Luca Cavallini, Managing Partner ARTEFICEGROUP.
Esiste davvero un legame fra il lavoro svolto da un’agenzia di comunicazione di marca e il tema della sostenibilità?
“La sostenibilità è un tema ampio, investe ogni aspetto della vita umana. Coinvolge la struttura sociale in cui sono organizzate le nostre comunità. Riguarda i sistemi di produzione, i modelli di comportamento e quindi di consumo, i mercati.
Di conseguenza riguarda anche la comunicazione di marca che è un servizio consulenziale strettamente collegato a produzione, comportamenti, consumi e mercati.
Il legame quindi c’è, è evidente. In particolare, per un’agenzia come arteficegroup che ha due storiche e importanti competenze verticali nell’area del packaging e del retail design.
Comunque la sostenibilità non è solo qualcosa che riguarda i materiali che vengono utilizzati per gli involucri dei prodotti o per le strutture espositive.
Consideriamo l’inquinamento immateriale che determinati messaggi tossici possono creare nella società in cui viviamo. Penso ad alcuni video su certi social e all’impatto che hanno sulle vite degli adolescenti. La stessa cosa vale per i messaggi che esasperano l’importanza della ricchezza materiale o del successo.
In arteficegroup diamo grande attenzione anche a quello che definirei inquinamento semantico. Questa riflessione sulla sostenibilità non riguarda solo le nostre aree di competenza verticale più evidentemente coinvolte come Packaging Solutions e Retail Design. Riguarda anche Branding & Communication e Digital Experience”.
Il tema sostenibilità sembra essere diventato un hype. Cosa pensa al riguardo?
“Oggi di sostenibilità si parla moltissimo. Purtroppo spesso se ne parla anche in maniera strumentale. La Commissione Europea ha lanciato da poco il suo piano contro il greenwashing: il 53,3% delle dichiarazioni ‘verdi’ sui prodotti fatte dalle aziende esaminate nell’Ue è risultato vago o fuorviante e quasi il 40% privo di fondamento.
È evidente che c’è ancora tantissimo lavoro da fare perché tutti capiscano che una green label non è solo un’opportunità per vendere meglio un prodotto ma soprattutto una precisa assunzione di responsabilità verso l’ecosistema del pianeta e la qualità della vita delle generazioni future. Come agenzia associata UNA, arteficegroup partecipa all’impegno collettivo degli operatori del settore per favorire una nuova forma di sensibilità al tema”.
Che rapporto ha arteficegroup con il tema sostenibilità? Quali sono in concreto le strategie che sta applicando il vostro gruppo per passare dalle parole ai fatti?
“Per arteficegroup non è un interesse dettato dai trend del momento, la sostenibilità è parte del nostro DNA: siamo stati fra i primi in Italia a ideare e produrre un packaging interamente riciclabile. Il cliente è Tramezzino.it, il progetto è stato realizzato nel 1999. Si tratta di un involucro sostenibile al 100%, senza neppure un punto colla, pensato in modo da minimizzare i materiali impiegati sia per economia di impatto che di sostenibilità di costi. Il concept è ancora in uso oggi e questo ci riempie di soddisfazione.
Sul mAGazine del sito arteficegroup trovate le nostre riflessioni: risalgono al primo trimestre del 2020, dove oltre a parlare di materiali per il packaging, del loro fine vita e di economia circolare, concentriamo l’attenzione anche su temi che non ci riguardano direttamente ma che comunque appartengono all’insieme di questo argomento tanto complesso. Parliamo di eco-innovazione, e-waste e impatto ambientale delle data-farm.
Abbiamo celebrato il nostro primo quarto di secolo con una campagna il cui claim, NO CHANGE. NO FUTURE, dichiarava apertamente la nostra posizione. Al nostro interno stiamo sviluppando un GreenHub. Un laboratorio concettuale a cui abbiamo cominciato a lavorare qualche anno fa. L’esperienza inizia con la nostra partecipazione, come sponsor e come docenza, al Master di Eco-packaging design del Politecnico di Torino. Si tratta di un’area dedicata alla ricerca e all’applicazione di sviluppi sostenibili nell’attività di branding.
Esattamente come l’attenzione alla sostenibilità anche il pensiero del GreenHub è destinato ad attraversare trasversalmente tutte le nostre aree di competenza verticale”.
Sembra che abbiate investito molto nella cultura aziendale riguardo al tema. Quali i progetti più attuali?
“Abbiamo diversi progetti per brand importanti che in un modo o nell’altro sono collegati al tema in maniera specifica.
Un esempio è il lavoro di eco-packaging design per la linea di giocattoli Chicco Eco+.
Abbiamo realizzato il design della matrice di tutti i futuri pack degli Ecosostenibili di Chicco, collaborato alla scelta dei materiali per la loro produzione, creato un sistema di icone organizzate attraverso un codice e un sistema di concatenamento, ognuna dedicata a specifici contenuti di comunicazione come, ad esempio, il materiale utilizzato per realizzare il giocattolo, quello per il pack o le emissioni di CO2.
A proposito della sostenibilità dei messaggi abbiamo per esempio l’operazione di promozione e di comunicazione basata su un concept di branding etico e socialmente utile che abbiamo realizzato, in collaborazione con WAMI, per il brand di un’importante acqua termale.
WAMI (Water with a Mission) è un’azienda italiana, certificata B Corp, il cui scopo è creare progetti legati all’accesso all’acqua potabile. Con questa promozione sta garantendo una fornitura di 50 milioni di litri d’acqua potabile ad una piccola comunità della Guinea Bissau. Chi fosse interessato può seguire la progressiva realizzazione del progetto online.
L’obiettivo è sempre identificare soluzioni che rendano la marca distintiva, unica e responsabile sia in ambito di comunicazione che in ambito di sostenibilità. C’è quindi un chiaro richiamo al nostro mission statement: valorizzare la differenza per creare unicità.
Voglio chiarire che non sto affermando l’assoluta sostenibilità di tutti gli output del nostro lavoro, sto dicendo che affrontiamo ogni progetto di branding, fin dalle fasi iniziali, ricercando soluzioni che si configurino nell’ottica della maggior sostenibilità possibile”.
Che impatto avrà in termini economici la sensibilità verso l’ambiente? C’è il rischio di una riduzione del profitto?
“Quando si affronta il tema della qualità della vita delle generazioni future e dell’ecosistema Terra, le questioni relative al profitto non dovrebbero essere prioritarie. Comunque, sono convinto che l’attenzione per la sostenibilità ambientale non significherà una decrescita del fatturato, tutt’altro. Nel medio periodo determinate logiche verranno premiate soprattutto in termini di brand reputation e di conseguenza anche economicamente.
I ragazzi che partecipano ai Friday for Future sono i consumatori di domani. La crescente consapevolezza delle persone rispetto all’ambiente in cui viviamo, la loro capacità di raccogliere e sintetizzare informazioni da fonti miste, premierà i brand che hanno preso coscienza del problema e hanno applicato strategie di contenimento del danno.
D’altra parte, le operazioni di puro green-washing saranno vissute come veri e propri peccati capitali, esattamente come l’inazione.
Lavorare per la sostenibilità oggi è un investimento sul domani. O meglio, un investimento perché un domani continui ad esserci”.