Cifra ragguardevole, anche se comparata alla media delle agenzie specialistiche che operano sul nostro mercato. Testimoniando la necessità di progetti costruiti su misura, senza più distinzione in silos, ma a copertura totale e qualitativamente capaci di generare attenzione. Che assieme a monetizzazione ed emozione sono parole chiave della visione strategica di Condé Nast, non a caso sempre alla ricerca di nuovi talenti con cui costruire l’innovazione.
Tanto che, se in valori assoluti il digital vale il 12% della torta della casa editrice, la sua crescita è costante con differenziazioni tra testata e testata. Wired, ad esempio, arriva al 40%, 3,5 i milioni di utenti unici, vendendo in edicola non più di 55.000 copie.
Ma allora perché a lasciarci le penne è stato myself, che in edicola conquistava 70.000 lettori, oltre ai 30.000 abbonati?
Questione di età e di internazionalità. A 4 anni di via, infatti, il mensile non ha confermato l’obiettivo delle 200.000 copie paventate agli esordi, attestandosi sulle 100.000. Numero che, seppur ragguardevole, non è stato sufficiente a garantire la redditività sperata (le vendite in edicola pesano per il 30%, ma la parte da leone la fa sempre l’advertising), con un fatturato che dai 5 milioni e 300.000 del 2012 non arrivava quest’anno ai 4, contro un break even a 7.
Nonostante, infatti, sia tra i prodotti meglio fatti, lo dichiara lo stesso Gianpaolo Grandi, presidente Condé Nast (tra l’altro assicurando tutto l’impegno per salvaguardare i 35 giornalisti della redazione), i lettori ‘tradiscono’ la carta per il digital, invocando un cambio di rotta, che a settembre vedrà intensificare lì l’impegno con un canale dedicato all’interno di Vanityfair.it (6,5 milioni gli utenti unici) e una app su misura.
Tra le altre novità, sempre a settembre, per il 50°, vedrà luce l’archivio Vogue, in inglese, così come sulla piattaforma Live! (in pochi mesi ha già raggiunto i 5 milioni di video visti mensilmente ) debutterà il canale video di Nowness, magazine multimediale del gruppo LVMH.
Come dire, la qualità si riconosce e sceglie. Tanto che Condé Nast in termini di programmatic buying non ha dubbi, solo con piattaforma proprietaria e solo premium.
Al microfono di youmark, Fedele Usai, deputy managing director Condé Nast.
La cover del numero di agosto di myself
Youmark
Condé Nast chiude myself. E questo già lo sapete. Segno che i tempi dell’editoria sono cambiati e che la casa editrice, con all’attivo un primo semestre 2014 in target, sceglie la strategia di concentrarsi sui top brand, da valorizzare multimedialmente. Perché è certo, la crisi della stampa porta selettività. E gli investimenti pubblicitari non si accontentano più della pagina. Non a caso, la creativity factory interna chiude l’anno a circa 4 milioni di euro di fatturato
22 Luglio 2014