di Massimo Bolchi
“Questa settimana, @xAI renderà open source Grok“, aveva scritto due settimane fa Elon Musk, il proprietario di xAI sulla sua piattaforma X (già Twitter). E di fatto il codice è stato pubblicato su GitHub: il codice completo che permette a chiunque di usarlo o modificarlo per un qualsiasi impiego specifico.
Questo fatto si inserisce nello scontro legale con ChatGPT di OpenAI, che era stata denunciata da Musk, uno degli iniziali finanziatori (fino al 2018), per non aver dato seguito alla promessa di ‘regalare l’intelligenza artificiale’ al mondo, ma anzi di essersi rivelata sempre più ‘chiusa’ man mano che i fatturati aumentavano. Per dovere di cronaca riportiamo qui anche le risposte di OpenAI alle accusa: l’azienda ha smentito l’affermazione di Musk, ribadendo che non esisteva alcun accordo di questo tipo. Inoltre ha pubblicato anche delle e-mail per dimostrare come Musk fosse d’accordo con i piani di OpenAI di diventare un sw proprietario anziché open source, nonché con l’intenzione dell’azienda di diventare un’organizzazione a scopo di lucro. Il processo promette di diventare molto interessante…
L’open sourcing di Grok potrebbe aiutare Musk a combattere la sua battaglia, ma soprattutto a suscitare interesse per l’AI della sua azienda. Limitare l’accesso a Grok ai soli abbonati a pagamento di X – attualmente bisogna essere un utente Premium e pagare 16 dollari al mese per poterlo utilizzare – significa essere in netto svantaggio nei confronti di ChatGPT di OpenAI o di Gemini di Google, ad accesso libero. Il rilascio come open source di Grok potrebbe invece attirare gli sviluppatori a utilizzare il LLM di Grok e, in ultima analisi, potrebbe aiutarlo a raggiungere un maggior numero di utenti finali e fornire ad xAI dati da utilizzare per migliorare la propria tecnologia.
La mossa di Musk lo vede allinearsi con l’approccio di Meta alla GenAI, i cui modelli open source, come Llama 2, sono diventati popolari tra gli sviluppatori perché possono essere completamente personalizzati e adattati a diversi usi. Per il momento, comunque, Grok è un sorta di ‘derivazione’ di X, che gli fornisce anche la possibilità di essere interrogato con un chatbot, poiché xAI non ha predisposto una struttura a chat indipendente per Grok.
Sotto il profilo tecnologico, l’AI di Musk utilizza 314 miliardi di parametri, addestrata da zero da xAI, secondo quanto ha scritto la stessa azienda al momento di mettere su GitHub l’intera programma: si colloca cioè a metà strada tra ChatGPT 3, con i suoi 175 miliardi di parametri, e CatGPT 4, che ne conterebbe addirittura 100.000.
Ma le domande che sorgono adesso sono almeno due. Innanzitutto, vista la rapidità con cui è stato sviluppato Grok, nel suo addestramento sono stai utilizzati anche dati raccolta da Tesla per la sua vettura a guida autonoma? Ufficialmente no, perché tali dati sono stati rilevati esclusivamente per l’uso specificato, oltretutto da un’altra azienda, separata da xAI. Ma con Musk non si può mai dire. Ricordiamo al riguardo che a gennaio Musk aveva dichiarato: “Preferirei costruire prodotti al di fuori di Tesla”, perché non aveva abbastanza azioni per sentirsi totalmente sicuro nel “far crescere Tesla come leader nell’AI“. Un sospetto che potrebbe essere sufficiente per una class action da parte dei proprietari della vetture elettriche.
Ma la domanda più importante ricorda a noi italiani la pubblicità di un yoghurt che venne lanciata anni fa con lo slogan ‘Con tutto lo yoghurt che c’è, c’è proprio bisogno di Yoplait?’. Con Grok, Musk sta cercando fare qualcosa di analogo: lanciare una nuova startup di AI, senza un obiettivo chiaro, proprio mentre l’hype per l’AI generativa sta iniziando a declinare.
ChatGPT, ad esempio, sta ristagnando. Il chatbot di OpenAI, ‘megahit’ solo un po’ di mesi fa, ha registrato un calo del traffico web in cinque delle ultime otto mensilità e attualmente è in calo dell’11% rispetto al picco di maggio 2023. Anche la sua applicazione mobile mostra evidenti limiti, con un numero di utenti totali inferiore a quello raggiunto da Snapchat solo nell’ultimo trimestre. E non si tratta solo di ChatGPT: Copilot di Microsoft registra un forte calo di utilizzo dopo solo un mese.
D’altronde il nuovo assistente di intelligenza artificiale di Microsoft per Office è stato nelle mani dei tester per più di sei mesi prima del lancio e le loro valutazioni sono state tranchant: utile, ma spesso non è all’altezza del suo prezzo. Questi dati, presi collettivamente, insinuano il dubbio se i guadagni di produttività dell’AI siano sufficienti a giustificarne i costi: non dimentichiamo l’enorme dispendio energetico richiesto anche dalla più modesta interrogazione.
E non è detto che sia sufficiente associare il nome di Elon Musk all’AI per superare queste difficoltà…