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Il fotografo di Oriana Fallaci vince contro Meta: una sentenza italiana che fa rumore

Un tribunale italiano ha condannato Meta a risarcire un fotografo per la diffusione non autorizzata di immagini d'autore. È una sentenza che mette al centro il tema, ancora controverso, della responsabilità delle piattaforme digitali nella tutela del diritto d'autore.
Copyright

Al centro della causa ci sono 54 fotografie realizzate da Gianni Minischetti tra il 1991 e il 1993 a New York, in occasione di un servizio con Oriana Fallaci, tra gli ultimi autorizzati dalla giornalista stessa. Alcune di queste immagini sono divenute iconiche, come quella che ritrae la Fallaci con le Torri Gemelle sullo sfondo, e sono state pubblicate su giornali e in volumi successivi, tra cui ‘Oriana Fallaci in New York. Una storia d’orgoglio’. Una di esse fu utilizzata anche nell’edizione del Corriere della Sera del 29 settembre 2001, a corredo del celebre articolo ‘La rabbia e l’orgoglio’.

Quelle immagini, protette da copyright, sono riapparse anni dopo su diversi gruppi Facebook, utilizzate come meme o materiale condiviso senza autorizzazione. Nonostante le segnalazioni da parte dell’autore, Meta ha rimosso le foto solo 37 giorni dopo la comunicazione formale, un lasso di tempo ritenuto eccessivo dai giudici torinesi.

Il Tribunale di Torino ha ritenuto tale ritardo ingiustificato e ha stabilito che Meta debba versare a Minischetti 126.000 euro di risarcimento, più 25.000 euro per le spese legali. La piattaforma dovrà inoltre evitare ogni ulteriore pubblicazione delle immagini.

La motivazione

I giudici hanno ricondotto la responsabilità di Meta al suo ruolo di hosting provider passivo. In questa veste, la società non è direttamente responsabile per i contenuti pubblicati dagli utenti, ma lo diventa se non interviene con tempestività dopo una segnalazione documentata. Il tribunale ha inoltre considerato ogni giorno di ritardo nella rimozione come una violazione autonoma, fissando una penale di 100 euro per ciascun giorno di permanenza delle immagini su Facebook.

Oltre il caso Fallaci

La sentenza italiana non ha a che fare con l’intelligenza artificiale né con contenuti generati automaticamente. È un caso classico di copyright su immagini editoriali. Ma proprio per questo, il verdetto rafforza il principio che anche i contenuti più ‘tradizionali’ restano tutelati, e che la responsabilità delle piattaforme non può essere elusa sotto il pretesto del volume o della natura user-generated dei post.

Un precedente significativo

La decisione del tribunale di Torino pone un precedente significativo nel contesto europeo. Ricorda che la proprietà intellettuale, anche nell’era dei social e della condivisione virale, rimane un diritto tutelato. E obbliga i colossi digitali a un cambio di passo sulla gestione delle violazioni.