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Gli impatti dell’inflazione sulle decisioni di acquisto dei consumatori oltreoceano confermano che gli Stati Uniti sono un pattern per l’Europa. Il lavoro del Research Institute di Medallia

Solo il 36% degli americani riescono a fare fronte alle spese strettamente necessarie e non prorogabili e il 13% neppure a queste. D’altronde meno del 10% afferma che il proprio stipendio è aumentato più del tasso di inflazione nell’ultimo anno e meno in un quarto (il 23%) dichiara di essere in grado di coprire tutte le spese del budget familiare o di continuare a raggiungere l’importo di risparmio previsto. Questo è quanto emerge dallo studio ‘Consumer reactions to inflation’ realizzato dal Research Institute di Medallia negli Stati Uniti, per individuare in che modo l’inflazione stia impattando sulle scelte di shopping e fornire spunti di riflessione per affrontare questo inedito scenario.

La survey è il risultato dell’analisi delle transazioni su carte di credito o di debito di 5 milioni di americani e delle interviste a 4.035 consumatori per esplorare le ragioni alla base del loro comportamento. Dati che presentano uno scenario che conferma tendenze che si stanno delineando anche nel Vecchio Continente, Italia inclusa.

Dopo i due anni di emergenza pandemica, le nuove dinamiche inflattive, da sempre uno dei più forti influenzatori economici dei consumer trend, stanno avendo così un impatto significativo sulle scelte e le abitudini di acquisto. E, come spesso accade, il mercato americano si rivela una vetrina di riferimento di processi già in atto. È infatti sotto gli occhi di tutti che l’aumento dei prezzi stia raggiungendo in molte parti del Mondo livelli che non si registravano da molti anni: nel mese di settembre in Italia l’inflazione è cresciuta all’8,9% contro l’8,4% di agosto, mentre nell’area OCSE, ha toccato quota 10,5% e range a due cifre sono stati registrati a settembre in ben 19 dei 38 Paesi dell’OCSE.

“I periodi di elevata inflazione e di contrazione della spesa dei consumatori sono certamente tempi difficili per la crescita del business. Tuttavia le aziende hanno l’opportunità di adattare le proprie strategie per sostenere la fedeltà dei consumatori nell’attuale contesto, ascoltando ancora di più la loro voce attraverso soluzioni evolute di customer experience management”, ha commentato in una nota Giancarlo Rocco, country manager di Medallia Italia. “Sapere cosa genera soddisfazione e cosa al contrario ha impatti negativi sul sentiment della propria client base e quali sono le aspettative dei diversi cluster per prendere delle decisioni sulla base di dati aggiornati e profondi è uno strumento ancora più prezioso nell’attuale contesto”.

Analizzando le evidenze della survey realizzata negli Stati Uniti appare come la compressione del potere di spesa agisca sui comportamenti d’acquisto in modo determinante. Quasi il 50% del campione ha dichiarato di aver cambiato le proprie scelte, il 25% di voler rivedere le condizioni dei finanziamenti sottoscritti e il 24% di rimandare tutte le spese prorogabili, incluse eventuali riparazioni. Uno scenario che comporta un’attenzione maggiore nei confronti del prezzo: quasi il 42% degli intervistati afferma di gestire gli aumenti scegliendo prodotti meno costosi, il 37% di evitare o contenere le uscite al ristorante, il 28% i viaggi, 23% di utilizzare meno l’auto.

L’impatto dell’inflazione è stato tuttavia differente tra le categorie di prodotto, incidendo su alcuni settori maggiormente rispetto ad altri. A fronte del 14%-15% che ha dichiarato di non aver cambiato i propri comportamenti in termini di viaggi, tempo libero e divertimenti, acquisti di prodotti hitech ed elettrodomestici e ristoranti, la percentuale sale al 24%-25% nel caso di grocery & food, prodotti per la casa e benzina.

Lo studio evidenzia quindi che i consumatori hanno apportato i maggiori cambiamenti di spesa per i prodotti ‘nice to have’, sacrificando meno i prodotti considerati essenziali. Dati che rivelano una situazione-limite. Quasi tutti i consumatori, tranne il 3% del campione, ha affermato che, se i prezzi dovessero aumentare ancora del 5%, la variazione ulteriore influenzerebbe in maniera ancor più evidente le loro future decisioni di acquisto.