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“No fuckin’ way! I’ll not be a party to this bullshit”: Roger Waters risponde così alla richiesta di Facebook di poter usare ‘Another Brick in the Wall Part 2’ in una campagna pubblicitaria di Instagram

Durante un evento in favore di Julian Assange, attualmente detenuto in Gran Bretagna nonostante il respingimento della richiesta di estradizione da parte degli Usa a causa delle sue condizioni mentali, Roger Waters ha raccontato alla stampa di essere stato contattato da Facebook con la richiesta di usare un brano classico dei Pink Floyd, ‘Another Brick in the Wall Part 2’ come colonna sonora di una futura pubblicità per Instagram.

La richiesta, secondo le dichiarazioni di Waters, era arrivata la stessa mattinata, insieme all’offerta di una considerevole, “huge, really huge”, somma di danaro per i relativi diritti. “No fuckin’ way”, è stata la risposta di Waters, “I will not be a party to this bullshit, Zuckerberg”.

Il senso è più che intelleggibile anche a chi parla poco o nulla inglese. “Lo racconto perché penso sia pericoloso che queste persone prendano il controllo praticamente di ogni cosa”, ha spiegato poi Waters alla rivista Rolling Stones. Che ha giustamente sentito anche Facebook per avere la sua versione dei fatti sull’argomento, senza ricevere però risposta.

Waters ha dichiarato di aver letto una missiva, asseritamente proveniente da Facebook che riferirebbe una valutazione molto elogiativa del brano: “Pensiamo che il messaggio centrale di questa canzone sia ancora rilevante e necessario, un segno del fatto che si tratta di un’opera senza tempo”.

La replica di Waters è stata illuminante, sottolineando il fatto che la società intenda usare il brano per rendere Facebook e Instagram ancora più potenti di quanto non siano già “in modo che possano continuare a censurare tutti noi in questa stanza e impedire che il grande pubblico venga a conoscenza di storie come quella di Assange, per evitare reazioni da parte dell’opinione pubblica ‘addormentata’ all’interno della propria bolla”.

“Sono un po’ paranoico sulle mie canzoni, solo un pelo”, ha ammesso Waters, “ma le attività di queste società sono una minaccia reale per tutti”.

Waters ha chiuso il suo intervento citando anche il vecchio FaceMash, il sito pre-Facebook creato da Zuckerberg ad Harvard nel 2003 per dare voti all’aspetto delle ragazze del campus, una storia già narrata nel film del 2010 ‘The Social Network’. “Perché mai abbiamo dato tanto potere a questo cazzone?”, si è chiesto Waters. “Eppure eccolo qui, uno degli idioti più potenti al mondo”.