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Tell me a (branded) story: i rischi legali della pubblicità tramite podcast

Gianluca De Cristofaro

L’analisi di Gianluca De Cristofaro, Partner Intellectual Property e Advertising Law @ LCA Studio Legale.

In un mondo che ci chiede di essere multitasking, non sorprende che una delle nuove e più seguite forme di entertainment siano programmi e/o servizi ‘audio’. Kurt Cobain diceva: “La televisione. La televisione è la cosa più sinistra del nostro pianeta. Va’ subito a prendere la tua TV e buttala dalla finestra o vendila e compra uno stereo migliore.”.

A quanto pare, le nuove generazioni stanno iniziando a dargli ragione. Perché fermarsi per ore davanti a uno schermo, quando si possono ascoltare libri, rassegne, interviste mentre si guida, si cammina o si svolgono attività che tengono occhi e mani occupati, ma orecchie aperte?

Esempio per eccellenza di queste nuove ‘frontiere’ dell’intrattenimento sono certamente i podcast.

Definirli dal punto di vista tecnico è relativamente semplice. Si tratta di trasmissioni radio diffuse via Internet, un tempo scaricabili e archiviabili in un lettore mp3, oggi fruibili attraverso siti o tramite le principali piattaforme di streaming. Ben più difficile è, invece, descrivere il contenuto e la struttura che possono avere i podcast.

Alcuni sfruttano come ‘filo conduttore’ la dinamica dell’interazione tra gli speaker oppure un preciso background tematico (lo sport, le donne, le esperienze di vita del narratore, tips and tricks del mondo dei videogiochi, del fashion, del food, etc.). In questi casi, l’obiettivo è approfondire, nel corso di ciascuna puntata, un determinato tema o personaggio, piuttosto che un topic di particolare interesse.

In alternativa, il podcast può raccontare una storia, anche di pura fantasia, in cui ogni puntata corrisponde al proseguo della narrazione. Insomma, un revival delle vecchie trasmissioni radiofoniche dei primi decenni del Novecento, che tenevano incollati all’apparecchio migliaia di ascoltatori.

Le potenzialità di questo canale non sono sfuggite ai brand, che hanno iniziato a veicolare i propri messaggi pubblicitari anche attraverso i podcast, scegliendo, ovviamente, le specifiche modalità di divulgazione della comunicazione commerciale anche in base al budget a disposizione da investire nel progetto. Il brand, per esempio, può scegliere di appoggiarsi a un podcast già noto, dall’identità ben definita e seguito da utenti che rientrano nel target di riferimento che il brand è interessato a raggiungere, sovvenzionando i costi di produzione di una o più puntate, mettendo a disposizione degli speaker prodotti/servizi con l’intesa di parlarne nel corso della trasmissione, etc.

In alternativa, il brand può decidere di realizzare il proprio podcast, ovvero un canale di intrattenimento attraverso cui divulgare contenuti che il pubblico di potenziali acquirenti assocerà ai valori e alla brand identity della società. In questo caso, il ‘prodotto’ che viene sponsorizzato attraverso il podcast, nell’ambito di una articolata iniziativa di marketing emozionale, è il brand stesso.

Le implicazioni legali del podcast: come segnalare i contenuti pubblicitari

Ciò detto, il fatto che un contenuto pubblicitario venga veicolato tramite podcast e/o il podcast stesso costituisca una forma di sponsorizzazione del brand, impone che vengano rispettate le disposizioni normative e autodisciplinari in materia di trasparenza pubblicitaria, o meglio di riconoscibilità del messaggio pubblicitario (ovvero l’art. 7 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e il Regolamento Digital Chart a cui l’articolo rinvia e le previsioni di cui all’art. 5 del D. Lgs. 145/2007 in materia di pubblicità ingannevole).

Il fatto che i podcast siano incentrati su una forma di comunicazione con il pubblico prettamente orale impatta sugli accorgimenti che devono essere adottati affinché sia garantita la riconoscibilità del messaggio.

L’oralità del podcast e, quindi, l’impossibilità di utilizzare quegli strumenti che sono disponibili su altre piattaforme, come i social – ovvero hashtag, tool di sponsorizzazione, etc. – non toglie che la natura pubblicitaria del contenuto così veicolato vada comunque segnalata in modo chiaro. Ciò andrà fatto, più semplicemente, sfruttando quello che il podcast offre: innanzitutto, la voce.

Nel caso in cui un brand abbia sovvenzionato economicamente la realizzazione di una o più puntate del podcast, lo speaker che conduce il podcast, per esempio, dovrà segnalare verbalmente, all’inizio ma anche ripetutamente nel corso della trasmissione, che la puntata ‘è offerta/sponsorizzata da…’.

Nel caso in cui il brand abbia, invece, fornito prodotti e/o servizi, lo speaker dovrà far presente che gli stessi sono stati menzionati o consigliati in quanto tra il brand e il podcast è in essere una partnership commerciale o che i prodotti e/o servizi sono stati forniti dal brand.

Il caso dei branded podcast

Alcuni accorgimenti vanno presi anche – e a maggior ragione – con riferimento ai branded podcast realizzati dai brand, che si traducono normalmente in comunicazioni che hanno lo scopo di generare traffico su siti web e social del brand attraverso una narrazione che, nella maggior parte dei casi, non ha nulla a che fare e/o nemmeno menziona il brand in sé, o la sua storia. Tali podcast, anche in ragione delle loro caratteristiche intrinseche, rischierebbero di non essere percepiti come contenuti aventi una finalità pubblicitaria senza l’impiego di accorgimenti idonei a chiarirne suddetta natura.

In questo caso, un modo per far sì che l’utente comprenda che il podcast è realizzato da un determinato brand e che, quindi, costituisce una sua forma di sponsorizzazione, è – ferma l’opportunità di segnalarlo comunque verbalmente, come visto sopra – approntare anche degli accorgimenti visivi in grado di rendere evidente la connessione tra brand e podcast.

Il podcast non è un contenuto solo verbale

È infatti sbagliato pensare al podcast come a un contenuto esclusivamente verbale. I podcast sono caratterizzati da una serie di background information (per esempio, l’icona identificativa del podcast, la descrizione del podcast messa a disposizione nella libreria di contenuti fruibili sulle piattaforme di streaming, etc.) che rappresentano, in un certo senso, la sua parte visual. Sfruttare anche gli elementi grafici per segnalare la natura pubblicitaria/sponsorizzata di un contenuto poi trasmesso on air è sicuramente la scelta più idonea a rimanere ‘on the safe side’ ed evitare contestazioni da parte delle autorità di controllo.

Nel caso dei branded podcast, tale disclosure ‘grafica’ potrebbe essere inserita nella descrizione del programma e/o associando direttamente all’icona del podcast il marchio del brand. Sarebbe molto rischioso, al contrario, ‘rimanere in silenzio’, magari partendo dal presupposto che, poiché si è parlato dell’iniziativa della società su altri media (social, web, stampa on line, etc.), tutti gli utenti che si apprestano ad ascoltare un branded podcast siano a conoscenza della sua origine e, quindi, della sua natura pubblicitaria.

Il consumatore ha bisogno di chiarezza

In sostanza, quindi, anche alla luce di quanto prescritto dall’art. 7 del Codice di Autodisciplina, le comunicazioni commerciali trasmesse tramite questo canale devono comunque essere nettamente distinte per mezzo di idonei accorgimenti. Anche per i podcast, perciò, la golden rule rimane sempre la stessa: non dare mai nulla per scontato e per implicito. Il consumatore ha bisogno di chiarezza.