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“Noi capiamo, l’intelligenza artificiale non riuscirà mai”. Federico Faggin, padre del microchip, dal palco di BTO mette in guardia: “Il rischio è che ci schiavizzi”

Federico Faggin

“Quando l’intelligenza artificiale viene presentata come qualcosa che può superare l’intelligenza umana si dice qualcosa di molto sbagliato ma anche qualcosa di giusto perché può elaborare meglio di noi cose meccaniche e riproducibili. Noi però abbiamo la capacità di capire, cosa che l’intelligenza artificiale non ha e non avrà mai”.

Questo uno dei passaggi dell’intervista con Federico Faggin, il fisico italiano che ha inventato il primo processore con ponte in silicio e dei primi touchscreen, ospite a BTO, l’appuntamento fiorentino appena conclusosi e tenutosi alla Stazione Leopolda che quest’anno aveva come tema centrale il viaggio tra intelligenza umana e intelligenza artificiale.

Conoscenza e libero arbitrio sono fenomeni fondamentali – ha detto Faggin in collegamento dagli Stati Uniti, dove vive da molti anni – spiegabili solo con la fisica quantistica, la fisica degli oggetti piccolissimi, dove le particelle non sono nemmeno oggetti, sono degli stati dei campi. Partendo da lì si può capire come un computer normale non potrà mai essere cosciente. Non potrà mai avere il libero arbitrio. Questo tipo di ‘capire’ (umano ndr) – ha detto Faggin – è molto profondo e si collega in maniera fondamentale con la fisica quantistica”.

“La mia visione del mondo – ha proseguito – è che l’intelligenza artificiale è una imitazione di quello che facciamo noi, ma solo l’aspetto simbolico della realtà, mentre l’aspetto semantico dato dalla nostra esperienza è un fenomeno interiore ed è spiegabile solo con l’informazione quantistica. Siamo assolutamente superiori alla macchina” ma il rischio è che, se crediamo di non esserlo “ci troveremo ad essere schiavizzati dalla macchina controllata da chi ci vuole schiavizzarci”.

Quindi “è fondamentale capire la differenza tra chi siamo e che cosa sono le macchine”, che “possono trovare correlazione tra i dati molto più in fretta di quello che possiamo fare noi. Sono – ha aggiunto Faggin – uno strumento bellissimo se lo usiamo per il bene comune. Potrebbe essere molto pericoloso se lo usiamo per manipolare le persone. Come sempre è l’uomo al centro ed è l’uomo che deve controllare la tecnologia”.

Occorre quindi “lasciarsi prendere la mano e non usarla per monetizzare noi. Mancano le leggi per controllare queste cose e questo porta difficoltà notevoli”. Servono “guide etiche fondamentali che dovrebbero essere applicate per direttissima in modo da eliminare sul nascere problemi dall’uso non etico. In questa situazione noi siamo sostanzialmente in balia di aziende il cui obiettivo è di aumentare i profitti”.

Per Faggin “il computer non potrà mai essere cosciente perché dovrebbe avere delle informazioni che non sono copiabili“. E invita a mettersi in guardia dagli errori dell’intelligenza artificiale. Io “uso i traduttori – ha detto – ma la so più lunga dell’intelligenza artificiale. Perché, dopo la traduzione che mi fa risparmiare l’ottanta per cento del tempo, mi rende più produttivo, devo solo correggere gli errori ma io che conosco le due lingue sono in grado di capire dove sono gli errori. Se io mi fidassi dell’intelligenza artificiale direi delle stupidaggini o a volte l’opposto di quello che volevo dire. E questo è gravissimo”.