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Il Mobile commerce vale il 40% dell’eCommerce B2C italiano e il Mobile il 52% dell’Internet advertising. L’analisi dell’Osservatorio del Politecnico

Questa mattina si è tenuta la presentazione dell’Osservatorio Mobile B2c Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, una presentazione effettuata in streaming, ovviamente, ma non dimeno ricca di contenuti e di spunti di riflessione, a partire dagli intervenuti, ovviamente a distanza, che hanno inanellato una serie di interessanti considerazione circa la possibilità per le aziende di generare valore dall’utilizzo del Mobile a supporto del processo di relazione con il cliente.

Ma partiamo dai numeri: sono circa 34 milioni gli italiani che si collegano a Internet utilizzando Smartphone o tablet, per una media di circa 2 ore al giorno con i tablet in progressiva discesa come tempo speso, complice l’incremento dimensionale dei display dei cellulari. Per il 71% dei Mobile surfer tra le attività svolte da Mobile assumono un peso significativo la ricerca di informazioni, gli acquisti, le attività di contatto e di relazione con i brand. In particolare il 56% dei Mobile surfer utilizza lo Smartphone per fare acquisti online e, tra questi, circa il 40% lo fa solo (o prevalentemente) tramite questo device.

“Se fino a qualche anno fa parlavamo di info-commerce, ora lo Smartphone è a tutti gli effetti un canale di vendita. Nel 2019 il Mobile commerce vale il 40% del totale eCommerce B2c e, tenuto conto dei tassi medi di crescita che sta mostrando negli ultimi anni rispetto al desktop, si prevede che diventerà il primo canale per gli acquisti online tra il 2020 e il 2021”, premette Raffaello Balocco, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Mobile B2c Strategy. “È quindi sempre più evidente la rilevanza di questo canale all’interno delle strategie di relazione tra un’impresa e i suoi consumatori. Più nello specifico, il Mobile può essere utilizzato per raggiungere tutti gli obiettivi di comunicazione e relazione con un utente: da quelli di posizionamento della marca a quelli che puntano a stimolare l’interesse per un prodotto/servizio, fino ad arrivare a obiettivi specifici di vendita e infine alla loyalty. La consapevolezza delle opportunità abilitate dal Mobile è sicuramente in crescita tra le imprese italiane, come dimostrato dai numeri della Ricerca di quest’anno, ma per ottenere risultati importanti occorre una strategia attenta e competenze dedicate”.

“Nel 2019 gli investimenti pubblicitari sul canale Mobile in Italia sono cresciuti del 20% in 12 mesi e hanno raggiunto quota 1,7 miliardi di euro. Lo Smartphone diventa così il mezzo principale dell’Internet advertising (sul mercato raggiunge, infatti, una quota del 52% contro il 48% della componente desktop più tablet)”, spiega Marta Valsecchi, Direttore dell’Osservatorio Mobile B2c Strategy “In questo scenario, a farla da padroni nella raccolta pubblicitaria sono gli Over the Top (Facebook e Google in primis, con Amazon che sta guadagnando spazio rapidamente), che pesano l’84% del totale Mobile advertising e che contribuiscono fortemente alla crescita: l’89% dell’aumento del 2019 deriva, infatti, da loro. Si tratta di una situazione che ormai permane da diversi anni e che richiede agli altri attori forti investimenti per differenziarsi e accrescere i propri ricavi; da questo punto di vista rispetto al 2018 si è effettivamente osservata una crescita maggiore anche dei ricavi da parte degli altri player”.

La crescita complessiva del mercato appare quindi legata, da una parte, a un ruolo sempre più importante dello Smartphone nelle pianificazioni multipiattaforma, e dall’altra, a un incremento della fiducia verso il Mobile e in particolare verso le Mobile app, un aumento della voglia di sperimentare soluzioni nuove e una maggiore comprensione di come sfruttare al meglio i dati e le creatività Mobile da parte degli inserzionisti.

A livello di formati spicca il Video che presenta la crescita maggiore (+35%), diventando così la parte predominante del mercato con un peso del 39%. Al secondo posto si posiziona il Display advertising (video esclusi), in crescita del 7%, che mantiene una quota pari al 35% del mercato.

Tutte queste cifre sono rilevazioni relative al 2019, quest’anno si brancola nel buio per la pandemia del Coronavirus: al contrario di quello che ci si sarebbe potuti aspettare se l’andamento fosse rimasto quello indicato dai perimi mesi di quest’anno, è probabile che al consuntivo si dovrà fare i conti con una contrazione dei mercati, e della pubblicità in particolare.

Ciò specificato, tra i fenomeni che hanno contribuito alla crescita degli investimenti annoveriamo anche la disponibilità di formati maggiormente efficaci su Mobile, in particolare nativi Mobile (come ad esempio i video verticali). Search advertising e Classified advertising sono invece penalizzati su Mobile per via delle loro logiche di acquisto tipicamente a performance, visto che in particolare nei settori dove il processo di pagamento è lungo l’utente passa al pc desktop per la finalizzazione. A questo si somma, in particolare per gli ultimi due formati citati, una minore monetizzazione, a parità di visualizzazioni, del Mobile rispetto al desktop, motivo per cui permane ancora un gap tra il peso del Mobile sul totale digital (52%) e il tempo di navigazione degli utenti, pari a circa il 78% del tempo speso online.

“Un trend interessante riguarda le sperimentazioni di integrazione del Mobile con altri mezzi e touchpoint. Due esempi su tutti. Nel 2019 abbiamo visto sperimentazioni interessanti con l’OOH, ossia la possibilità di erogare su Mobile le medesime campagne che l’utente ha visto in mobilità, così da creare una continuità di esperienza cross-canale”, afferma Valsecchi. “Inoltre sempre più interesse stanno riscuotendo le campagne di drive to store, grazie alla possibilità di misurare l’impatto incrementale – in termini di visite e in alcuni casi di vendite vere e proprie – ottenute dagli utenti esposti all’iniziativa pubblicitaria”.

Tra le attività che hanno come obiettivo l’avvicinare gli utenti al punto vendita, stanno riscuotendo un interesse crescente anche le iniziative legate ad aggregatori che dematerializzano il portafoglio, i volantini e i coupon. Questo, in particolare, per via delle audience raggiunte che in alcuni casi arrivano anche a svariati milioni di utenti ogni mese.

Dalla ricerca emerge, infatti, che il 55% dei Mobile surfer è interessato a ricevere promozioni, offerte e raccogliere i punti fedeltà dallo Smartphone. Inoltre il 38% dichiara di aver già dematerializzato una o più carte fedeltà e il 20% buoni sconto. Anche la frequenza di utilizzo è elevata: ad esempio, il 62% di chi ha digitalizzato le carte fedeltà le utilizza almeno una volta a settimana dal proprio Smartphone.

Oltre a collaborazioni con applicazioni di terze parti, circa il 60% dei retailer tra i top player per fatturato ha sviluppato un’app proprietaria.

Un altro strumento Mobile a disposizione delle imprese per interagire con i propri clienti è il più storico: l’sms. I volumi di messaggi inviati dalle aziende con informazioni promozionali, transazionali o di servizio sono infatti cresciuti nel 2019 del 18% e hanno raggiunto quota 5,1 miliardi, un trend addirittura superiore a quello degli ultimi anni.

L’84% dei Mobile surfer dichiara di ricevere sms da brand di cui è cliente e mediamente da 3,8 aziende che appartengono in particolare ai settori Telco, Abbigliamento/Accessori, Banche, eCommerce. L’sms genera un basso livello di fastidio (solo il 13% dei rispondenti, infatti, li considera fastidiosi) ed è il secondo canale di preferenza degli utenti per ricevere comunicazioni importanti dai brand. Da tenere presente, comunque, che per la Strong Autentication richiesta dalle App delle banche è di solito gestita tramite sms.

A fianco degli sms si è fatto strada nel 2019 WhatsApp Business, attraverso il quale è possibile inviare messaggi di customer care o alert (come ad esempio, l’avviso di consegna di un pacco, o l’attivazione/rinnovo di un servizio) ma non comunicazioni pubblicitarie o promozionali. L’interesse a interagire con i brand attraverso questo canale è in crescita anche tra i Mobile surfer: il 42% si dice interessato (un anno fa era il 32%) ma a condizioni ben specifiche, come quelle di poter scegliere i brand con cui interagire e di iniziare per primi le comunicazioni.

Per l’82% dei Mobile surfer l’usabilità di un’applicazione incide sul giudizio che le viene dato: il giudizio sulla navigabilità dato ai siti e alle app frequentate è discreto (6,8/10 per i siti e 7,1/10 per le app) ma in calo rispetto all’anno precedente, e circa la metà dei Mobile surfer ha abbandonato, spesso o qualche volta, siti o app per problemi di usabilità. Questo dimostra che gli utenti Mobile sono sempre più esigenti e che le aziende non corrono alla stessa velocità.

Infine, sono state prese in esame le app delle principali aziende per fatturato a livello gruppo in Italia per 15 settori merceologici diversi: il rating medio delle app di questi top brand per fatturato è 3,53/5; in particolare, un terzo delle app considerate ha una valutazione sotto la soglia di 3 punti su 5 e due terzi sotto la soglia dei 4 punti. Questo evidenzia come non ci sia da un certo numero di brand sufficiente attenzione a questo parametro, che è uno specchio della soddisfazione degli utenti.

Eppure da un’analisi statisticamente significativa realizzata nel corso della Ricerca e che è andata a indagare una possibile correlazione tra il rating sul Play Store e gli utenti attivi mensilmente, emerge chiaramente che le applicazioni che hanno un rating migliore sono anche mediamente quelle con una maggiore percentuale di utenti attivi sulla base utenti Mobile.

“Lo sviluppo dei servizi Mobile deve seguire anche l’evoluzione tecnologica degli Smartphone. È, infatti, in continua crescita il numero di italiani che sfrutta alcune funzionalità specifiche e innovative del Mobile”, conclude Antonio Filoni, Head of Digital Offering, Doxa, che ha presentato questa mattina un approfondimento di ricerca sull’utilizzo di questi device. “Ad esempio, il 67% dei Mobile surfer ha usato i comandi vocali per attività come dettare messaggi, chiamare qualcuno o chiedere informazioni su itinerari o di carattere generale: tra questi un utente su tre utilizza i comandi vocali tutte le volte che ne ha la possibilità”. Il 49% degli utenti usa l’impronta digitale per sbloccare il proprio Smartphone o per accedere alle applicazioni che lo consentono senza dover digitare pin o password: in particolare per accedere all’applicazione della propria banca o per concludere acquisiti e confermare pagamenti online. Il riconoscimento facciale viaggia su percentuali decisamente inferiori, perché considerato meno sicuro dell’impronta e non ancora assorbita dalla gran massa delle persone. L’utente, infatti, cerca la massima velocità di interazione su questo canale e questo deve essere un fattore tenuto in debita considerazione sempre,soprattutto in fase di progettazione della user experience complessiva.

Massimo Bolchi