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La Responsabilità Sociale d’Impresa per conquistare i Millennials, propensi agli acquisti ma ‘infedeli’ alle marche. La fotografia di Acqua Group

La Corporate Social Responsibility si propone come potente strumento in grado di generare brand awareness, costruire brand loyalty, rafforzare la brand reputation e orientare le decisioni di acquisto, in una parola per conquistare i ‘leader della prossima generazione’.

Incorporare la responsabilità sociale nei modelli di business delle imprese, per attrarre le nuove generazioni, diventa sempre più urgente se si pensa che i Millennials costituiscono la forza in più rapida crescita nel mercato. In Italia sono oltre 11 milioni, persone nate a partire dagli anni ‘80 che, essendo cresciute in un periodo storico caratterizzato da un’alta propensione alla spesa, non vi rinunciano neanche in momenti di crisi. Tuttavia, solo 1 su 4 è fedele alle marche, gli altri sono confusi dalla loro sovrabbondanza e da messaggi non sempre distintivi.

La Nielsen Global Survey of Corporate Social Responsibility and Sustainability 2015, propone uno scenario incoraggiante in termini di sensibilità dei consumatori rispetto all’impegno sociale delle imprese.

Relativamente al nostro Paese, dalla ricerca emerge che il 52% dei consumatori si dichiara disposto a pagare di più per brand sostenibili (vs il 45% del 2014 e il 44% del 2013) vs il 51% della media europea. I soggetti più disponibili a pagare prezzi superiori per la sostenibilità sono i Millennials (21-34 anni), il 73% nel 2015 (+50% vs il 2014).

Il 2015 Cone Communications Millennial CSR Study, aggiunge che negli ultimi 12 mesi il 64% delle donne Millennial ha acquistato un prodotto associato a una causa sociale, che il 95% dei Millennials cambierebbe marca per una associata a una causa sociale e che 2/3 di essi usano i social media per impegnarsi e informarsi in merito alla CSR.

Sul fronte delle imprese, secondo Nielsen, nel 2015 a livello globale le aziende impegnate nella responsabilità sociale hanno fatto registrare un aumento del fatturato del 4%, rispetto a quelle non operative su questo fronte, che hanno fatto registrare un aumento inferiore all’1%, e il 65% delle vendite totali nel largo consumo è arrivato da marche impegnate in cause ambientali o sociali.

La 19th Annual Global Ceo Survey di PwC, indagine rivolta a 148 Ceo del settore Retail di 48 Paesi e a 210 Ceo del settore Consumer Goods di 61 Paesi, da un lato evidenzia che i grandi retailer sono stati pionieri nella responsabilità sociale d’impresa e che le aziende del Retail e Consumer Goods hanno una storia di partecipazione al benessere delle comunità nelle quali operano, tanto è vero che il 58% dei Ceo Retail e il 67% dei Ceo Consumer Goods concordano sul fatto che la CSR avrà una posizione centrale nelle scelte aziendali dei prossimi 5 anni; dall’altro, il 38% dei Ceo Consumer Goods e il 29% dei Ceo Retail affermano che si impegneranno per aumentare la loro reputazione di datori di lavoro etici e socialmente responsabili, con lo scopo di trattenere e di attrarre i migliori talenti della sharing generation e di rimanere rilevanti e competitivi nel mercato. Dichiarazione d’intenti importante se si considera che l’82% degli Young Millennials considera l’impegno sociale di un’azienda al momento di accettare una proposta di lavoro.

Chissà che scenario immaginerebbe per la CSR un visionario quale Edward Albert Filene, che amava presentarsi come un semplice negoziante di Boston, ma che in realtà negli anni ‘30 del ‘900 era uno dei commercianti più ricchi degli Stati Uniti, filantropo, riformista, pacifista autore dell’innovativo ‘Next Steps Forward in Retailing’ del 1937.

Fonti

http://bit.ly/1WnRici
http://huff.to/1X8VZWj
http://pwc.to/24hAhDq
http://bit.ly/1V87St6

Victoria De Grazia, L’impero irresistibile. La società dei consumi americana alla conquista del mondo., Einaudi, 2006