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La Blockchain continua a crescere: nel 2019 sono stati 488 i progetti avviati nel mondo. La ricerca dell’Osservatorio del PoliMi

Il panorama internazionale della blockchain nel 2019 è stato caratterizzato da chiaroscuri. Grandi aziende hanno avviato progetti di innovazione; governi e istituzioni pubbliche hanno iniziato a investirci; le ‘big tech’ hanno fatto il loro ingresso con Libra di Facebook e TON di Telegram, ma anche con le soluzioni ‘Blockchain as a Service’ di Amazon, Microsoft e Alibaba. Nonostante la grande attenzione, però, sono ancora poche le applicazioni concrete. Nel 2019, si contano 488 progetti Blockchain e Distributed Ledger avviati nel mondo (che portano a 1.045 quelli degli ultimi 4 anni), in crescita del 56% rispetto al 2018. Ma di questi solo 158 sono implementativi (di cui appena 47 già operativi, il resto sono sperimentazioni o proof of concept), mentre ben 330 sono solo annunci.

 

I progetti implementativi si concentrano nel settore finanziario (67), seguito da Pubbliche Amministrazioni (25), agro-alimentare (15) e logistica (11). Riguardano in particolare i pagamenti (44), la gestione documentale (42) e la supply chain (31). Nella maggioranza dei casi – il 65% – le aziende hanno creato nuove piattaforme, piuttosto che utilizzare quelle esistenti.

I risultati della ricerca dell’Osservatorio Blockchain e Distributed Ledger della School of Management del Politecnico di Milano ben rappresentano una sintesi delle due faccie della tecnologia, ormai largamente accettata nei suo presupposti teorici, ma ancora poco utilizzata nei suoi aspetti pratici. Anche per questo, per dare un esempio di che cosa sia in realtà una blockchain, il Rapporto della ricerca è stato distribuito ai partecipanti al convegno tramite un token su Ethereum associato a una versione unica del rapporto stesso.

Nel mondo, Stati Uniti, Corea del Sud e Cina sono i Paesi più attivi, rispettivamente con 53, 31 e 29 casi censiti. Ma in Europa, appena dopo il Regno Unito con i suoi 17 progetti, arriva l’Italia con 16, che evidenzia un buon fermento. Gli investimenti in Blockchain e Distributed Ledger nella penisola nel 2019 hanno raggiunto 30 milioni di euro, ancora limitati ma in crescita del 100% rispetto al 2018. Nel nostro Paese oltre il 40% della spesa si concentra nella finanza e nelle assicurazioni, ma è molto attivo anche l’ambito supply chain e tracciabilità di prodotto (in particolare nell’agro-alimentare che, sommando i vari settori in cui è applicato, vale il 30% degli investimenti) e la Pubblica Amministrazione.

A ogni modo, in Italia, le imprese sono ancora lontane da una piena consapevolezza: solo il 37% delle grandi aziende e il 20% delle PMI conoscono le possibili applicazioni di Blockchain e Distributed Ledger, appena il 12% delle grandi e il 3% delle medio-piccole pensano che impatteranno sul proprio business nei prossimi cinque anni. E nelle applicazioni concrete siamo all’inizio: meno del 2% delle grandi aziende e dell’1% delle piccole-medie ad oggi ha già avviato dei progetti.

“Nel 2019 le tecnologie Blockchain e Distributed Ledger si sono consolidate e oggi sono guardate con grande interesse da tutti: sviluppatori, startup, aziende, big tech, pubbliche amministrazioni, governi e istituzioni”, ha affermato Valeria Portale, Co-Direttore dell’Osservatorio Blockchain e Distributed Ledger. “Sono cresciuti molti progetti avviati negli anni precedenti, sono state migliorate le prestazioni delle piattaforme, sono in arrivo importanti innovazioni tecnologiche come la ‘Proof of Stake’ di Ethereum 2.0. Sono entrati nuovi attori come Facebook e Telegram, si sono mosse le istituzioni pubbliche, si veda il caso dell’European Blockchain Service Infrastructure. Ma sono ancora poche le applicazioni delle aziende in tutto il mondo, perché il mercato fino a oggi si è concentrato sulla realizzazione di nuove piattaforme che richiedono mesi o anni per passare al progetto operativo, piuttosto che sullo sviluppo di applicazioni e progetti”.

Un aspetto di non secondaria importanza quest’ultimo, che è stato affrontato da alcuni partecipanti al convegno illustrando iniziative – ahimè estere – volte a superare il dualismo.

“Per il pieno sviluppo delle tecnologie Blockchain e Distributed Ledger, in modo che possano davvero sbloccare l’‘Internet of Value’, nel prossimo futuro è necessario innanzitutto chiarire il contesto regolamentale, che attualmente è frammentato e non uniforme”, ha affermato Francesco Bruschi, Co-Direttore dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger. “Si osserverà lo sviluppo e il consolidamento delle piattaforme, anche razionalizzando quelle esistenti e migliorandone l’interoperabilità. Infine, bisogna creare nuove applicazioni, focalizzandosi su quelle in grado di creare benefici concreti e reali. Nel 2020 ci attendiamo un ulteriore sviluppo in particolare nell’ambito della ‘finanza decentralizzata’, con prodotti finanziari realizzati tramite protocolli sicuri e trasparenti senza intermediari, nella ‘Self Sovereign Identity’, che consente di dare singoli individui strumenti di controllo dell’identità digitale, e di nuovi sistemi monetari, per cui forse potremo assistere alle prime valute digitali emesse da banche centrali”.

In questi anni sono proliferate le piattaforme, che per diventare più facilmente utilizzabili e migliorare alcuni punti di debolezza si stanno evolvendo. Nel contempo però si sono affacciate nuove realtà che possono rendere più semplice l’adozione delle criptovalute e delle soluzioni basate su Blockchain e Distributed Ledger tra il grande pubblico, per l’alto numero di utenti potenziali che possono coinvolgere e la facile user experience che si propongono di offrire. Nel 2020 verrà lanciata Libra di Facebook, moneta globale che punta a raggiungere gli “unbanked” e tutti i 2,4 miliardi di utenti del social network. Ed è in fase di finalizzazione il Telegram Open Network (TON) di Telegram, attraverso cui i 240 milioni utenti dell’app di messaggistica potranno scambiarsi valore. Su Libra e TON sarà possibile realizzare smart contract e dApp, abilitando l’utilizzo di token.

Sull’argomento però è da segnare l’intervento di Banche Centrali e Autorità regolatorie sovranazionali, i cui ‘warning’ hanno raffreddato un po’ l’entusiasmo iniziale e si sono tradotti nell’uscita di alcuni dei partner originali (scesi da 28 a 24 per Libra, rispetto ai 100 previsti da raggiungere nel corso dell’anno).

Tra le attività delle istituzioni pubbliche, si segnala l’Europea Blockchain Service Infrastructure (BESI), un’infrastruttura portata avanti da 28 Paesi UE per supportare molte applicazioni nella notarizzazione, nella gestione dei titoli di studio, nella ‘Self Sovereign Identity‘ (creare e controllare la propria identità in modo più flessibile, autonomo ed interoperabile) e nella condivisione affidabile di dati. La possibilità di utilizzare un’infrastruttura a livello europeo con standard ben definiti potrà accelerare la diffusione di tecnologie Blockchain e Distributed Ledger, favorendo la nascita di ulteriori use case da poter implementare.

A questo proposito si può citare il Progetto SDX, presentato da Rupertus Rothenhaueser: un progetto B2B che si rivolge a banche, assicurazioni, istituzioni e operatori finanziari, che si fonda proprio sull’assunto opposto, sulla convenienza di un solo stato e una sola infrastruttura legale e regolatoria (nella fattispecie quella della Confederazione Elvetica) rispetto ai possibili rischi di un costruzione sovranazionale. Pragmaticamente, il progetto si appoggia a un’infrastruttura esistente, quella di Ethereum, introducendo le necessarie modifiche affinché le Autorità regolatorie abbiamo accesso a tutti i movimenti, mentre le parti in causa (esplicitamente concorrenti sul piano commerciale) non possano controllarsi a vicenda nei dettagli.

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