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La coda del Diavolo, su Sky arriva un Luca Argentero noir che non sorride. Poliziotto ingrigito e segnato dal tempo, ma sempre affascinante

di Maurizio Ermisino

“Un pescatore sa che il mare è pericoloso. Ma non è una buona ragione per restare a terra”. È una massima che sentiamo a un certo punto de La coda del Diavolo, il film Sky Original con Luca Argentero, in onda lunedì 25 novembre alle 21:15 su Sky Cinema Uno, in streaming su NOW e disponibile on demand. Su Sky il film sarà disponibile on demand anche in 4K. Tratto dal libro di Maurizio Maggi, edito da Longanesi & C., La coda del Diavolo è un noir, una storia oscura di sequestri, segregazioni, omicidi. Una storia di colpe e segreti. Al centro c’è Sante Moras, ex poliziotto con un dolore nel suo passato, che oggi fa il secondino. Quando viene arrestato Virdis, un uomo che ha sequestrato e ucciso una quindicenne, il capo di Moras gli chiede di sorvegliarlo, in isolamento, per due notti. Al mattino Virdis viene trovato morto, e ad essere incolpato è naturalmente Moras. A indagare, e a credere per prima alla sua innocenza è una giornalista, Beatrice Lai. La coda del Diavolo, è diretto da Domenico De Feudis (Il Legame), scritto da Nicola Ravera Rafele e Gabriele Scarfone, prodotto da Andrea Paris e Matteo Rovere, ed è una produzione Groenlandia e Vision Distribution in collaborazione con Sky. Nel cast ci sono anche Francesco Acquaroli e Cristiana Dell’Anna.

Luca Argentero inedito

È per questo, prima di tutto, che La coda del Diavolo intriga e incuriosisce.  Argentero è ingrigito, segnato leggermente dal tempo, ma è sempre affascinante. Il poliziotto tormentato, il personaggio da noir, per lui è una novità. “Ho scelto il personaggio perché è qualcosa che ti dà degli stimoli: mi era capitata poche volte una cosa così specifica” ci spiega l’attore. “Dopo vent’anni in cui pago il mutuo con i miei sorrisi, scegliere un film in cui non sorridi mai è singolare. Questo film ha dentro una cupezza particolare. Nella scena finale ho chiesto se potevo fare un mezzo sorriso, ma mi è stato detto di no. Fidarsi di una versione inedita di un attore protagonista è un atto di stima e di coraggio, per cui ringrazio i produttori”.

Contusioni e ferite

L’attore rimane sempre riconoscibile, ma a sua volta ha un aspetto nuovo. “Avevo 15 chili più di adesso, anche perché ora sono dimagrito per un ruolo” ci spiega. “Non so se la mia vita va in synch con i miei personaggi o se il lavoro si intromette nella mia vita, ma involontariamente ti sincronizzi con quello che stai facendo. Allora serviva una pesantezza, una stanchezza per il personaggio, che è quella che stavo vivendo due anni fa. Anche il lavoro sul trucco è stato particolare.  “Il film non ha uno svolgimento lungo: i fatti accadono in pochi giorni” riflette l’attore. “Il mio personaggio riceve tante botte dal bosco o dal cattivo di turno che le conseguenze sulla postura, i segni sul corpo erano piccole sottigliezze che rendevano interessante il lavoro. In ogni scena c’era un dettaglio di sangue, di zoppia, di contusioni e di ferite. Da attore è molto divertente, così come l’opportunità di provare qualche coreografia. Come nello scontro finale, un tipo di scena che viene coreografata e storyboardata prima”.

Detective tormentato

L’idea, che Sky sta portando avanti da qualche tempo (pensiamo a un altro prodotto simile, Ai confini del male) è creare in casa dei prodotti sullo stile di True Detective, la serie cult HBO che proprio Sky distribuisce su Sky Atlantic e su NOW, il suo servizio di streaming. In scena c’è sempre un poliziotto che, oltre al caso a cui indaga, ha un trauma dentro di sé. Qui il dolore di Moras è reso noto, anche se non approfondito. Forse lo sarà in un possibile prossimo capitolo. Chiediamo ad Argentero se in qualche modo ha trovato questo buio in qualche recondito angolo di sé. “Non lo so, a volte basta recitare” risponde. “È come quando Lawrence Olivier diceva a Dustin Hoffman, che si stava immedesimando nel personaggio, secondo il metodo: ‘maybe we can just speak the lines’, ‘forse basta che recitiamo le battute’. Invece del metodo, forse ho semplicemente recitato”.

Ci sarà un altro capitolo?

Oltre a True Detective, per il tono e i colori, il modello narrativo è un classico del cinema di Alfred Hitchcock, quello dell’innocente accusato ingiustamente, lo schema alla base di di film come Giovane e innocente e Intrigo internazionale. Come fa notare Luca Argentero, quello de La coda del Diavolo è un formato particolare. “Esaurire una storia così densa in 90 minuti, quando siamo nell’era delle serie, è singolare” spiega. “Ma credo che questo tempo sia stato utilizzato molto bene. Lo script ha creato dei personaggi precisi, puliti. E il film è intrattenimento puro”. Non è quindi una serie, ma è una storia che potrebbe continuare. Il caso viene risolto, ma lascia aperto lo scenario a qualcosa di più ampio, un po’ com’era Uomini che odiano le donne, dai libri di Stieg Larsson. La storia andrà avanti? “Perché no?” risponde Argentero. “Chiudono un caso. Ma la battuta finale lascia qualcosa aperto: ‘Le onde del mare non le riesci a fermare’. Mi è piaciuta l’idea che non ci fosse un vero lieto fine. Quando riusciremo a sradicare dal mondo la mafia, il male, il nero? È un invito a un potenziale seguito. Chissà che Moras le onde del mare non le riesca a fermare”.

Sardegna selvaggia

La coda del Diavolo è ambientato in una Sardegna selvaggia, bellissima e ostile, di cui il regista Domenico De Feudis ha un’idea molto particolare. “Sembra un paradosso girare una caccia all’uomo su un’isola” spiega. “Ma la Sardegna lo permette, è una terra magica dove la natura è predominante. Abbiamo insistito per girare il film in inverno, quando c’era poca luce. Essendo una caccia all’uomo abbiamo girato ogni giorno in un luogo diverso mi sono immaginato la Sardegna come una sorta di limbo, dove tre spiriti danteschi vagano. Sante Moras ha messo in standby la sua vita e attraverso l’azione la rimette in moto”.

Cristiana Dell’Anna, giornalista in cerca della verità

Ad affiancare Sante Moras nella sua ricerca c’è Fabiana Lai, una giornalista intraprendente interpretata da Cristiana Dell’Anna. “Una delle caratteristiche principali di Fabiana è l’ossessione verso la verità come fulcro della sua esistenza” ci rivela. “In qualche modo rappresenta la necessità che la nostra società oggi ha necessità di fare. Andare oltre il pregiudizio e andare oltre la prima impressione, che spesso prendiamo come vera e facciamo come nostra opinione. Andare oltre, leggere fra le righe, in mezzo agli spazi e smascherare quel pregiudizio che è solo il nostro modo di vedere le cose dovrebbe essere una cosa da fare per ognuno di noi. Distruggere il pregiudizio che tutti hanno di Sante Moras”. Ma che rapporto hanno gli attori con il giudizio degli altri?  “Vivo nel pregiudizio da quando sono nata” confessa Cristiana Dell’Anna. “Essendo donna è una cosa con cui devo convivere tutti i giorni, non è una cosa che dimostri e va via. C’è sempre qualcuno che ti dice: ‘però sei donna, quella cosa non la sai fare’. Ho un rapporto stancante con il pregiudizio: a un certo punto non ce la fai più e dici. Va bene, sono così. La mia via d’uscita è il mio lavoro, che a poco a poco ha creato un’identità. Non sto simpatica a tutti. Però mi affido a quel giudizio e pregiudizio per vedere cose di me che non vedo e avere fiducia in quello che sono”. “Sono venti anni che mi dicono che dovrei fare le cose in modo diverso da quello che dovevo fare, o mi dicono cose superlative quando le cose che faccio mi sembrano non all’altezza” è la risposta di Argentero. “Diciamo che mi fido del giudizio di pochi”.

Luca Argentero sarà un avvocato in Ligas, su Sky e NOW

In attesa di ritrovare il Sante Moras de La coda del Diavolo in un possibile prossimo capitolo, rivedremo Luca Argentero in un altro ruolo per lui inusuale. È Ligas, una nuova serie Sky e NOW, al momento in pre-produzione. “È un personaggio atipico soprattutto per me, più scabroso, meno familiare” commenta l’attore. “L’esempio è il Saul Goodman di Breaking Bad, un avvocato che scava nel marcio: è un penalista e sceglie la parte perdente, gli interessa non la difesa del bene, ma giocare con la legge”.

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