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Purtroppo sì, c’è ancora bisogno di parlare di gare. Creative, tecnologiche, strategiche, media, per comunicazione o dati, di produzione. Dovrebbe essere un processo win win, ma ancora troppo spesso la bilancia pende e non certo a favore delle diverse agenzie, ma alla fine neppure dei brand. Eppure converrebbe a tutti fare sistema

Marianna Ghirlanda
di Monica Lazzarotto

Gare, l’annosa questione. Da anni se ne parla, sempre ci si lamenta, ma forse ancora poco si è realmente fatto per la loro gestione ottimale. Giusto per rinfrescare le idee e non andare troppo indietro era il 2012, esisteva ancora AssoComunicazione e c’era Peter Grosser come presidente, il tema era monitorare le gare con la compilazione da parte del cliente di una scheda creata ad hoc, con indicato, tra il resto, agenzie coinvolte e rimborso spese.

Passiamo al 2017, Upa, Accocom e Unicom siglano un accordo con le linee guida per le gare private. Inutile dirlo, a livello teorico tutto sembrava funzionare: trasparenza, quindi indicazione nome agenzie invitate, suggerendo 3 come numero perfetto, definizione del budget, esplicitazione dei metodi e dei criteri di valutazione, tempi congrui, rimborso spese. Un anno dopo, in occasione dell’evento ‘Comunicare Domani’, è Marco Girelli, allora Vice Presidente Assocom, che a proposito di gare media, ma non solo, inizia a parlare della necessità di fare sistema. Viene accontentato, perché nel 2019  Upa si unisce a UNA con ‘Buona gara’ e si affronte il tema anche da un punto di vista culturale, invocando rapporti di partnership, perché la comunicazione serve a costruire la Marca, agenzie e aziende insieme. Unico neo che all’epoca si evidenziava è stata la difficoltà apoter veramente dialogare se il medium il più delle volte era il solo procurement.

Bene, arriviamo così a oggi. L’avrete letto, UNA, in collaborazione con The Great Pitch Company e VA Consulting, ha lanciato una nuova survey incentrata sull’analisi del tema delle gare in Italia. Si tratta di una ricerca quantitativa rivolta ai Ceo, Cfo e new business director di tutte le aziende della comunicazione italiane, anche quelle non associate. In più verranno coinvolte anche le aziende clienti.

Marianna Ghirlanda, presidente Centro Studi Una, nonché Ceo BBDO, c’è bisogno di un’altra ricerca, lo stato delle cose non è già sotto gli occhi di tutti, cosa vi aspettate di ottenere?

“Ci aspettiamo di portare l’attenzione della industry intera su questo tema, soprattutto degli investitori. Infatti se ne parla spesso, è un’annosa questione sotto gli occhi di tutti gli operatori, ma oggetto di attenzione solo di chi subisce gli aspetti negativi di queste pratiche, quindi agenzie e cdp”.

Chiacchierando con realtà di diversa estrazione, non solo creatività, dunque, ma anche tecnologia, dati, strategie, emerge chiaramente una situazione al limite del sostenibile. Ormai i procurement regolamentano una gara per ogni progetto o contratto strategico. E su questo nulla da eccepire, ma il tema del come sembra cancellare anni di lavoro di squadra. Ovviamente ci saranno casi eccellenti, ma possiamo dire siano eccezioni, almeno giudicando i bilanci che le diverse agenzie al loro interno fanno ogni anno, sia che si siano strutturate con un ‘team gara’ o che lo definiscano di volta in volta. Le gare alle agenzie costano e parecchio. Spesso ancora troppe le agenzie invitate (che fa subito pensare a un’indagine di prezzo più che di contenuti) e quelle con rimborso si devono cercare col lanternino. Come se ne esce?

“Non c’è una formula magica purtroppo, credo ci sia bisogno di confronto tra le diverse parti, che sia necessario parlarne e individuare modalità che garantiscano la sostenibilità economica del modello di business di tutti i player”.

Parliamo dei tempi. Importantissimi. Quindi cito tre criticità: Il tempo ridottissimo tra il brief e la consegna dell’audit. Il calendario, ossia perché così tante gare presentate o prima di Natale o agli inizi di agosto (è comunque vero che in Italia la mentalità dell’agosto chiuso deve cambiare…), quando poi le aziende vanno in vacanza, ma le agenzie sono costrette ancora a correre? Infine, i tempi di risposta. Eterni, che ti viene da pensare quale fosse il senso di tutta quella fretta, o ancora peggio, con casi in cui la risposta non arriverà mai. Marianna, senza voler puntare il dito contro nessuno, ma in un’era in cui si parla di responsabilità sociale, rispetto, etica, non c’è modo di capire che basterebbe così poco?

“Non voglio puntare il dito contro nessuno certo, ma credo che per molte cose che accadono non serva scomodare l’etica, spesso basterebbe appellarsi all’educazione. Infatti il numero delle gare a cui le agenzie non ottengono risposte resta significativo e credo che siamo tutti d’accordo nel valutare questa abitudine come un segno di estrema maleducazione. Per quanto riguarda le tempistiche strette e le gare chiamate prima delle vacanze, credo che chi agisce in questo modo dovrebbe pensare che dietro al progetto per una gara c’è un team di persone che ci dedica tempo e energia e che spesso lavora a queste attività aggiungendole ai compiti quotidiani che svolge normalmente. Purtroppo questa modalità di svolgimento delle gare provoca spesso stress e genera frustrazioni profonde nei team coinvolti lato agenzia”.

Nella nostra introduzione abbiamo fatto una sorta di carrellata velocissima su quanto in tema gare si sia fatto e detto negli ultimi 10 anni. Ma in cosa la situazione oggi è ancora diversa, insomma, tempi, remunerazione, trasparenza, sono ancora i soli temi o si aggiungono nuove criticità?

“Ai temi che sono all’ordine del giorno da più di un decennio, si aggiunge solo lo scenario economico che stiamo attraversando e che vede una costante riduzione dei budget e un estremo tentativo di ottimizzazione delle risorse da parte degli investitori che spesso è sinonimo di taglio dei costi fissi. Le ripercussioni di questi aspetti sono duplici: l’utilizzo dello strumento delle gare per ridurre il fee delle agenzie e ricorrere all’affidamento di progetti spot invece che scegliere un partner con il quale costruire una relazione duratura e di lungo periodo che permetta all’agenzia di ammortizzare i costi di gara.

Perché è comunque importante che più agenzie possibile partecipino a questa nuova indagine e quando ne vedremo i risultati?

“Perché cerchiamo di ritrarre uno scenario che sia più possibile aderente alla situazione reale e rappresentativo dell’intero mercato, che è sempre più eterogeneo e frammentato”.

Una domanda, l’ultima, non sarebbe stato utile fare un lavoro di questo tipo in modo congiunto con Upa? Insomma, perché certe questioni non si capisce che risolverle farebbe il bene di tutti perché parte del medesimo sistema e soprattutto perché mossi dal medesimo obiettivo, qualità e ‘giustezza’ dei progetti, pro bilancio, soddisfazione e benessere di tutti?

“Si certo, collaborare con i clienti è il fine ultimo di questo genere di iniziative. UPA ci è stata sempre molto vicina su questo tema e abbiamo in programma molte attività di confronto che speriamo possano coinvolgere e essere di interesse per i loro associati con uno spirito costruttivo che ci permetta di migliorare reciprocamente”.