di Maurizio Ermisino
“Milele”. Imparate questa parola, come avevate imparato “Hakuna Matata”, perché resterà con voi a lungo. “Milele” vuol dire “per sempre” ed è una sorta di terra promessa, un luogo a cui aspirare per il giovane Mufasa e i protagonisti di Mufasa – Il re leone, prequel del famoso film Il re leone. O meglio, prequel – in quanto a stile – della sua versione live action. Che live action non è: si tratta di quell’animazione fotorealistica che crea animali uguali in tutto e per tutto a quelli veri, ma in grado di fare ogni evoluzione necessaria al racconto. Oggi a Roma, al cinema The Space Moderno, abbiamo visto i primi 40 minuti del film, in uscita il 19 dicembre. Il risultato è strabiliante e straniante allo stesso tempo. Vedere degli animali realizzati al computer, in alta definizione, praticamente iperrealistici, cioè più reali de vero, perfetti, lascia a bocca aperta nei confronti delle possibilità dell’animazione di oggi, capace davvero di fare tutto. Ma, allo stesso tempo, vedere questi animali che sembrano veri parlare è straniante. E ci si chiede se sia il caso di usare le tecniche di animazione per andare verso questo realismo estremo, questa riproduzione maniacale della realtà. Proprio qualche settimana fa ne parlavamo con Giulietta Fara, direttrice artistica del 24Frame Future Film Fest.
L’animazione sfiora la perfezione
Su questo non si può obiettare. Il manto degli animali, l’acqua, i riflessi della luce sull’acqua e sul pelo, sono impressionanti. Così come sono perfetti, naturali, fluidi, i movimenti degli animali, per lo più felini, per cui molto particolari. E poi c’è la storia, costruita secondo il classico schema del percorso dell’eroe, irto di ostacoli, di sfide, costellato di nemici ma anche di importanti aiutanti. Quella di Mufasa, il padre di Simba, è una storia nuova, ma in qualche modo ricalca lo schema de Il re leone: anche Mufasa, da piccolo, è stato qualcuno che ha preso i propri genitori. E deve trovare da solo – e con la sua nuova famiglia d’elezione – la sua strada e il suo posto nel mondo. La forza de Il re leone originale è la sua affascinante trama, di stampo shakespeariano. Anche qui, in qualche modo, ci troviamo in qualcosa di simile.
Quattro anni per realizzarlo
A dirigere il film la Disney infatti ha chiamato il famoso regista, premio Oscar per Moonlight e direttore di Se la strada potesse parlare. Un artista che viene da un mondo diverso, da un cinema indipendente, impegnato nei diritti sociali. È riuscito a rendere anche questo un suo film. “Non avevo capito il motivo per cui mi avevano chiesto di dirigere questo film. All’inizio avevo detto di no”, ci ha raccontato oggi a Roma. “È stata mia moglie a dirmi di leggere la sceneggiatura. E ha avuto ragione”. Il passaggio dal cinema indie al mainstream è stato in fondo piuttosto naturale. “Io, Greta Gerwig e gli altri siamo la prima generazione di registi che si trova a che fare con queste franchise mainstream” spiega. “Sono i film della nostra infanzia. Io sono cresciuto con Toy Story, Indipendence Day, Terminator 2. Sono una parte della mia vita, i film che ho visto prima di iniziare la scuola di cinema. Poi ci sono i film che ho visto dopo”. Jenkins confessa di essere cresciuto con Il re leone, La sirenetta e Fantasia. “Ho voluto portare un po’ della magia di Fantasia in questo film” ci svela. “Quando si sente la canzone Milele il terreno cambia colore, Mufasa fluttua nel vuoto, è come se finisse all’inferno e tornasse dall’altra parte”. “Ho cercato di capire la tecnologia e cercare di metterla al nostro servizio, invece che il contrario” aggiunge. “Ci sono voluti 4 anni per fare questo film”.
C’è molto di Barry Jenkins in questo film
Ce lo conferma anche Barry Jenkins, che non ha scritto la sceneggiatura ma l’ha sentita da subito molto sua. “Quando l’ho letta ho pensato che potesse diventare un film di Barry Jenkins” confessa. “La scena inziale di Moonlight, quando l’uomo insegna al piccolo Chiron a nuotare, lo tiene e poi lo fa andare da solo, è molto simile. Anche Chiron si sente solo, ha una madre che in realtà non c’è. E deve fare il suo percorso nella vita”. Ma Mufasa sembra raccontare anche la vita dello stesso Jenkins. “Quando Mufasa incontra Rafiki e Zazu comincia a costruirsi una nuova vita” ci spiega. “Per me è stato lo stesso: alla scuola di cinema ho incontrato persone che per me sono state come una famiglia. Mia madre è morta mentre lavoravo a questo film. E il film probabilmente mi ha preparato a questo”. La lavorazione di Mufasa – Il re leone è stata particolare. “Abbiamo registrato prima le voci degli attori, come in un radiodramma” svela Jenkins. “Poi abbiamo fatto il montaggio basandoci sulle voci degli attori. Gli animatori hanno cominciato a muoversi con il corpo per indicare il movimento dei personaggi animati”. C’è molto di Barry Jenkins in questo film. “Io vengo dai luoghi di Moonlight, luoghi molto duri” ci racconta. “Da bambino credevo che non avrei mai potuto essere un re, un leader. Invece eccomi qui a presentare un film come questo. Che di che una persona, anche se adottata, può essere un re”.
Le voci italiane: Luca Marinelli ed Elodie
Nei nostri cinema vedremo ovviamente il film nella sua versione doppiata. Luca Marinelli è la voce di Mufasa da adulto. “È stato bellissimo” ci racconta. “Avevo 10 anni quando ho visto il Re Leone. “Credo di aver visto 160 volte il film e ho una schiera di nipoti che vedranno i vari film negli altri. Mi hanno detto: ti chiameranno tutti i tuoi amici per mandare a letto i figli con la voce di Mufasa. Ringrazio chi ha avuto questa idea”. Elodie è la leonessa Sarabi “Sono orgogliosa di questo, mai avrei immaginato di fare tutte le cose incredibili che mi sono capiate in questa carriera assurda” ci racconta. “Meglio di una leonessa non potevo chiedere. Fare la doppiatrice è complesso per quello che è il mio mestiere. Per fortuna avevo Fiamma Izzo al mio fianco, che mi ha aiutato. Sono felicissima di aver dato la voce a Sarabi”. “Mi sono sempre sentita un piccolo cucciolo di leone, ho pensato che aggredire fosse il primo modo di difendersi e mi trovo a fare cose che in qualche modo mi somigliano” continua. “Sto imparando a convivere con la paura di tutto quello che è esterno. Questo film arriva in un momento di serenità in cui sto imparando i miei limiti”.
Marinelli: “Mi sono ispirato a Vittorio Gassman”
Abbiamo chiesto a Luca Marinelli quanto, nella sua versione di Mufasa, ci sia del film originale. “Mi sono ispirato molto ai ricordi del Mufasa che conoscevo, mi è piaciuto fare la versione giovane di quello che mi ricordo del grandissimo Vittorio Gassman, che è tra le divinità del mio Olimpo” ci ha risposto. “Mi ricordo quella grande impressione che avevo da bambino. Non solo nei momenti austeri, da leader della valle, ma anche quei momenti di grande dolcezza e sensibilità che venivano fuori, quella parte di grande sentimento, in cui si interroga, e che da bambino per me erano un balsamo”.
Elodie: “Sono innamorata degli antagonisti”
Elodie è una grande fan della Disney e della Pixar. “Ho visto tutto: sono sempre stata innamorata degli antagonisti, credo siano tridimensionali” ci svela. “È come diventano cattivi che è interessante. Mi sono sempre innamorata dei reietti. Ursula de La sirenetta è la mia preferita. Amo i cartoni animati, amo piangere con i film Disney”. La carriera di attrice di Elodie sembra lanciata, accanto a quella da cantante. “In questo momento della mia vita sto studiando e facendo tutto quello che purtroppo non ho potuto fare da ragazzina” ci confessa. “Tutto quello che mi arriva lo sto prendendo per diventare una ragazza risolta. Tutto quello che da giovane non ho fatto perché avevo paura lo sto facendo adesso. Il cinema ha un linguaggio incredibile, ti dà la possibilità di essere empatico e scoprire te stesso attraverso gli altri”.