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Federico Chimenti, Filmedia Digital: “I consumatori si identificano con i creator reali perché ne condividono emozioni, esperienze e fragilità. Ma l’AI ha il potenziale per ottimizzare alcuni aspetti dell’IM, arrivando a creare influencer virtuali”

Federico Chimenti Filmedia
Federico Chimenti. Filmedia, Co-founder di Filmedia Digital
di Massimo Bolchi

Paradossalmente, dopo il Pandoro Gate e le conseguenze per l’influencer più famosa d’Italia, alle fine del 2023, si è avuto nel 2024 un incremento degli investimenti in Influencer Marketing. Come leggere questi dati, anche alla luce degli ottimi risultati del primo semestre di Filmedia Digital?

“L’attenzione mediatica generata dal Pandoro Gate ha paradossalmente amplificato l’interesse verso l’influencer marketing, accendendo ancora di più i riflettori su questo settore”, risponde Federico Chimenti, Co-founder di Filmedia Digital. “Il fatto che persino figure istituzionali come i membri del Governo abbiano sentito la necessità di commentare l’accaduto dimostra la centralità che gli influencer hanno acquisito come veri e propri comunicatori. Questo endorsement involontario ha rafforzato il ruolo degli influencer come veicoli di comunicazione diretta con il pubblico, creando un effetto domino che ha portato a un aumento degli investimenti pubblicitari. Per Filmedia Digital, l’effetto è stato visibile: abbiamo registrato un incremento del 60% negli investimenti nel primo semestre del 2024 rispetto all’anno precedente. Certamente, non tutto è imputabile al solo Pandoro Gate, ma è innegabile che il clamore mediatico abbia contribuito a spingere l’interesse generale verso l’influencer marketing, accelerando dinamiche già in atto”.

Capacità strategica (individuare gli influencer più adatti, formulare i messaggi più efficaci, ecc) e funzioni operative, per ‘metter a terra’ il tutto: quanto hanno pesato sui risultati del primo semestre? Quali sono stati i brand che hanno fatto ricorso alle vostra consulenza? 

“Il successo del nostro primo semestre è stato senza dubbio frutto di una combinazione di capacità strategica e operativa”, è ancora Chimenti a rispondere. “Abbiamo puntato sulla nostra expertise nell’individuare gli influencer più adatti per ciascun brand, analizzando non solo i numeri di follower, ma anche il grado di affinità e coinvolgimento delle community, per creare collaborazioni autentiche e performanti. Inoltre, la capacità di formulare messaggi su misura per ogni campagna ha fatto la differenza, garantendo che i valori del brand venissero comunicati in modo efficace e coerente. Per quanto riguarda i brand, invece, abbiamo collaborato con aziende di diversi settori: dalla moda al beauty, dal food & beverage alla tecnologia. Tra le categorie merceologiche più rilevanti spiccano sicuramente i brand mondo cosmesi e food, che si sono affidati a noi per campagne mirate, cercando di raggiungere audience mirate. In un panorama competitivo, la nostra capacità di combinare creatività e precisione operativa ci ha permesso di ottenere risultati concreti per i nostri clienti”.

L’intervento dell’AgCOM ha fatto sì che ‘regole’ dell’IM venissero finalmente applicate con più rigore. Come questo ha pesato sul vostro lavoro? I brand hanno percepito la necessità di affidarsi a strutture professionali serie?

“L’intervento dell’AgCOM è stato un passo importante verso una regolamentazione più trasparente dell’influencer marketing, e ha avuto un impatto significativo sul nostro lavoro”, interviene Carmen Adele Arcuri, Client Lead di Filmedia Digital. “Da un lato, ha richiesto un maggiore impegno da parte delle agenzie e dei brand nel rispettare le normative, come la trasparenza sulle collaborazioni pubblicitarie e l’adeguata dichiarazione dei contenuti sponsorizzati. Questo ha aumentato la complessità operativa e richiesto una maggiore attenzione nella gestione delle campagne. Dall’altro lato, questo intervento ha messo in luce l’importanza di affidarsi a strutture professionali e competenti per evitare errori che possano compromettere la reputazione del brand. Di conseguenza, abbiamo visto un incremento della fiducia nei confronti delle agenzie come la nostra, che offrono consulenze strategiche e operazioni ben strutturate, capaci di garantire il pieno rispetto delle normative. Il rigore imposto ha fatto emergere la serietà e la professionalità come elementi distintivi”.

Il rapporto di ONIM sul mondo dell’influencer marketing, basato sui dati del 2023, evidenzia già i segnali di uno spostamento della preferenze dei clienti verso creator più verticali, meno segnati dalla ricerca spasmodica di follower e dedicati a creare community più piccole ma più coese. Questo spostamento si è confermato nel 2024? E può segnare un trend di lungo periodo?

“Il 2024 ha confermato la tendenza già osservata nel 2023: i brand stanno progressivamente abbandonando la mera ricerca di numeri elevati per concentrarsi sulla qualità dell’audience e sull’autenticità delle relazioni”, presegue Arcuri. “I creator più verticali, che operano in nicchie specifiche e costruiscono community più piccole ma molto coese, stanno guadagnando sempre più terreno. Questi micro e nano-influencer, nonostante abbiano numeri di follower più contenuti, riescono a generare un tasso di engagement molto più elevato, rendendo le loro campagne spesso più efficaci. Crediamo che questo trend segni un cambiamento di lungo periodo. Le audience cercano autenticità e connessione reale, e i brand stanno rispondendo a questa domanda, cercando influencer che siano percepiti come autentici e che abbiano una community realmente coinvolta. L’attenzione non è più solo sulla quantità di follower, ma sulla qualità delle interazioni e sul valore che l’influencer porta alla community”.

Guardando al futuro dell’IM, come vede la comparsa dell’AI, usata sia per ottimizzare l’influenza dei creator, sia per sostituirli con facsimile virtuali? Queste figure offrono vantaggi considerevoli sotto il profilo economico e di controllo del brand: i creator umani sono destinati ad estinguersi? Oppure si creeranno categorie distinte?

“È ancora presto per pensare che i creator generati dall’intelligenza artificiale possano soppiantare quelli ‘umani’. I consumatori, infatti, si identificano con i creator reali perché condividono emozioni, esperienze e fragilità. Non è un caso che eventi della vita personale di un influencer – come una gravidanza o un matrimonio – aumentino il loro valore e li rendano ancora più attraenti agli occhi del pubblico. Questo legame umano, basato su esperienze comuni, è qualcosa che un avatar o un creatore virtuale difficilmente può replicare”, conclude Chimenti. “Detto questo, l’intelligenza artificiale ha sicuramente il potenziale per ottimizzare molteplici aspetti dell’influencer marketing, come l’analisi dei dati, la personalizzazione dei contenuti e persino la creazione di influencer virtuali per campagne specifiche. Tuttavia, vedo un futuro in cui ci saranno categorie distinte: da un lato i creator umani, capaci di creare legami emotivi autentici, e dall’altro gli influencer virtuali, che potrebbero trovare spazio in contesti specifici come il gaming o la moda digitale, dove la sperimentazione con personaggi virtuali può essere vista come un vantaggio”.