È quanto emerge da una analisi che l’agenzia di performance marketing FIND ha svolto sui dati raccolti nella versione in beta testing negli USA della nuova Search Generative Experience di Google, che promette di rivoluzionare l’esperienza di ricerca grazie all’aiuto dell’intelligenza artificiale. Una analisi di quello che potrebbe succedere nei verticali lusso, abbigliamento, beauty e viaggi.
Lo scorso maggio Google ha annunciato che avrebbe avviato una fase sperimentale di una nuova esperienza di ricerca nel proprio motore, innovativa e funzionale ad aiutare chi cerca a raggiungere i suoi obiettivi. Un esperimento che sta evidenziando, dalle prime analisi, diversi rischi per le aziende che oggi vendono online, soprattutto quelle che si rivolgono ai consumatori finali.
In una prima fase, l’introduzione delle risposte generate dall’intelligenza artificiale potrebbe far calare anche del 30% le visite ai siti di commercio elettronico dai risultati naturali di ricerca di Google (ma l’impatto potrebbe riguardare anche il search advertising). E causare un calo di fatturato fino al 9% per le vendite online attribuibili a visitatori provenienti dai risultati naturali di ricerca.
“I dati sono puramente indicativi, anche se ottenuti attraverso approfondite analisi che spieghiamo nel white paper che si può scaricare gratuitamente dal sito di FIND”, spiega nella nota Marco Loguercio, CEO di FIND e autore della ricerca. “Indicativi perché, ovviamente, tutto dipende da un elevato numero di variabili quali la situazione di partenza, il verticale in cui si opera, la complessità del percorso di conversione, la notorietà del brand e tanto altro. Ma l’impatto ci sarà, l’unica cosa che non sappiamo ancora è il quando, visto che Google non ha ufficialmente annunciato se e quando rilascerà questa funzione. Visto che ottobre è il periodo in cui molte aziende definiscono i budget e preparano forecast di risultati, abbiamo pensato che fosse il caso che, nel disegnare il 2024, queste realtà tengano conto anche di questo potenziale rischio. E nel documento spieghiamo anche quali analisi che potrebbero fare per calcolare il potenziale rischio sul business”.
Dei quattro verticali analizzati, quello sulla carta potenzialmente meno impattato potrebbe essere il settore del lusso. Questo perché le marche da sempre sostengono la propria ‘appetibilità’ con importanti attività di marketing e campagne di advertising, funzionali anche a stimolare il desiderio di acquisto. La variabile, qui, potrebbe essere il dove questo acquisto andrà a concretizzarsi, visto che la AI potrebbe suggerire siti di retailer invece di quello del brand o viceversa.
L’impatto maggiore si avrà invece nel verticale dei viaggi. Qui Google, mettendo sul piatto l’integrazione della propria intelligenza artificiale generativa con i propri servizi Google Hotel e Google Voli, potrebbe arrivare a suggerire una vacanza completa in linea con le date, le località, i budget, gli interessi e cosa evitare inseriti direttamente nella richiesta. Con i link alle risorse dove prenotare quanto suggerito. Con un beneficio notevole in termini di tempo risparmiato per i fruitori finali. La giusta preoccupazione di molti addetti ai lavori. E gli occhi attenti dell’antitrust.
“Qui il potenziale di disruption potrebbe essere elevatissimo”, prosegue Loguercio. “Ma bisognerà vedere se gli italiani adotteranno i suggerimenti dell’intelligenza artificiale. Cosa tutt’altro che scontata. Gli italiano sono un popolo per natura abbastanza conservatore. Magari nel breve provano, salvo poi far vincere la linea del ‘abbiamo sempre fatto così, perché cambiare?’. Lo abbiamo visto ad esempio con la ricerca vocale, dove la semplificazione teorica si è scontrata con gli scarsi benefici effettivi, tanto è vero che gli italiani hanno preferito lasciar perdere. Siamo inoltre un popolo a cui, per certi aspetti, piace avere il controllo, non ci piace che ci sia indicato cosa fare. E l’intervento dell’intelligenza artificiale potrebbe essere quindi visto come intrusivo, oltre a far sorgere dubbi su tematiche di privacy e sull’attendibilità delle informazioni proposte.
La verità è che ci vorranno almeno sei mesi di tempo, dall’implementazione di questa novità, per capire se sarà un beneficio per tutti o solo per una parte della popolazione. Alle aziende però raccomando di non stare a guardare, di analizzare il potenziale impatto di questa novità sul business. Perché potrebbero aprirsi grandissime opportunità. O perché a perdere fatturato ci vuole veramente poco. Recuperare quando si è nel mezzo della bufera è poi molto complicato e oneroso”, conclude Loguercio.