici su cui lavorare pro tutti?
Il podcast è un ramo all’interno dell’ecosistema più ampio e complesso dell’audio digitale, a mio parere la strada che abbiamo intrapreso sta funzionando e mi sento un po’ artefice di questo percorso in Italia perché siamo stati tra i primi ad orientare l’ascoltatore. Aspetto fondamentale per far capire che i contenuti si possono anche ascoltare. Questo è quello che nel nostro mercato sta accadendo, anche grandi aziende internazionali investono buona parte del budget in campagne pubblicitarie per far conoscere un universo da ascoltare.
Il nostro comparto sta diversificando l’offerta dal punto di vista della produzione. Sono arrivati più player e ciò dev’essere valutato come qualcosa di estremamente positivo perché ci porta ad alzare l’asticella della qualità. Finché sei solo quella è la minestra e quella devi mangiare. Quando il menù diventa variegato, non basta stare al passo, devi essere più bravo degli altri. La possibilità di avere una concorrenza con la quale confrontarsi sicuramente aumenta il livello qualitativo.
Sono convinto, comunque che si debba spingere sulla parte più tecnologica. Noi facciamo contenuti a voce calda, creiamo podcast interpretati, ma per catturare l’attenzione degli ascoltatori e offrire loro una inventory sconfinata di contenuti, non si può prescindere anche da tecnologie text to speech, dalla trasformazione del contenuto testuale al formato audio. E secondo me un altro aspetto da considerare e sul quale bisogna investire tanto è proprio la tecnologia da un punto di vista editoriale. Bisogna avere coraggio e credere ancor di più nella possibilità di creare nuovi spazi e nuove frontiere per la pubblicità e per gli utenti. Si deve anche abbandonare l’idea che il podcast sia soltanto talk. Occorre lavorare e investire di più su fiction e documentario e noi italiani siamo bravi in questa tipologia di scrittura. Dobbiamo essere un po’ più audaci per spingerci oltre.
In che direzione va il rapporto con i clienti, su cosa state ragionando per vestire meglio le loro esigenze, a quali ambiti, nuovi servizi, visioni?
Il mercato è attento a quello che fa il mondo dell’audio. Quest’ultimo è ancora, dal mio punto di vista, una tendenza. Serve maggior coraggio da parte dei brand, perché molti sono in attesa che qualcuno faccia il primo passo. Serve maggiore convinzione nell’investimento perché la soglia di attenzione su questo mercato è sicuramente molto alta da parte dei clienti. Occorre lasciarsi guidare, perché si tratta di uno strumento nuovo con logiche nuove di comunicazione e lasciarsi trasportare in un vortice di novità. Ci sono sempre più brand che inseriscono il mondo dell’audio all’interno della loro offerta.
Noi come Podcastory lavoreremo alacremente per il comparto audio da due punti di vista: convincere sempre più brand a sperimentare e creare dei contenuti innovativi e investire nel comparto audio a prescindere dalla pubblicità, in termini di comunicazione corporate per costruire un dialogo diretto e intimo. Nel comparto del digital audio una delle leve da maneggiare con cura nel 2023 sarà la creazione dei sound logo: il brand in formato sonoro è quello che manca ancora tanto all’Italia ed è un elemento sul quale dovremmo cercare di crescere perché così come esistono i brand visivi non possiamo pensare che non esistano anche quelli sonori. È una delle idee sulle quali punteremo di più nel 2023.