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Il Festival del cinema di Venezia per i registi Air3. Armando Trivellini: senza quella sua certa retorica, la pubblicità si avvicina al cinema

Venezia, ma che Festival è?
“E’ un festival unico. Credo che la città e l’atmosfera di quella settimana al Lido creino una magia che non è presente in nessun’altra kermesse al mondo. E’ follia pura. Cammini per le calli e ti aspetteresti anche di trovare De Niro che sale sul  vaporetto. Non ho ancora visto il film filippino che ha vinto quest’anno, ma negli ultimi anni sembra che il Festival sia diventato un misto tra un trampolino di lancio per prodotti molto particolari e un’istituzione che premia i film di qualità. In generale è una cosa positiva, perché viene premiato l’ingegno. E’ un po’ spiazzante perché i criteri di valutazione cambiano tantissimo da un anno all’altro e a volte vincono film da cui nessuno si sarebbe aspettato un risultato, mentre vengono ignorati ottimi prodotti che vengono considerati meno originali”.

Cinema e pubblicità dialogano ?
“E’ un tema importante. Al di là del mezzo tecnico, che spesso è molto simile, i due media raggiungono punti comuni quando nella pubblicità si rinuncia a strumentalizzare  alcuni temi umani esasperandoli (‘amore, la potenza della natura, l’amicizia, la femminilità), o quando non ci si compiace troppo di alcuni artifici di linguaggio (droni, carrelli, movimenti di macchina, punti di vista molteplici) usandoli a sproposito, altrimenti interviene subito una certa retorica che allontana la pubblicità dal cinema”.

Emerge una nuova tendenza?
“Non ancora del tutto. Ci sono dei semi che stanno crescendo. I premi degli ultimi anni a Venezia al documentario di Rosi e allo stranissimo film di Roy Andersson vanno nella direzione dell’allargamento della forma-film classica. Direi che in generale siamo negli anni in cui vincono progetti originali e non troppo costosi. Per fortuna c’è nell’aria un nuovo umanesimo, penso a un eccezionale giovane autore come il canadese Xavier Dolan che ha sbaragliato Cannes negli ultimi tre anni. Si è capito che mischiare i mondi fa bene a tutti. In questo cinema e pubblicità possono incrociare i talenti.  I registi di cinema sono sempre stati attratti dalla pubblicità, perché è un ambito che permette sperimentazione fornendo molti mezzi.  Possono dare un grande apporto alla creazione di mondi, alla qualità della direzione degli attori e al racconto. Viceversa alcuni registi di pubblicità hanno un’accuratezza formale che può essere molto interessante per la stilizzazione di un certo tipo di cinema. Ma c’è una regola importante: gli exploit cinematografici di registi di pubblicità più riusciti partono sempre da una sceneggiatura di ferro. Il cinema deve raccontare storie”.

Armando Trivellini racconta di sé nella nostra intervista