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Nel 2023 avremo 3 miliardi di gamer, SAE Institute di Milano annuncia i risultati del primo Osservatorio Qualitativo sull’Industria videoludica italiana

Dopo mesi di incubazione, il SAE Institute di Milano, un campus internazionale che forma giovani nell’ambito dei creative media, presente in oltre 60 Paesi del mondo, presenta i principali risultati dello studio dell’Osservatorio Qualitativo sull’Industria videoludica Italiana.

I numeri di questo mercato ne fanno un settore meritevole di attenzione, quanto ancora sottostimato: si calcola infatti che nel 2023 avremo 3 miliardi di gamer.

In Italia, a oggi, la maggior parte dei percorsi formativi – nati tra l’altro di recente – sono inseriti all’interno delle accademie di alta formazione e non delle università. SAE Institute offre al suo interno dei corsi triennali in game design e game art, volti a formare giovani talenti attraverso lo svolgimento di progetti pratici e il coinvolgimento di professionisti dell’industria. Ma la strada è ancora lunga.

Lo studio è stato condotto attraverso interviste in profondità a professionisti del settore e a osservatori privilegiati, intellettuali e accademici italiani, che hanno restituito attraverso la loro esperienza e la loro analisi il quadro complessivo dell’industria italiana.

Lo scenario emerso dalla ricerca

Da un lato emerge l’importanza di contribuire a una riqualificazione della cultura del gioco, dall’altro vi è la necessità di un quadro normativo chiaro, di sistemi di finanziamento già presenti per altri tipi di prodotti culturali (si pensi al cinema) e di riconoscimento ufficiale di percorsi formativi, che a oggi avvengono quasi tutti al di fuori del sistema universitario.

Ne ha parlato in una conferenza in streaming la professoressa Alessandra Micalizzi, docente di psicologia del game e responsabile dell’Osservatorio SAE, che da anni si occupa di pratiche socio-culturali connesse alle nuove tecnologie, con riguardo particolare per la condivisione delle emozioni. Con lei, Fabio Viola, considerato uno dei più influenti gamification designer al mondo, che aiuta aziende ed enti pubblici nei processi di coinvolgimento. È autore di libri come ‘L’Arte del Coinvolgimento’ (Hoepli 2017), è docente in diverse università italiane e coordinatore area gaming per Scuola Internazionale di Comics di Firenze.

“Adattabilità, network e attenzione per il tratto estetico, oltre che   narrativo. Questi i tre elementi che distinguono il mercato videoludico italiano, frammentato, popolato di micro-realtà e al tempo stesso collaborativo, capace di guardare alle sfide del futuro, con voglia di riscatto”, è la sintesi della Professoressa Micalizzi.

Fabio Viola commenta le peculiarità italiane: “A differenza di altri Paesi come la Francia, UK e la stessa Bulgaria, ad esempio, che sono riusciti ad avere un approccio industriale senza svilire la parte più indie, l’Italia ha mantenuto una dimensione artigianale, quasi sartoriale, molto legata all’essere innamorati di ciò che si fa con tutti i pro e i contro che questo comporta”.

“Indubbiamente, il settore videoludico rappresenta una fetta di mercato particolarmente florida in termini di incassi, ma se guardiamo alla realtà italiana non mancano i paradossi”, sottolinea Alessandra Micalizzi, che ha curato e coordinato i lavori di ricerca. “Primo fra tutti la forte frammentarietà. Oggi il mercato italiano che pubblica titoli di interesse in tutto il mondo, di fatto è composto primariamente da piccolissime realtà che stanno in piedi grazie all’impegno e alla passione di chi ci lavora perché non esiste una rete strutturata e strutturale di supporto a questa industria culturale, spesso a causa di persistenti pregiudizi.”

Rispetto ai nuovi trend, l’Osservatorio ha permesso di mettere in evidenza almeno tre ambiti di sviluppo:

  • L’ampliamento delle potenzialità del gioco come spazio di interazione (si pensi ai social game sempre più diffusi, alle proposte multiplayer con sempre maggiori opportunità di interazione)
  • La diversificazione dell’accessibilità al contenuto con una relativa riduzione della distanza tra game e player (giochi multipiattaforma o multi canale)
  • La costruzione del gioco come ambiente generativo capace di contaminarsi con la realtà (opportunità offerte dalla VR ma soprattutto dall’AI e dalla realtà aumentata – preferibile per molti alla VR stessa).

I dati identificano inoltre due grandi macro profili di giocatori, immaginati più come estremità di un continuum che non come categorie discrete: i casual gamer da un lato, distratti, desiderosi di prodotti ‘facili’ e non impegnativi, nemmeno sul piano economico, e i game_ofili ovvero quelli che, tra competenza e passione, oltre a consumare contribuiscono allo sviluppo del mercato in termini di prodotti e di cultura.

Fabio Viola sottolinea che “è proprio grazie all’ingresso sul mercato del ‘casual gamer’ che è iniziata la stagione d’oro per i prodotti videoludici a 360°. È l’anno della nascita degli App store, dell’ingresso di Facebook in questo mercato, con i cosiddetti social gamer. Basti bensare che se guardiamo alla storia delle console, queste non hanno mai superato i 200/300 milioni di utenti. Oggi i dati ci dicono che nel 2023 la community di gamer sfiorerà i 3 miliardi. Il free to play, ovvero tutti quei prodotti che si possono scaricare gratuitamente salvo richiedere transazioni una tantum per specifici upgrade, rappresentano la grossa fetta del mercato (rispetto ai più dispendiosi ‘pay in advance’ – paga in anticipo)”.

Il focus della II edizione dell’Osservatorio dedicato al game e ai suoi confini multidisciplinari sarà la mappatura e l’analisi, sempre con un taglio qualitativo, dell’offerta italiana di prodotti videoludici che si pongono al confine con altri ambiti (organizzativi, educativi, psicologici, culturali etc).

La domanda è: queste contaminazioni potranno favorire il lavoro di legittimazione dell’esperienza videoludica già oggi?