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Grandi potenzialità, già parzialmente attivate, arrivano dall’AI generativa applicata alla omnichannel customer experience: dai virtual assistant alla produzione di cataloghi digitali. Ma attenzione al prossimo AI Act e al ‘sempreverde’ GDPR

AI Customer Experience
di Massimo Bolchi

Supportare le aziende nella comprensione dei benefici di business derivanti da un approccio omnicanale e fornire le linee guida di corretta implementazione sfruttando al meglio le opportunità della MarTech. Questo, in sintesi, l’obiettivo del primo Convegno verticale promosso dall’Osservatorio Omnichannel Customer Experience, ‘The AI Advantage: ottimizzare l’omnichannel customer experience attraverso la data attivation’ , che ha voluto indagare l’uso dell’AI, sia nella sua forma tradizionale sia in quella generativa, per rafforzare le strategie di personalizzazione, coinvolgimento e fidelizzazione su vari canali, ponendo particolare attenzione alle problematiche legate alla privacy e alla conformità dei dati.

“Ma quali sono i benefici dell’Artificial Intelligence nella relazione con il cliente?”. Esordisce così, con una domanda, Marta Valsecchi, Managing Director degli Osservatori Digital Innovation, introducendo il convegno, per poi proseguire “Quali le principali sfide che le aziende stanno affrontando in tale ambito, quali ad esempio il rischio di allucinazione e la protezione dei dati cliente?”.

Ad esaminare le principali sfide che la aziende affrontano entrando in tale ambito è Francesca Graziano, ricercatrice, che presenta lo scenario di un mercato, quello dell’AI in Italia, che è cresciuto di oltre il 50% l’anno scorso, raggiungendo i 760 milioni, e che vede la grandi aziende investire principalmente, per il 36%, in progetti dove l’AI Generativa è utilizzata soprattutto per la funzioni di Customer Service, Marketing e Business Development.

“Abbiamo mappato oltre 50 ambiti di applicazione”, precisa Graziano, “che vanno dal progetto di Heineken, che unisce dati interni a dati esterni, utilizzando l’AI per gestirli e trovare risposte alla più diverse domande, a quello di Carrefour, che la utilizza per creare e arricchire le schede di oltre 2000 prodotti, agli ‘smart glasses’ di Luxottica che forniscono, quando richiesti con linguaggio naturale, informazioni sugli oggetti che l’utente sta guardando”.

Dalla sovrapposizioni tra le aree della AI discriminativa, che esiste da una decina d’anni, e della GenAI, che è esplosa a novembre del 2022, si vede che il risultato va esattamente a delimitare uno spazio dove risiedono gli assistenti virtuali, i voice bot, i bot propriamente detti, i digital shop, e le altre attività che caratterizzano questo comparto in ebollizione. Come Lucilla, il chatbot generato dall’AI di Plenitude, per la risoluzioni automatica della maggioranza delle richieste degli utenti, capace di estrarre insight dalle survey dei clienti e di ridurre il tasso di abbandono e la churn rate grazie alla comprensione esatta dei comportamenti online e offline degli stessi.

“In ogni fase del ciclo di vita di un sistema AI applicato all’OCX”, aggiunge l’avv. Gabriele Franco, Senior Associate a Panetta Studio Legale, “quando vengono affrontati dati personali, occorre confrontarsi sempre con la conformità al GDPR, adottando una strategia di compliance by default e by design, Essere trasparenti, garantendo il diritto alla privacy, e svolgere ogni valutazione sui rischi, attuali e potenziali”.

Tenendo sempre presente l’ormai prossima entrata il vigore dell’AI Act, la cui categorizzazione dei rischi, a parte quelli inaccettibili vietati da subito, concede un massimo di 24 mesi per l’adeguamento delle applicazioni alle nuove regole.

“E 24 mesi possono sembrare tanti, anche se non è così, ma il combinato disposto dell’AI Act e con le regole del GDPR”, conclude, “farà sì che sarà richiesto un approccio alla compliance preventivo e continuativo, seguendo la regola del ‘conosci e applica’, adottando misure di controllo e mitigazione, anche nei confronti di operatori terzi”.