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Metaverso: il futuro è già qui. Basta solo declinarlo nelle infinite possibilità presenti in potenza. Opioni di Lorenzo Montagna, autore del libro ‘Metaverso. Noi e il Web 3.0’

“Il metaverso non si riassume nei visori o nella Realtà Virtuale, che pure concorrono a formarne l’immagine più largamente accettata: la sua rappresentazione più autentica e più semplice è che si tratta di un Web sempre più vicino a noi tutti“.

Così Lorenzo Montagna alla presentazione per il lancio del suo libro ‘Metaverso. Noi e il Web 3.0’, con il giornalista Luca Tremolada de Il Sole 24 Ore. “Non c’è ancora una killer application per il Metaverso, se vogliamo riferirci a un linguaggio tecnologico ormai datato, ma è indubbio che questo sia il momento adatto per il suo sviluppo. Non è una questione di tecnologia disponibili. Quelle in buona parte ci sono già da tempo, ma da quando Mark Zuckerberg ha rinominato la sua azienda ‘Meta’, come per miracolo – ma non di miracolo si è trattato – si è assistito alla concorrenza sinergica di tutti gli applicativi tecnologici in un’unica direzione. Due giorni dopo l’annuncio di Meta, per esempio, Microsoft ha rivelato il proprio metaverso. Così come hanno fatto altre imprese attive nel gaming e nella Realtà Virtuale”.

Ma non è stata solo un corsa al metaverso, all’arrivare primi dei competitor: la realtà è che è dagli utenti che si innalzata la domanda, prime inespressa, di chiedere sempre di più, oltre il web, oltre le video conferenze, oltre alla condivisione dei compiti online.

“Dopo due anni trascorsi in casa, a lavorare da un giorno all’altro solo con gli strumenti digitali, imparando a farlo con il più gigantesco learning by doing che si potesse immaginare, questa richiesta è emersa automaticamente e autonomamente“, riprende Montagna. “D’altra parte alcuni elementi significativi aveva già indicato la strada da percorrere: cantanti come Justin Bieber avevano raccolto audience di decine di milioni di persone su piattaforme virtuali per assistere ai loro concerti. Diventa allora perfino superfluo chiedersi perché sia necessario andare in negozio per vedere un divano, invece di collocarlo nel proprio appartamento e guardarlo comodamente da tutti i lati utilizzano un visore in realtà aumentata, o una app”.

Ma il metaverso è più complesso di questi applicativi che paiono semplificarlo agli estremi: basti pensare alle sue proposte in realtà virtuale e in realtà aumentata, al momento concorrenti: quale risulterà vincitrice?

“Al di là dell’apparente somiglianza dei nomi, sono concetti ben diversi, prodromi a soluzioni applicative contrastanti, praticamente opposte”, sottolinea Montagna. “La realtà virtuale rappresenta una ‘fuga’ dalla realtà vera, in un ‘altrove’ dove le regole sono talmente differenti al punto da infrangere le leggi fisiche, a partre dalla bilocazione o dall’impenetrabilità dei corpi. In RV si entra in uno spazio nuovo, dove è possibile acquistare appezzamenti di terra che non esistono o vivere come un avatar, dove ci si ritrova a discutere con i colleghi che vivono in Stati diversi senza spostarsi dalle propria stanza, dove si scambiano criptovalute e NFT. Nella realtà aumentata la realtà è invece ben presente, anzi è la base indispensabile per ‘essere integrata’ con una serie di informazioni che risiedono nel cloud, a portata di mano, attivabili tramite l’immagine raccolta dallo schermo dello smartphone, per esempio. Attualmente quest’ultimo esempio è più sviluppato, ma nulla è stato deciso”.

“Basti pensare all’intelligenza artificiale, uno dei motori generatori di soluzioni applicabili al metaverso più prolifico”, conclude. “Prendiamo per esempio la traduzione simultanea, una persona parla e chiunque altro, di qualsiasi nazionalità e madrelingua sia, capisce perfettamente. E può rispondere nel proprio idioma, essendo inteso da tutti gli ascoltatori. Quale mezzo più efficiente e più semplice da utilizzare nel metaverso? Non ci siamo ancora, ma guardando ai giganteschi sviluppi dell’AI il traguardo non è lontano”.