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Nasce il primo Manifesto per la regolamentazione degli eSports in Italia

L’Esports Legal Forum ha rappresentato il primo passo per portare il movimento esportivo italiano verso quella maturità che è già realtà in altri Paesi. L’evento, tenutosi giovedì 15 ottobre e organizzato dall’Osservatorio Italiano Esports, ha posto le basi per un’architettura chiara e moderna della regolamentazione di questo settore in Italia. Due sono state le parole chiave: competenza e collaborazione.

L’evento, fruito in modalità virtuale e moderato da Paolo Carito, Direttore sviluppo strategico, commerciale e marketing Lega Pro, ha visto una massiccia partecipazione di pubblico. I sette studi legali associati al network dell’OIES hanno discusso delle attuali criticità dell’assetto normativo che si applica agli eSports in Italia, e per la prima volta hanno collaborato per proporre un piano di idee concrete per risolverle.

Ecco le proposte condivise durante l’Esports Legal Forum (elencate in ordine alfabetico considerando gli studi):

AIAS (Associazione italiana avvocati sportivi), Domenico Filosa, Coordinatore nazionale della commissione eSports. Tema discusso: ‘La disciplina delle sponsorizzazioni negli Esports e le problematiche contrattuali’.

“Gli eSports fanno parte del mondo dell’Entertainment. Attraverso le stream dei giocatori gli sponsor possono trovare nuovi spazi. Sui banner o all’interno del luogo fisico dove avviene lo stream. In questo momento le sponsorizzazioni negli eSports non hanno una regolamentazione dalla legge italiana, ma vengono fatte con diversi tipi di contratti a secondo dell’accordo tra le parti. Nelle norme che si applicano attualmente a questo tipo di accordi, bisogna sempre prestare molta attenzione alle limitazioni che vengono imposte ai gamers, come streamers liberi. Per gli sponsor, legarsi a un team potrebbe essere più vantaggioso rispetto al rapporto con un singolo player, in quanto i team eSports trattano più titoli a livello competitivo e si diluisce, così, il rischio che il gioco cui ci si lega perda rapidamente di popolarità. Tranne nei casi in cui un pro player abbia una grande fan base su un determinato gioco”.

DLA Piper, Giulio Coraggio, Partner – Head of Technology and Gaming Sectors: Tema discusso: Le criticità della crescita degli eSports a livello nazionale e internazionale.

“La guida pubblicata dallo Studio Legale DLA Piper denominata Esports Laws of the World ha mostrato una forte incoerenza normativa nella disciplina del settore degli eSports nelle 38 giurisdizioni oggetto dell’analisi. La mancanza di una normativa chiara sugli eSports è un problema perché l’incertezza regolatoria non favorisce gli investimenti. L’organizzazione di tornei di eSports rischia di sfociare in Italia nell’ambito della normativa sui giochi con vincita in denaro o delle manifestazioni a premi, a meno che non vengano adottate delle specifiche precauzioni. Il punto è trovare un quadro normativo internazionale, applicabile al settore perché la natura stessa degli eSports è internazionale e non può essere legata alla normativa di un singolo Paese. Questo consentirebbe ai team italiani di competere all’estero e agli investitori internazionali, ai publisher e agli organizzatori di eventi di fare affidamento su di una leva finanziaria maggiore. L’unica soluzione che consentirebbe l’immediata introduzione di una normativa internazionale applicabile agli eSports è il loro riconoscimento come sport. Del resto, il comitato olimpico asiatico ha già incluso gli eSports nel programma dei prossimi giochi asiatici. Il passo successivo non è solo a livello nazionale, ma soprattutto internazionale. Manca un organismo riconosciuto che regoli l’intero settore. Ci sono tante leghe che competono tra di loro e questo potrebbe limitare la crescita del fenomeno eSports a livello globale. L’identificazione di un’unica autorità regolatoria e il riconoscimento degli eSports come sport introdurrebbero un quadro normativo certo che favorirebbe la crescita del settore con un beneficio per tutto il mercato”.

Gattai, Minoli, Agostinelli, Partners, Marco Galli, Senior associate e coordinatore practice Esports. Tema discusso: Esports e pubblicità, dall’in-game advertising all’ambush marketing.

“Il canale pubblicitario e quello connesso alle sponsorizzazioni rimane il canale di finanziamento privilegiato per player e team. Il contesto virtuale e digitale nel quale gli eSports nascono e si sviluppano richiede molta attenzione per quanto riguarda le campagne pubblicitarie. Il mancato rispetto dei requisiti espone i brand al rischio di sanzioni. Nel contesto eSports, rilevano in particolare i fenomeni di in game advertising e advergaming. Il primo prevede l’introduzione all’interno dei videogiochi di elementi pubblicitari. Ad esempio all’interno del famoso gioco Fifa, troviamo pubblicità sulla cartellonistica del campo da gioco. In Fortnite, Riot Games mette a disposizione dei banner pubblicitari visibili solamente agli spettatori e non ai pro player in game. Il messaggio pubblicitario però deve avere tre caratteristiche fondamentali: Veridicità (il prodotto/servizio deve essere presentato per quel che è), Correttezza (non deve ledere i concorrenti), Palese (il messaggio pubblicitario deve essere identificabile come tale). Questi molto spesso non sono chiaramente identificabili all’interno dei meccanismi eSports.

Può anche succedere che un brand si associ senza accordi/autorizzazioni a un evento per beneficiare della risonanza mediatica: in questo caso parliamo di ambush marketing. È stata da poco approvata per la prima volta una normativa specifica sull’ambush marketing, ma la sua applicabilità anche ai maggiori eventi eSports è attualmente dubbia. L’assenza di una regolamentazione nazionale negli eSports fa sì che gli investitori tradizionali siano al momento restii ad effettuare forti investimenti nel settore, rispetto agli altri sport tradizionali. Questo è sicuramente il primo fattore da risolvere per un’evoluzione sana del movimento italiano”.

Giacobbe, Tariciotti e Associati, Luca Giacobbe, Partner. Tema discusso: Il betting negli Esports e il vuoto normativo nel match fixing

“Come negli sport tradizionali quindi anche negli eSports va affiancandosi il mondo delle scommesse. I più importanti operatori del betting offrono nel proprio palinsesto anche scommesse sulle competizioni sportive video ludiche. Vi è la possibilità di scommettere sulle competizioni tra team o tra singoli player. Il legislatore italiano con l’art. 1 L. 401/89 ha posto un presidio specifico per sanzionare il match fixing attraverso il reato di frode sportiva che punisce un accordo, un atto o una omissione intenzionale mirati ad alterare in modo improprio il risultato o l’andamento di una competizione sportiva. In forza del principio di tassatività e del divieto di analogia in relazione alle fattispecie penali il reato di frode sportiva può applicarsi solo ad eventi riconosciuti come ‘sportivi’ dall’ordinamento statale e quindi organizzati da federazioni riconosciute formalmente dal CONI. Nel mondo degli eSports ci sono paure (peraltro motivate a seguito di quanto accaduto nel corso di competizioni estere) legate alla possibilità di truccare partite di tornei di eSport: i player che competono sono ragazzi molto giovani (alto il rischio di manipolarli). I player, attraverso un compenso esterno, troverebbero un modo alternativo per finanziarsi l’iscrizione ai tornei successivi, molti di loro conoscono molto bene il mondo digitale e dell’informatica e sanno come celare la propria identità o come riuscire ad alterare un risultato attraverso i videogiochi”.

Le possibili soluzioni:

1) Pervenire il prima possibile a un riconoscimento formale degli eSports da parte del legislatore italiano

2) Formare i giocatori sui rischi legati al match fixing, redigere dei codici di condotta interni ai team eSports e regolamenti dei tornei molto stringenti che prevedano sanzioni a carico dei giocatori o dei membri dei team che a qualsiasi titolo alterano la competizione

3) Favorire la creazione di protocolli d’intesa tra le società esportive, organizzatori dei tornei, l’ente regolatore e i concessionari scommesse.

Lexant, Manuela Magistro, Consuel dipartimento di diritto sportivo. Tema discusso: L’incertezza normativa che frena gli investitori negli eSports’

“Con Lexant abbiamo analizzato l’investimento puramente finanziario all’interno dei vari protagonisti del panorama esportivo italiano. Per gli investitori resta fondamentale trovare delle metriche chiare per calcolare il ROI (return on investment) degli investimenti negli eSports. Lo stesso vale per un brand che si affaccia a questo mondo. Vi è un freno negli investimenti eSports soprattutto perché non ci sono normative che regolano il betting su eventuali competizioni ufficiali, sulla trasmissione degli eventi e su un quadro normativo chiaro. Tutto questo ovviamente pone oggi gli eSports come un settore in cui è ancora rischioso investire. Da qui in primis viene l’utilità di stringere accordi tra team eSports e piattaforme di streaming per aumentare la visibilità dei primi e la conoscenza in generale del settore. Occorre poi una decisione per il riconoscimento a livello internazionale degli eSports come sport. Da questo nodo scaturirà una decisione da parte del legislatore di regolamentare e uniformare le diverse legislazioni a seconda che siano riconosciuti come sport o meno”.

Ontier Italia, Luca Pardo, Founding Partner. Tema discusso: ‘La proprietà intellettuale ed industriale nel mondo Esports’

“Il mondo eSports ha sicuramente dimensione globale e non locale, e ogni normativa locale non armonizzata con il quadro globale rischio di rendere il Paese non attrattivo. La proprietà intellettuale è un asset fondamentale per tutti i soggetti che operano, a vario titolo, nel mondo eSports. Gli sviluppatori dei giochi sono titolari di ogni diritto di proprietà intellettuale sul gioco quale opera complessa (anche accordandosi, eventualmente, con i soggetti titolari dei diritti sulle singole parti dell’opera o con i modders al fine di acquisire il controllo sull’asset videogioco), possono vantare diritti di marchio, sul design del gioco stesso o su segreti commerciali, ove ve ne siano. Gli organizzatori di tornei e competizioni devono acquisire la licenza dagli sviluppatori del gioco. Vi sono esempi di linee guida per l’acquisizione di tali licenze, a seconda dell’importanza della competizione (ad esempio, Riot Games Community Competition Guidelines). Tali licenze tendono tuttavia a restringere diritti e facoltà concessi all’organizzatore, dato che anche gli sviluppatori di giochi possono organizzare, in proprio, tornei e competizioni. Anche gli organizzatori delle competizioni possono registrare marchi distintivi degli eventi organizzati (a fini di promozione, merchandising ed acquisizione di sponsorizzazioni), e nel regolamento del torneo/competizione possono acquisire diritti di immagine o di performance da squadre e giocatori. Infine, si assisterà sempre più a una saldatura tra il mondo della musica e quello degli eSports, anche a seguito dell’iniziativa di Fortnite con Travis Scott. Anche operatori italiani stanno cercando di coniugare tali due esperienze”.

Studio legale Rombolà & Associati, Carlo Rombolà, Socio fondatore. Tema discusso: I contratti dei pro player: prospettive e criticità

“In questo momento i rapporti tra player e team Esports sono completamenti deregolamentati, ancora non ci sono tutele per i ragazzi che si affacciano a questo mondo. Gli eSports chiaramente non rientrano nel professionismo in Italia e di conseguenza le leggi per gli atleti professionisti non possono valere per i gamers. La domanda è se questi ultimi saranno qualificati come sportivi professionisti o sportivi dilettanti. Questa scelta andrà a impattare su una serie di questioni, ad esempio sull’orario di lavoro per un pro player e su un eventuale luogo di lavoro. Per avere delle soluzioni si può sempre guardare all’estero, agli esempi di Francia e Cina. La Francia, attraverso una legge del 2016, ha individuato dei contratti specifici per tutti i player esportivi e soprattutto ha regolamentato i contratti per i minori di 18 (la maggior parte in questo settore). Questa legge permette ai team di regolare la durata dei contratti, da uno a cinque anni. Inoltre tutti i giocatori al di sotto dei 12 anni (molti) non possono partecipare a competizioni con premi in denaro. La Cina, già da anni, ha fatto una netta distinzione tra le figure degli addetti ai lavori negli eSports e dei pro player. Nel caso dei player i contratti iniziali hanno dei compensi di partenza decisamente bassi, ma con clausole di aumento nel caso di risultati nel tempo. Esistono dei centri sportivi, anche molto grandi, dove gli atleti (i gamer) si stabiliscono per un periodo di tempo e vengono seguite da molteplici figure (nutrizionisti, personal trainer). Inoltre nei contratti dei giocatori vi sono dei vincoli per quanto riguardo alcolici e stupefacenti. La soluzione per il nostro Paese potrebbe essere quella di prendere degli spunti e adattarli al nostro ordinamento, considerando che partiamo da una buona base”.

Con l’Esports Legal Forum, l’OIES si conferma motore dell’evoluzione del movimento esportivo italiano, e artefice di un approccio collaborativo e costruttivo tra tutti gli stakeholder che ne fanno parte. Il Manifesto scaturito dall’evento, costituirà una base programmatica di proposte concrete, di cui l’OIES si farà promotore verso gli organi competenti.

“L’Esports Legal Forum ha rappresentato una novità assoluta nel panorama esportivo italiano”, commentano Luigi Caputo ed Enrico Gelfi, Fondatori dell’Osservatorio. “Per la prima volta sono state messe a sistema le competenze di studi legali che hanno collaborato per offrire soluzioni, non solo segnalare i problemi. È questo il tratto distintivo dell’OIES: offrire una piattaforma a tutti gli stakeholder che con animo propositivo lavorano e collaborano per migliorare il settore degli eSports in Italia. Il grande successo di questa prima edizione ci ha confermato che il tema della regolamentazione è molto sentito, quindi nei prossimi mesi ci saranno nuove edizioni del Forum”.