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Venerdì, a Milano, c’è stato il primo degli appuntamenti ’Purple Program’ a firma Mindshare. Tema, la tv. Chiamando in causa tre saggi per definire passato, presente e futuro di questo media, che da sempre si aggiudica la maggior parte della torta pubblicitaria. Ma che ora trema

Tanti, infatti, i fattori che ne stanno definendo la trasformazione, riassumibile nella rivoluzione digitale, espressasi dal satellitare al terrestre, al pay. E che oggi inizia ad aprire nuovi ambiti (anche competitivi, visto che in un recente convegno portato qui a testimonianza – vedi nostro video nella parte dell’intervento di Carlo Momigliano, cmo Mindshare) si ipotizza la fine delle barriere d’ambito, con i diversi attori tutti in una medesima arena competitiva) nell’interazione con web e social, tanto da rendere il piccolo schermo ancora più interattivo, ancora più vissuto real time dalla gente. Nel bene e nel male.

Su tutto, poi, il peso dell’anomalia italiana, con la discussione in merito all’opportunità, o meno, che una tv pubblica possa vendere anche pubblicità, riscuotendo il canone, con le evidenti soluzioni possibili (tra cui quella di Gori, sulla divisione, lasciando alcuni canali senza spot) ad aprirsi quali proposte all’orizzonte. Senza ovviamente dimenticare come la nascita della tv commerciale in Italia fu priva di legislazione ad hoc e abbia di fatto permesso la definizione di un duopolio senza paragoni nel mondo. Il tutto influendo sulla spartizione della torta pubblicitaria. Che oggi, in tempi di vacche magre, prova faticosamente a difendere le proprie posizioni, falcidiate da consumi calanti, ma anche dalla crescente segmentazione.

Il tutto andandosi a interrogare sui contenuti, con l’audience chiamata in causa quale epidemia creata dalla tv commerciale, che ha abbattuto il senso della qualità, in nome dei numeri. Ma imponendo anche un ragionamento in viceversa, dunque, audience come sinonimo di democraticità. Prima forma di interattività, che piaccia o meno il risultato che ne deriva (in effetti, ragionateci, chi più del modernissimo e democratico web diventa per suo stesso dna schiavo di un’audience che può controllare real time, adeguando strategie, contenuti e visioni di conseguenza?)

Youmark vi propone in pillole alcuni momenti dell’incontro, che ha visto confrontarsi live i tre saggi Carlo Freccero, Giorgio Gori e Maurizio Carlotti.

Ed è proprio all’intervento di quest’ultimo che ci è piaciuto regalare più spazio. (segue sotto)

(guarda qui il proseguo del suo discorso)

Perché, forse, in un mondo che rischia di avvitarsi in sterili discussioni di forma, il pragmatismo di chi sa dirigere tutto all’azione efficace, grazie alla semplificazione in nome della ragion di business, non può che convincere. 

Concludendo Carlotti con un monito alle aziende italiane che fa riflettere: “se distruggete il business model della tv commerciale come vi difenderete dalla calata dei prodotti cinesi, indiani, brasiliani? E non rispondete col web. A parte i soliti noti il resto è grande nuvola che ancora non ha chiaro come deve essere il suo modello di business”.