di Emanuela Carimati, Client Manager Kantar
Dopo pochi giorni dal caso dei Cileni, raccontato su Youmark da Ilaria Padovan, Mulino Bianco fa di nuovo notizia, questa volta per la necessità di difendersi da quella che viene ormai chiamata la ‘guerra dei biscotti’ tra Barilla e Tedesco/Sapori Artigianali.
In realtà Barilla è in ‘buona’ compagnia, e questo non è di certo il primo caso di concorrenza sleale che scopriamo, tanto che sono stati a suo tempo coniati i termini ‘look-alike’ e ‘knock-off’ per indicare l’imitazione di prodotti molto noti da parte di marchi che, non avendo dovuto sostenere i costi di ideazione, hanno potuto lanciare sul mercato le loro imitazioni a prezzi inferiori. Se a volte questa pratica può dare al consumatore consapevole un’opportunità di risparmio, altre volte può spiacevolmente generare confusione nei consumatori convinti di aver acquistato l’originale. Per non parlare dei danni al made in Italy che può generare l’Italian sounding, ossia il tentativo di imitazione dei prodotti nostrani da parte delle aziende agroalimentari estere, che attraverso operazioni più o meno goffe, riprendono alcuni elementi tipici, come il tricolore, espressioni dialettali, e simili, per far passare come italiano, un prodotto che in realtà non lo è.
Senza volerci addentrare nei risvolti legali di queste vicende, che lasciamo giustamente agli esperti in materia, ci chiediamo quali altre strategie, oltre alla tutela legale, potrebbero essere messe in atto dalle marche per affermare il loro valore autentico. 3 quelle più rilevanti:
#1. Una prima strategia sta nell’esseresalienti, un concetto che va oltre la semplice notorietà data dalla visibilità della marca e che indica la capacità di creare associazioni forti e positive nella mente delle persone, così da diventare l’opzione preferita in un mercato affollato. Immaginate di essere corsi al supermercato ad acquistare gli ingredienti per la cena: è molto probabile che, tra la miriade di opzioni a scaffale, sceglierete quasi automaticamente quelli da mettere nel carrello, ignorando migliaia di altre opzioni disponibili, quasi come bere il primo caffè della giornata, senza pensarci su.
Facile a dirsi, ma come si fa ad essere top of mind? Investendo nel valore del brand in maniera costante e continuativa, anche in tempi di recessione, nutrendolo e curandolo quotidianamente proprio come una pianta. Il brand, infatti, pur essendo un bene intangibile, è materia viva, è una rete di connessioni, esperienze, sensazioni e come tale ha bisogno di connettersi e adattarsi all’ambiente circostante, evolvendo con lui.
#2. La capacità di connettersi con le persone chiama in causa la seconda strategia che vogliamo suggerire: essere significativi, ossia sintonizzarsi con le attese dei consumatori e riuscire a soddisfarle. Per sintonizzarsi, occorre lavorare su frequenze chiare, essere autentici e coerenti, creando una sostanziale corrispondenza tra ciò che si dice e ciò che si fa. È la base del trust, la fiducia come motore all’azione e, in questo caso, attivazione di una scelta di acquisto. Fare questo significa lavorare su un piano di coinvolgimento emotivo che può portare fino a coinvolgere i clienti nella difesa della marca attraverso programmi di fidelizzazione e coinvolgimento attivo sui social media, per creare un senso di appartenenza e fedeltà alla marca. In tema di tutela dalle contraffazioni, la marca può svolgere anche un ruolo educativo, pur rimanendo sintonizzata con gli utenti e quindi autorevole anziché autoritaria; la marca può farsi promotrice di un percorso di educazione al riconoscimento dell’autenticità. Pensiamo all’educazione in campo alimentare, volta sia a promuovere stili di consumo salutari sia modalità di consumo coerenti con le caratteristiche funzionali del proprio prodotto (es. la pasta nei tempi di cottura, il vino a piccoli sorsi, etc.).
#3. E quanto più i brand sono autentici e fedeli a sé stessi, tanto più saranno unici e diversi da tutti gli altri. Essere capaci di differenziarsidai competitors è la terza ma non meno importante, strategia di crescita di un brand. In questo valore trasformazionale* è insita la combinazione tra l’essere visti come unici e avviare nuove tendenze.
Ma perché essere differenti è così importante? Intanto perché attraverso l’innovazione costante, il design unico e la qualità del prodotto, un brand diventa più difficile da imitare e resta sempre al passo con i tempi. E poi perché, secondo i risultati di uno studio Kantar condotto su 872 brands appartenenti a differenti categorie merceologiche è emerso che la differenza è il fattore numero 1 di generazione del valore di un brand. Questi dati smentiscono chi pensa che non esiste molta differenza tra i brand sul mercato. I consumatori la percepiscono ed è il fattore che conta di più. L’implicazione è evidente: i brand imitatori, per quanto possano dar fastidio e accapararsi una qualche porzione di share a quelli originali, partono già con un potenziale di crescita inferiore.
Vi starete chiedendo: sì ma cosa rende un brand unico e distintivo? La risposta è data dalla somma di fattori tangibili e intangibili che si collegano tra loro per forgiare i ricordi del brand.
Gli asset distintivi del brand (colori, font, slogan, caratteri, ecc.) giocano sicuramente un ruolo, ma rappresentando il 30% della differenza e sono anche quelli più facilmente imitabili. Oltre il 70% della differenza – è costituita da fattori immateriali tra cui posizionamento, responsabilità e value proposition, esperienza del prodotto, progettazione del servizio, attività pubblicitarie, pertinenza della gamma ai needs di categoria. Ciascuno di questi fattori stimola le connessioni sensoriali nella mente dei consumatori e li spinge a pagare per un prodotto, per godersi un’esperienza, riducendo la probabilità che passino alla concorrenza. Questo slancio creativo è tipico delle marche che innovano in maniera coerente con i bisogni del loro target, partono da un’idea rilevante per loro, la amplificano con potenti comunicazioni emotive e la rafforzano attraverso innovazioni ed esperienze di prodotto/servizio significativamente differenziate. Insomma, la differenza fa la differenza.
*Dom Boyd, 14 July 2023, Think Different: The DNA of breakthrough brand value growth