L’indagine, condotta con Astra Ricerche e rilasciata a seguito della Giornata Mondiale della Diversità Culturale, mira a sensibilizzare l’opinione pubblica circa le opportunità e i rischi dello scenario attuale e il ruolo che le aziende posso ricoprire nella costruzione di contesti inclusivi, equi e rispettosi delle diversità.
Solo il 49.6% della popolazione italiana afferma di essere ben informato su DE&I (il 7.0% non lo ha sentito affatto nominare nel dibattito pubblico), mentre la conoscenza di questi temi è superiore nelle aziende dove la percentuale raggiunge il 53.7%. Allo stesso tempo, dalla ricerca emerge che il 65.8% della popolazione concorda che ci sia molta diversità in Italia.
Un maggior livello di diversità è avvertito dai meno giovani (55-65enni: 72%) e dagli abitanti dei piccoli comuni (72% nei comuni con meno di 10mila abitanti). Per la fascia 18-24enni il livello di diversità percepita cala drasticamente sotto la media (59%) – il dato possibilmente riconducibile anche al consumo mediatico legato a produzioni internazionali (cd ‘Generazione Netflix’) in cui le diversità hanno grande rilevanza.
Quali sono ‘le diversità’ a cui gli italiani pensano quando sentono parlare di Diversità e Inclusione?
Secondo i risultati della ricerca, al primo posto ci sono le diversità legate agli aspetti di identità sessuale e di genere, mentre al secondo posto emerge il tema dell’origine e della cultura, con argomenti spesso al centro di dibattiti importanti come il colore della pelle, l’etnia o il Paese di origine. Nella classifica si inseriscono anche abilità/disabilità, mentre vengono citati sensibilmente meno punti come la religione e lo status sociale. Solo il 15.5% pensa alle differenze di generazione o fascia di età.
Oltre metà della popolazione non vede opportunità positive nel contatto personale con le varie diversità. I valori più positivi sono inerenti al contatto con ciò che è diverso per etnia, lingua o origine geografica; meno rilevanti in termini di opportunità le diversità in ambito religioso e quello di orientamento politico.
L’equità intesa come parità di opportunità a prescindere dalle condizioni di partenza – e garantita dall’Articolo 3 della Costituzione – non viene percepita dalla popolazione italiana come obiettivo pienamente raggiunto. Secondo i risultati della ricerca, solo un terzo degli intervistati ritiene che l’equità in Italia venga rispettata “molto o abbastanza” (33.9%). Mentre per poco più di un terzo (35.2%) la risposta è “così così”, e per il restante 30.9% è “poco o per niente vero”.
Da quanto emerge dalla ricerca, lavorare in azienda cambia l’atteggiamento individuale verso i temi DE&I: la percezione di opportunità positiva è superiore presso i lavoratori e in alcuni casi, come il tema del genere e l’identità sessuale, le differenze a livello di aziende confrontate con la popolazione generale sono fortemente marcate.
La diversità, in tutte le sue manifestazioni, crea opportunità per il 60.1% dei lavoratori in Italia; è soprattutto rilevante per le donne (65% vs uomini 56%) e per i più giovani (18-34enni: 66% vs 55-65enni: 55%).
Anche il tema dell’equità è stato percepito dai lavoratori con più ottimismo: in azienda le condizioni di partenza contano molto meno per poter raggiungere uno ‘stato’ superiore. Oltre il 75% dei lavoratori crede l’equità in Italia sia “molto o abbastanza” garantita dalla meritocrazia.
Per quanto riguarda il tema dell’inclusione, sia a livello di popolazione che a livello di aziende, il campione dichiara di non sentirsi pienamente incluso in molti contesti individuali e lavorativi.
Ma perché si fa fatica a essere pienamente inclusivi? Dalla ricerca emergono tre aree principali: la prima (24.1%) ritiene che ci siano più cose da condividere con chi è più simile a sé, la seconda (22.8%) è convinta chevengano “prima gli italiani”, mentre la terza è l’unione di un senso di forte necessità di tempo (19.3%) e di mezzi culturali per comprendere la diversità ed essere inclusivi(il 14.9% afferma di non avere conoscenza su come comportarsi nei contesti della diversità).
Pertanto, far leva sulla sensibilizzazione alle tematiche DE&I ha un grande potenziale. Stando ai risultati del report, il 65.5% dei lavoratori preferirebbe i prodotti di aziende impegnate in progetti DE&I e il 61.1% non ne comprerebbe i prodotti se venisse a conoscenza di comportamenti anti-inclusivi, di non valorizzazione della diversità.
Dalla ricerca si evince inoltre che alle aziende non si chiede solo di “comportarsi bene”: per il 67.8% degli intervistati, le aziende dovrebbero spingere i propri clienti ad essere inclusivi e dovrebbero “educare” cittadini e consumatori.
Sono quindi i lavoratori stessi a dire che le aziende possono fare di più: solo il 39.4% afferma che ci sono interventi strutturati in azienda, e le aziende più attive su questi temi sono solo quelle con almeno 1.000 dipendenti.
Secondo gli italiani i viaggi all’estero aiutano ad aprire la mente (43.7%); mentre è elevato il risultato di “partecipare ad attività di dialogo/ascolto che permettono di scoprire i propri pregiudizi” (36.9%): è un’idea portata avanti da poche realtà in Italia e che riscuote un grande successo presso la popolazione.
Nota metodologica
La ricerca è stata commissionata ad Istituto Nazionale AstraRicerche da Omnicom PR Group. L’indagine è stata realizzata online nel periodo compreso tra il 24 e il 27 aprile 2022 su un campione di 1.021 italiani 18-65enni e 1.005 lavoratori italiani in aziende con 4+ lavoratori.