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Giuliano Amato si è dimesso, Paolo Benanti diventa il nuovo presidente della Commissione Algoritmi: ma è più complesso di ciò che appare

Padre Paolo Benanti
Padre Paolo Benanti
di Massimo Bolchi

‘Il governo sostituisce Amato con il consigliere del Papa’: il titolo del pezzo pubblicato sul Fatto Quotidiano riassume in due righe il succedersi dei fatti di questi ultimi giorni circa la presidenza della ‘Commissione Algoritmi’. Ma questi fatti meritano un esame più approfondito.

Lasciamo da parte le dimissioni dell’ottantacinquenne Giuliano Amato, conseguenti a un contrasto con il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni sulle dichiarazioni dell’ex-presidente della Consulta circa la proposta di riforma costituzionale attualmente in discussione al Parlamento. Quindi qualcosa che, almeno formalmente, non c’entra nulla con la Commissione presidenziale, anche se Amato non ha mancato di sottolineare “Ci perdono qualcosa…”, commentando le sue dimissioni.

Cos’è la Commissione Algoritmi

Partiamo invece dalla Commissione Algoritmi, per scoprire che questa definizione, largamente adottata dalle stampa, non è affatto esatta per indicare l’AI, che dovrebbe essere il focus della discussione. AI e algoritmi indicano infatti concetti molti diversi, quasi opposti: con algoritmo si intende infatti una programmazione che spiega esattamente a un computer che cosa debba eseguire quando determinate condizioni avvengono, mentre l’AI prevede che i computer, tramite le reti neurali, imparino ‘da soli’ che cosa sia più opportuno (o probabilisticamente più corretto) eseguire, basandosi sull’infinità di esempi utilizzati per ‘istruirli’.

In più questa Commissione, istituita dal dipartimento per l’informazione e l’editoria che fa riferimento alla presidenza del Consiglio e guidata dal sottosegretario Alberto Barachini, è quasi il duplicato di un’altra commissione, quella costituita da Alessio Butti, sottosegretario della presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’Innovazione.

La prima deve (o dovrebbe), dopo un lavoro di alcuni mesi, presentare un rapporto per consigliare il governo su come muoversi in un ambito in cui solo gli addetti ai lavori (sperabilmente) hanno le idee sufficientemente chiare: la difesa del diritto d’autore, da un lato, e la difesa dell’originalità del lavoro giornalistico e della responsabilità editoriale, dall’altro.

La seconda invece dovrà presentare al governo, entro fine gennaio, indicazioni e consigli su come gestire le tecnologie dell’intelligenza artificiale: un tempo troppo breve secondo gli standard parlamentari, ma che rischia di risultare troppo lungo guardando ai progressi sul campo della AI e di quelle che stanno arrivando.

Queste due commissioni, in altri termini, rischiano di produrre solo documentazione buona per gli archivi, se non ci sarà volontà politica e urgenza di tradurre i suggerimenti in atti concreti. A questo proposito, va considerato che il prossimo AI Act della UE è destinato certamente a sovrapporsi e a sostituire qualsiasi normativa nazionale che si possa deliberare nel frattempo, come mostrano i casi del MSA e del DSA: peccato solo per la lunghezza necessaria per il passaggio (fino a due anni) dall’istituzione del regolamento europeo alla sua effettiva implementazione e adozione. C’è da sperare che nel caso dell’AI si affrettino un po’ la cose.

Chi è Paolo Benanti

Ma torniamo alla nomina di Paolo Benanti in sostituzione di Amato alla presidenza della commissione: terziario francescano e docente all’Università Gregoriana, è sicuramente un esperto della tematiche relative all’AI, come mostra anche la nomina, alla fine di ottobre, nell’AI Advisory Body della Nazioni Unite, a fianco di personaggi quali James Manyika, Senior Vice President of Google-Alphabet; Natasha Crampton, Chief Responsible AI Officer di Microsoft; e Mira Murati, Chief Technology Officer di OpenAI. Questi sono solo alcuni dei 39 esperti raggruppati dall’ONU per produrre un Interim Report entro la fine dell’anno, e un rapporto definitivo, contenente le raccomandazioni finali, prima della prossima estate: il tema è ‘Governing AI for Humanity’ e la tempistica dà un’immediata indicazione dell’urgenza attribuita all’argomento.

Potrebbe sembrare che accingersi a dibattere di copyright e di editoria in Italia sia una ‘reductio’ per Benanti che, al contrario, mostra di navigare abilmente nei marosi nazionali, tant’è che è membro anche della seconda commissione, quella di Butti, a conferma della quasi superflua duplicazione dei comitati. O della volontà di ‘fare ammuina’ intorno a una argomento di grande attualità, ma su cui i pareri dei politici appaiono tutt’altro che chiari. A meno che trovare un paio di decine di esperti in AI italiani sia un’impresa impossibile.

Oppure ancora, come suggerisce perfidamente un anonimo commentatore, nel caso l’AI sviluppasse una coscienza di sé, in questo modo la Chiesa cattolica avrebbe già posto la basi per convertirla al cristianesimo e battezzarla!