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Gli italiani e il consumo di notizie in Tv: pur restando la tv il principale mezzo di informazione, non è vero che i più istruiti e ricchi siano i più informati. Inoltre, a far abbandonare la visione dei telegiornali non sono le hard ma le soft news. Meditate media, meditate

Lo dice un paper ultimato di recente da Marco Gambaro,Università Statale di Milano, Valentino Larcinese, London School of Economics, Riccardo Puglisi, Università di Pavia, e Jim Snyder, Università di Harvard.  La ricerca prende in esame gli ascolti e gli abbandoni dei sei principali telegiornali serali, anche in funzione delle tipologie di notizie trasmesse. Per gli ascolti vengono utilizzati i dati elementari Auditel minuto per minuto dal gennaio 2009 al dicembre 2010, mentre le notizie trasmesse ogni sera dai telegiornali sono codificate partendo dai dati dell’Osservatorio di Pavia. Complessivamente sono disponibili circa 77 milioni di osservazioni.

I dati Auditel consentono di studiare i comportamenti individuali rilevati in modo passivo. Molti dei lavori sul consumo di informazione giornalistica sono basate su dichiarazioni degli intervistati. Sia negli Stati Uniti che in Italia si rileva una tendenza a sovrastimare i consumi di telegiornali.

Gli spettatori dei telegiornali tendono a cambiare canale più durante le soft news che durante le hard news, e questa propensione ad abbandonare il programma cresce man mano procede il telegiornale.

La probabilità che uno spettatore guardi un telegiornale è collegata al consumo televisivo complessivo. Le stesse variabili demografiche che consentono di prevedere la durata del consumo televisivo giornaliero tendono a prevedere anche la visione del telegiornale.

Nonostante la televisione continui ad essere la principale fonte di informazione, la maggior parte degli italiani non guarda il telegiornale tutti i giorni.

Sia negli Stati Uniti che in Italia si rileva una tendenza a sovrastimare i consumi di telegiornali. Confrontando i dati Itanes (Italian National Election Study) con le rilevazioni Auditel emerge come l’80% degli italiani dichiarino di guardare un telegiornale tutti i giorni, mentre quelli che in un qualsiasi orario guardano almeno 5 minuti di telegiornale tutti i giorni sono meno del 3%. E tale differenza non può essere attribuita alla diversità di metodologie in quanto le risposte alla domanda su quale telegiornale si guarda corrispondono ai comportamenti effettivi che emergono dai partecipanti al campione Auditel.

Il consumo televisivo è correlato a variabili demografiche quali età, istruzione e sesso. Le persone più giovani e più istruite guardano meno televisione. Le stesse variabili consentono di prevedere il consumo di notizie, che vanno da 16 minuti al giorno per chi è laureato a 34 minuti per chi ha la licenza elementare, oppure da 39 minuti per i 70enni a 12 minuti per i 30enni. La quota di tempo dedicato alle news rispetto al totale dell’ascolto televisivo è di circa il 10-11% ed è costante tra i vari sottogruppi demografici eccetto che per l’età dove scende al calare dell’età.

Nei primi 5 minuti dei telegiornali le hard news (politica, economia, esteri) costituiscono oltre il 50% dell’emesso, mentre le soft news (sport, intrattenimento, moda, celebrities) sono sotto il 10% all’inizio e crescono fino ad oltre il 50% verso la fine. È importante dunque studiare anche il momento in cui i singoli telespettatori cambiano canale.

Un fatto comunemente accettato dalle analisi politiche è che le persone più istruite e più ricche siano più informate. Ma dall’analisi risulta che le persone meno istruite seguono più informazione giornalistica delle più colte e anche più minuti giornalieri di hard news.

Nel modello econometrico centrale del paper la decisione di cambiare canale viene messa in relazione con il fatto che in quel minuto sia tramesso una notizia hard, soft o ‘sensazionale’.

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