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Volete vedere i corti nominati agli Oscar? Dopo l’online, dal 6 all’8 maggio sono al cinema per la prima volta in tutta Italia con WeShort

di Maurizio Ermisino

A qualcuno piace corto, diceva qualche tempo fa il claim di un festival di cortometraggi. Ed è davvero così. I cortometraggi ci piacciono perché sono puro cinema condensato in pochi minuti, per cui ogni frame, ogni parola, ogni inquadratura deve essere studiata attentamente, perfetta, per concorrere a far arrivare nel modo migliore il messaggio. E devono avere un finale ad effetto, un’epifania come le novelle in letteratura. Il corto è “grande cinema breve”, come lo definisce Alessandro Loprieno, Founder e Ceo di WeShort, piattaforma online che ha investito su questo formato e ora lo porta al cinema.

La notizia è di quelle ghiotte: per la prima volta nei cinema di tutta Italia vedremo i 10 corti in nomination agli Oscar dal 6 all’8 maggio. E, attenzione, i corti non saranno abbinati a dei lungometraggi, come siamo stati abituati a vederli finora: saranno i protagonisti assoluti, e avranno un loro spazio ben definito nella programmazione delle sale, con un biglietto d’ingresso. Ci sarà un ingresso per la selezione dei corti in live action e uno per la selezione dei corti d’animazione: il costo dipenderà dall’esercente, ma dovrebbe corrispondere a quello di un film. Abbiamo visto in anteprima i 5 cortometraggi live action candidati agli Oscar, e il corto che vinto la statuetta nella categoria dell’animazione e vi assicuriamo che ne vale la pena. L’Oscar come miglior corto è La meravigliosa storia di Henry Sugar con Benedict Cumberbatch e Ben Kingsley, diretto da Wes Anderson. Il miglior corto d’animazione è War Is Over! Inspired By The Music Of John & Yoko di Dave Mullins.

War Is Over! Inspired By The Music Of John & Yoko

Iniziamo a raccontarveli da qui, dal bellissimo corto d’animazione scritto da Dave Mullins insieme a Sean Lennon, il figlio di John e Yoko Ono. La storia che hanno immaginato per far rivivere la storica canzone Happy Xmas (War Is Over) è ambientata durante la Prima Guerra Mondiale: in questo modo riescono ad astrarla dalla guerra per cui la canzone era stata scritta (il Vietnam, tra gli anni Sessanta e Settanta) e dalle guerre di oggi. Il risultato è che, lontano nel tempo, il messaggio sia ancora più universale e diventi una dichiarazione di pace contro tutte le guerre. Al centro c’è un piccione viaggiatore che viaggia da un comando verso le trincee, e da una trincea all’altra. A metà del corto arriva la prima sorpresa, ed è divertente. La seconda è commovente, e l’arrivo della famosa canzone di John Lennon rende tutto ancora più intenso. Lo stile dell’animazione è realistico e stilizzato allo stesso tempo, e ricorda alcuni lavori di Robert Zemeckis e Richard Linklater. La guerra è finita, se lo volete: il messaggio è quanto mai attuale.

La meravigliosa storia di Henry Sugar

Il corto da Oscar di Wes Anderson, prodotto da Netflix, è uno di quei film che riconosci a prima vista: ci sono le sue proverbiali tinte pastello, un marchio di fabbrica, che rendono ogni suo film immediatamente riconoscibile, con quella sua patina rétro e fuori dal tempo. Tratto da un racconto di Roald Dahl, La meravigliosa storia di Henry Sugar è, diciamolo, un esercizio di stile, un continuo virtuosismo. La storia di un uomo fuori dal comune è resa da Anderson in modo molto particolare. È una serie di piani sequenza in cui la macchina da presa si muove pochissimo mentre si muove tutto il resto: è come se delle quinte teatrali si muovessero in tempo reale, senza il tempo di un intervallo da un atto all’altro, ma mentre lo spettatore guarda. Il cambio delle scenografie mentre il film è in atto è una delle tante regole della messinscena che Anderson sfida apertamente. Il regista confonde il narratore con il protagonista e abbatte la regola dell’identificazione di un attore con il proprio personaggio, e con le caratteristiche fisiche del personaggio. Fonde e confonde discorso diretto e indiretto, fa vedere trucchi e cambi d’abito in scena. Un esempio su tutti è quello in cui sposta l’inquadratura quel tanto che basta per far vedere che la strada dietro un attore è una retroproiezione. Il corto di Wes Anderson è allo stesso tempo geniale e noioso. Sembra impossibile, eppure è così.

The After

The After di Misan Harriman, cortometraggio in arrivo dalla Gran Bretagna, prodotto da Netflix come il corto di Anderson, è la storia di un uomo che sta elaborando un lutto per la scomparsa della moglie e della figlia in seguito al gesto di un folle. Un fatto che gli cambia la vita: era un uomo d’affari e ora fa il tassista, porta le persone in giro e ascolta i racconti delle loro vite. Fino a che le vite di alcune persone gli ricordano così tanto la sua che… The After è un racconto struggente, che tocca nel profondo, in cui la sofferenza esce dallo schermo e arriva allo spettatore. Let It All Go recita la canzone di Birdy And Rhodes che chiude il film: lascialo andare tutto. E il senso del corto è tutto qui.

Red, White And Blue

È doloroso, anche se in modo diverso, più tenero, Red, White And Blue, di Nazrin Choudhury, il corto in arrivo dagli Stati Uniti. La protagonista è la cameriera di un classico film americano, una madre single con due figli. Dopo il lavoro la vediamo cercare, on line, il posto giusto per l’interruzione di una gravidanza. E così viaggiare, tra l’Arkansas e il Missouri, per raggiungere quel luogo, accompagnata dalla sua bambina. Questa avventura diventa così un road movie, un viaggio tra ragazze che le avvicina ancora di più. Anche qui, verso la fine del film, avviene l’epifania, un grande plot twist. Basta un numero, una cifra, per cambiare completamente il punto di vista della storia. Ed è devastante. E ci fa capire anche chiaramente il tema del film. Che deve molto all’intensità della protagonista, Brittany Snow, dagli occhi blu, profondi e liquidi.

Invincible

Invincible, di Vincent René-Lortie, è in arrivo dal Canada, ed è un’altra storia molto, molto dolorosa. Inizia con un salto nel vuoto, una macchina che finisce in un lago, in quello che sembra un suicidio. Ma lo è davvero? L’acqua è il filo conduttore del film: portatrice di morte, forse, ma anche di libertà e spensieratezza, a contrasto con la costrizione. Il giovane protagonista, infatti, si trova in un carcere minorile. Non sappiamo perché sia lì, né se lo ha meritato. Ma lui non lo accetta. Il dilemma sta tutto in quelle porte aperte: scappare, e vivere una vita costantemente in fuga, o restare, e pagare il proprio debito con la legge? La storia è già toccante di per sé. Ma lo è ancora di più sapendo che si tratta di una storia vera.

Knight Of Fortune

Ha a che fare con un vuoto, con un lutto, anche Knight Of Fortune, di Lasse Lyskjær Noer, il corto in arrivo dalla Danimarca: è la storia di un uomo che si trova in un obitorio per dare l’ultimo saluto alla compagna della sua vita. Ma ben presto ci accorgiamo che il tono è completamente diverso dagli altri corti. Siamo infatti in Danimarca, non troppo lontano da quella Finlandia che è la terra di Aki Kaurismaki. E l’atmosfera del corto è vicina a quel cinema: sospesa, grottesca, tragicomica e autoironica. Un sorriso (amarognolo) e la commozione si uniscono in una storia di pietas e di solidarietà tra due uomini che rimane impressa.

Si tratta di una collezione di gioielli da non perdere.

E anche un banco di prova per vedere se il formato del corto piace davvero al pubblico. “Abbiamo notato, in questi tre anni di vita di WeShort, che c’è un’ottima recettività del pubblico verso i corti” ha spiegato Alessandro Loprieno. “Il corto è un prodotto audiovisivo che interessa al pubblico: lo dicono i nostri dati e le nostre metriche”. Perché portare allora i corti al cinema dopo averli distribuiti su piattaforma? “In primis per dare un prodotto alternativo al pubblico” risponde Loprieno.  “È un’offerta per un pubblico più cinefilo, ma vogliamo proporlo anche un pubblico più generalista per capire come risponde. Il corto è considerato un prodotto nicchia, Ma è una nicchia ad alto potenziale di crescita”.

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