Youmark

The Sound of Pride by TBWA dimostra come il lavoro di fare comunicazione sia cambiato, ma alla fine non cambi mai nell’obiettivo: impattare nella vita delle persone, con rilevanza culturale. Onore al merito dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi

di monica lazzarotto

All’indomani del primo Pride con una bandiera anche sonora, ne parliamo con Mirco Pagano, chief creative officer GRUPPO TBWAITALIA, e Alberto Castelli, direttore marketing, comunicazione e sviluppo della fondazione Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi.

In effetti nessuno ci aveva ancora pensato. Il simbolo dell’inclusività tralasciava qualcuno. La musica la via per arrivare davvero a tutti. Mirco, come vi è venuta l’illuminazione?
“La musica come un altro linguaggio universale, per rendere più completa la rainbow flag e portare il messaggio di inclusione del Pride a più persone possibili. Con una ricetta che per noi di TBWA non cambia: ascolto attivo del contesto culturale, lettura della realtà da diverse angolazioni, grande attenzione all’innovazione e disruption, sempre”.

Perfetto Mirco, ma non bastava creare una melodia? Invece con The Sound of Pride avete voluto rappresentare realmente la bandiera. Di qui l’esplosione del progetto. Che ha convogliato anime differenti. Dalla vostra unit di intelligence alla scienza, sino alla creatività e al talento dell’Orchestra Sinfonica di Milano. Come ci siete riusciti e quanto conta oggi saper orchestrare, mai parola fu più appropriata, team poliedrici ed eccellenti?

Mirco Pagano

“Hai toccato un punto fondamentale. Un progetto collettivo, che racconta le tante anime all’interno della nostra agenzia, la bellezza della contaminazione e la nostra grande fiducia nei partner con cui collaboriamo. Saper orchestrare è fondamentale e il nostro team è stato eccezionale, permettendo ad ogni componente di essere protagonista nella sua specialità. The Sound of Pride è stato possibile grazie alle tantissime persone che hanno partecipato davvero attivamente al progetto con il loro talento e la loro energia. Qualcosa di magico, di cui sono capaci solo le idee migliori”.

Alberto, accessibilità e inclusività nel mondo delle arti sono valori che vi contraddistinguono. Ma cosa vi ha entusiasmato nel partecipare a questo progetto?

“Da sempre la Sinfonica è ‘per tutte e per tutti’. Sia pensando all’accesso alla stagione principale e alle rassegne, sia alla partecipazione alle molte compagini amatoriali che fanno parte della nostra grande famiglia: dall’Orchestra Amatoriale a quella Giovanile fino alle Orchestre Kids e Junior, dai Cori di Voci Bianche e dei Giovani al Coro ‘degli Stonati’ (che insieme a orchestra e coro sinfonico contano più di 1.000 persone!). L’ascolto del grande repertorio sinfonico e il ‘fare musica’ insieme possono davvero ‘fare la differenza’ nella vita di una persona – dal punto di vista culturale, emotivo, sociale – e in tal senso è nostro dovere fare tutto quanto è in nostro potere per rimuovere ogni possibile barriera di accesso. Abbiamo aderito con entusiasmo al progetto per la bellissima idea di trasformare il ‘visibile’ in ‘audibile’ (ve lo confesso: avrei voluto averla io…) e per la possibilità di contribuire attraverso un brano interpretato dalla nostra Orchestra a una causa di fondamentale importanza e attualità nella nostra società di oggi”.

Il dado è tratto. Il Pride ha il suo ‘The Sound Of Pride’, quale è adesso l’auspicio, che come la bandiera diventi simbolo world wide, da canticchiare ai prossimi Pride?
Mirco: “Sì, esattamente. The Sound of Pride parte da Milano, e questo ci rende particolarmente orgogliosi, ma andrà in tour nei Pride di tutto il mondo, per rendere sempre più completa la rainbow flag e portare ovunque il suo messaggio di inclusione e accessibilità”. Alberto: “La speranza, anche e soprattutto in questo caso, è di poter davvero ‘fare la differenza’, tutte e tutti insieme, nella vita delle persone. Il risultato è promettente! Canticchiare? Sarebbe bellissimo, anche se impegnativo!”

Mirco, vorrei chiudere con una domanda che riguarda i nuovi modelli per fare creatività e comunicazione oggi. Sempre di più le agenzie creative devono dimostrare di andare oltre il brief. Di guardare lontano e ampio, abbracciando competenze poliedriche, sviluppando ambii tecnologici scientifici, appropriandosi dell’innovazione ma anche della creazione di prodotti e servizi.  Come tutto questo si traduce in TBWA?

“Il nostro lavoro è cambiato, ma in fondo non cambia mai. Perché l’obbiettivo è sempre avere un impatto concreto nella vita delle persone ed essere rilevanti a livello culturale, e l’arma migliore resta sempre la creatività. Quello che cambia sono gli strumenti: in TBWA grazie a Backslash, la nostra global unit di cultural intelligence, Next, il nostro osservatorio sperimentale sui temi di innovazione a e The Collective, il collettivo italiano dedicato alla DE&I, abbiamo tutto quello che serve per costruire delle fondamenta solide su cui disegnare le idee di domani”.