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Georgia Giannattasio e Alessio Giannone, co-Founder Mentre: “Il podcast consente al brand di creare un canale diretto di comunicazione, intimo e partecipativo”

Georgia Giannattasio – Mentre è una società di Creazione, Distribuzione e Amplificazione Podcast. Creare contenuti audio premium, per noi, significa raccontare delle belle storie, anche quando i contenuti hanno un obiettivo puramente educativo. Siamo un team di professionisti con competenze di comunicazione, teatrali e musicali al servizio dei brand che vogliono accompagnare la loro audience durante tutti i momenti della giornata, soprattutto quando l’audio è l’unico mezzo disponibile (auto, sport, aria aperta…). Ci posizioniamo come un centro di eccellenza produttiva e distributiva nel mercato dei podcast e dell’audio in generale, che sviluppa progetti sia di contenuti originali da noi distribuiti sulle piattaforme audio sia di contenuti per i brand, per diverse audience e in diverse aree tematiche, dall’approfondimento alla fiction.

Particolare attenzione viene data alla parte di scrittura e regia musicale, dove abbiamo diverse partnership attive con autori/registi di format televisivi e radiofonici, per creare prodotti di entertainment che seguano le regole editoriali e di comunicazione proprie della produzione di contenuti televisivi e radiofonici (format), diverse da quelle puramente pubblicitarie. Il podcast consente al brand di diventare editore, di creare un proprio canale diretto di comunicazione con il proprio consumatore, e con il podcast lo fa in modo intimo e partecipativo grazie all’utilizzo della voce. Offriamo ai nostri partner e clienti un servizio strategico e produttivo chiavi in mano, grazie soprattutto al background di media, di contento, distributivo e tecnologico presente in azienda.

All’interno di uno storytelling ‘narrato’ come si sceglie il giusto tone of voice e il giusto interprete?

Alessio Giannone – La scelta della voce è uno degli elementi fondamentali per un podcast, specie per un podcast dedicato a un brand. I criteri di scelta sono vari: si possono utilizzare gli influencer per esempio e avere un accesso diretto alla loro community, oppure utilizzare voci di esperti nella materia trattata potrebbe funzionare per quegli argomenti in cui si cerca una narrazione ‘affidabile’ e ‘credibile’ dal punto di vista contenutistico.

In generale la regola che vince è la voce amica: chiunque ‘presta’ la sua voce a un podcast deve avere ben presente che in quel momento sta parlando a una sola persona specifica con cui sta creando un rapporto ‘intimo’ e non a una platea. È necessario entrare in empatia con ogni singolo ascoltatore: le informazioni che dai, le storie che racconti devono arrivare con efficacia ed essere percepite come ‘amichevoli’.

Perché la voce del podcast è la voce di qualcuno che ti parla al telefono, che ti intrattiene, che ti informa e che ti tiene compagnia in diversi momenti, e se non vuoi che chi ti ascolta chiuda subito la telefonata devi raccontargli cose interessanti senza posizionarti su un gradino più alto, ma provando a creare quel feeling che darà la percezione netta di essere amici e complici.

Parlando dei luoghi di fruizione del podcast, quali sono le barriere ancora da superare e quali le prospettive?

GG – Oggi ci sono diverse piattaforme audio su cui è possibile ascoltare un podcast. Ricordo la definizione di podcast, importante per contestualizzare quello che diremo qui. Il podcast è un contenuto audio inedito che viene caricato su un server che permette la creazione di un Feed RSS, ovvero di quel formato che consente di distribuire e ricevere aggiornamenti sui contenuti, incluso appunto il podcast. La definizione di questo formato è strettamente legata quindi al Feed RSS: se carico su un sito dei file audio questi rimangono degli audio on demand e, seguendo la definizione precedente, non rientrano nel formato dei podcast. Se poi il podcast è per definizione legato a un Feed, immaginiamo anche che ci siano degli aggiornamenti previsti e quindi delle ‘puntate’ successive. E qui arriviamo al concetto di ‘serialità’, elemento fondamentale del podcast.

Parlando di distribuzione la prima barriera che mi viene in mente è quella della discoverability: come succede sulle piattaforme video, la quantità di contenuti amatoriali, user-generated content, in aggiunta ai contenuti premium di editori ed emittenti radiofoniche (anche semplici catch-up, ovvero trasmissioni radio prese e distribuite così come sono) fanno si che il tema della scoperta del podcast diventi fondamentale per il successo dell’iniziativa, sia che si tratti di Branded Entertainment sia che si tratti di contenuti originali.

È fondamentale quindi che il podcast di brand – come pure quello originale – sia inserito all’interno di un approccio strategico a 360°, dove il contenuto viene affiancato alla distribuzione e alla promozione/amplificazione. Senza un corretto approccio promozionale possiamo affidarci solo all’utilizzo di voci note (talent e artisti) e influencer con un bacino di utenza rilevante che consenta appunto al podcast di essere notiziabile e diventare popolare e scalare le classifiche delle varie piattaforme distributive diventando quindi facilmente ‘scopribile’.

Il secondo tema, egualmente importante e che oggi rappresenta una barriera per gli investitori, è legato alle metriche disponibili. Oggi infatti non sono ancora disponibili metriche dettagliate come quelle del video ad esempio, ed è complesso fare previsioni sugli ascolti: essendo un mercato nuovo e in divenire non esistono dei benchmark o degli standard di settore e, come per il Branded Entertainment video, ci sono KPI intangibili che non possono essere racchiusi in semplici numeri.

Ovviamente qui parliamo sempre di produzione contenuto e non di media puro (formato pre-roll su mezzo audio) per cui vale un discorso totalmente diverso: nella strategia di comunicazione infatti, non solo vanno scelti e utilizzati specifici mezzi volti al raggiungimento dell’obiettivo prefissato, ma all’interno del mezzo stesso va definito anche il formato più corretto.

Il podcast lavora sulla parte alta del funnel di comunicazione, quindi sull’awareness, sul trust e favorability, per usare degli ‘inglesismi’, e l’obiettivo principale è quello di coinvolgere e intrattenere le persone con cui entra in contatto.

Quando si sceglie di ascoltare un podcast – perché si sceglie di ascoltarlo e non vi è ‘imposizione’ – lo si fa per vari motivi che sono gli stessi che ci portano ad ascoltarlo tutto e ad ascoltare anche gli episodi successivi. E questo fattore, insieme al contenuto scelto, posiziona indiscutibilmente il brand agli occhi del proprio consumatore con un valore che va oltre il semplice numero.

In un mercato come quello di oggi, dove gli investimenti sono dirottati su mezzi dove vi è ‘certezza’ di risultato tangibile, il Branded Entertainment nel podcast vive le stesse difficoltà del Branded Entertainment nel video, oggi maggiormente identificato con contenuti di influencer dove il brand si inserisce. Ma a differenza del video il podcast dà la possibilità ai brand di avere il proprio posto all’interno del mondo dell’entertainment grazie alla maggiore accessibilità, di creare contenuti che consentono al consumatore di entrare e vivere il mondo del brand, che diventa per il consumatore stesso un ‘Love Brand’, un brand del cuore.

Sicuramente questi temi troveranno soluzione nel momento in cui il mercato comincerà a crescere in termini di investimenti e soprattutto grazie alla credibilità e agli investimenti che le piattaforme di distribuzione stanno mettendo in campo per lo sviluppo del settore.

Da non sottovalutare, infine, tutto il comparto degli smart speaker, che seppure in una fase ancora iniziale, potrebbe diventare un vero e proprio game changer del mercato audio.

Il ROI del podcast: come sfruttare al meglio questo strumento di comunicazione in termini di business oltre che di engagement?

GG – Oggi per il mercato italiano il concetto di ROI nel podcast va legato a dei KPI relazionali e di rilevanza molto più che a KPI puramente numerici. L’audio è uno dei pilastri della strategia di comunicazione ma non va utilizzato ‘in solitaria’. A seconda degli obiettivi del brand, infatti, i contenuti audiovisivi e la distribuzione media lavorano insieme in modo ottimale se ben concertati e pianificati in ottica temporale per l’ottimizzazione degli obiettivi lungo tutto il funnel di comunicazione. Come dicevamo, il podcast lavora sulla fiducia, sulla rilevanza, sull’affinità e sull’intimità, che sono quegli elementi che ti fanno ‘affezionare’ a un brand e, di fronte a uno scaffale, te lo fanno scegliere.

Noi di Mentre crediamo che offrire un supporto strategico e consulenziale on top alla effettiva produzione del podcast dia un notevole contributo ai brand che si affacciano o ri-affacciano in questo mercato. Ed è il centro della nostra proposizione e posizionamento quello di offrire le nostre competenze al servizio del brand per approcciare una strategia di Branded Entertainment corretta, efficiente ed efficace.

Quali sono i vostri progetti, realizzati e da realizzare?

GG e AG – Mentre nasce a marzo, in concomitanza con il primo lockdown. Da allora non ci siamo scoraggiati e in un momento di forte disinvestimento da parte della maggior parte dei brand, siamo andati avanti nella produzione di contenuti originali. Abbiamo creato 4 diversi prodotti – nell’infotainment, nel turismo, nel self-improvement e nell’area dei contenuti per bambini – che hanno avuto ottimi risultati in termini di redemption. Sono stati tutti premiati dalle piattaforme principali e messi in evidenza a livello editoriale: direi che per noi, neonati e in un periodo alquanto complesso, è motivo di soddisfazione.

Stiamo preparando delle novità che a oggi non possiamo dire ma… di cui sentirete parlare presto.