La forza dei social anche nei mercati finanziari è stata recentemente confermata anche dall’andamento ‘altalenante’ (che è dire poco) del titolo Gamestop, inerpicatosi a circa 350 dollari dai meno di 20 di partenza, in risposta a un tentativi di short sull’azione effettuato dagli hedge fund. Oggi l’azione vale poco meno di 50 dollari: il che si può leggere, a posteriori, come una clamorosa vittoria dei retailer borsistici organizzati tramite social o come una conferma dell’esistenza di un enorme parco-buoi incapace di leggere i fondamentali, che ha perso miliardi a vantaggio di pochi investori felici, che per una volta hanno solo cambiato indirizzo.
Ma la cosa non finisce qui, perché negli scorsi giorni un nome si è aggiunto a quello degli anonimi piccoli investitori in Borsa, quello di Elon Musk, il patron di Tesla, l’uomo che vuole conquistare lo spazio e sbarcare su Marte, e soprattutto un protagonista i cui tweet indirizzano il mercato in misura superiore a qualsiasi altro, analista o ‘giocatore’ che sia.
E questa volta Musk non si è limitato a rilanciare il proprio apprezzamento per la criptovaluta Bitcoin, come aveva fatto in precedenza quando aveva inserito il simbolo nel proprio profilo, ma ha fatto acquistare da Tesla l’equivalente di un miliardo e mezzo di dollari. E questa cifra vale l’intero R&D budget per il 2020, non è come quando Musk faceva tweet pro Dogecoin, la criptovaluta-parodia, che comunque ha visto un ‘incremento’ del 1000% nella sua quotazione borsistica.
Perchè Elon Musk è ‘uomo del momento’: un suo parere vale le centinaia di migliaia di nuovi sottoscrittori per Signal, un suo intervento su Clubhouse vale decine di migliaia di ascoltatori che si sono moltiplicati e affollati in centinaia di ‘room’ accessorie perché il tetto di quella originale era stato immediatamente raggiunto.
E non basta, Tesla ha anche aggiunto che i bitcoin saranno accettati in tutte le normali transazioni di affari e commerciali: l’ultima spinta al rialzo di una criptovaluta già in effervescenza, che aveva lasciato i bassifondi del novembre 2019 – 10.000 dollari circa di valutazione negli Exchange – per salire fino ai 35/38.000 di settimana scorsa, per sfondare in questi giorni i 46.000 dollari, un livello che ha fatto qualcuno gridare all’ennesima bolla. Voce minoritaria, tuttavia, visto l’entusiasmo che si è riversato sulla criptovaluta, accompagnandone l’ascesa. Ma le domande vere, alla fine, sono sempre le solite: fino a quando durerà la bolla prima di iniziare a sgonfiarsi? Ma soprattutto, è davvero destinata a sgonfiarsi?
Perché Elon Musk ha la capacità straordinaria di saper reggere il gioco all’infinito, almeno così sembra. Con Tesla che viaggia attualmente su un valore di circa 800 miliardi di dollari, valutazione oltre sei volte superiori al valore combinato di Ford e General Motors, nonostante controlli una piccola frazione del mercato automobilistico globale.
E nonostante incontri serie difficoltà nella realizzazione della gigafactory europea per la produzione di batterie e vetture, a Berlino, finanziata dalla Germania con oltre un miliardo di euro, ma che secondo la testata Automobilwoche, sarebbe in ‘massiccio ritardo’. Un impianto strategico nelle intenzioni di Elon Musk, perché destinato alla fabbricazione delle nuove ‘batterie strutturali’ 4680 ad alta autonomia e soprattutto alla produzione di ben 500.000 veicoli elettrici ogni anno, con cui la casa californiana intendeva dare l’assalto ai marchi automobilistici europei direttamente in casa loro.
Senza considerare che l’utile operativo della società arriva quasi tutto dalla cessione dei CO2 Credit alle altre case automobilistiche, come FCA, per un totale superiore a un miliardo di dollari nel 2020, il che lascia l’utile reale a un molto modesto 1% complessivo, pari a un ‘rosso’ nei bilanci.
O i problemi in Cina, il primo mercato al mondo per l’elettrico, dove Tesla è stata chiamata dal Governo a colloquio per una serie di contestazioni sulla qualità delle vetture vendute, che rappresentano il 20% dei ricavi totali dell’azienda.
Tesla ha di conseguenza dichiarato su Weibo (il Twitter cinese) che “accetta sinceramente la guidance dei dipartimenti governativi” e “rispetterà rigorosamente le leggi cinesi”, lavorando anche per rafforzare la sua struttura operativa interna e il flusso di lavoro sotto la direzione delle autorità di regolamentazione al fine di garantire la “sicurezza e i diritti dei consumatori cinesi”.
Che il PCC abbia la vista più lunga di Wall Street?