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Donne e maschi che non ce la fanno. Antonia, la nuova serie Prime Video con Chiara Martegiani e Valerio Mastandrea, in streaming dal 4 marzo, racconta di una malattia come l’endometriosi, ma soprattutto di loro. E si candida a essere una delle serie italiane dell’anno

di Maurizio Ermisino

Nessuno riflette molto su questa cosa: il pollo è sia maschio che femmina per sei mesi. Poi, anche se non lo decide lui, o resta pollo (cioè viene ammazzato), o viene fecondata e diventa gallina. È questa la metafora che sta alla base di Antonia, la nuova serie con Chiara Martegiani e Valerio Mastandrea, diretta da Chiara Malta, che è stata presentata ieri a Roma e sarà disponibile in streaming su Prime Video dal 4 marzo. Prodotta da Groenlandia e Fidelio, si candida già ad essere una delle serie italiane dell’anno.

È il giorno del 33esimo compleanno di Antonia (Chiara Martegiani), attrice. La sera della festa, e il mattino dopo, litiga con tutti, viene licenziata e, dopo una caduta, finisce in ospedale. È qui che scopre di avere l’endometriosi, una malattia cronica che, senza che Antonia se ne sia mai resa conto, ha influenzato tutta la sua vita. Per provare a curare la malattia, si tratta di decidere se avere un figlio, oppure avere una menopausa indotta. Da qui la metafora del pollo e della gallina. “Dall’endometriosi si sta meglio o se si diventa mamme o se si smette di diventare fertili, cioè donne” commenta Valerio Mastandrea. “È la metafora delle richieste e delle pressioni della nostra società. Se sei madre sei donna, altrimenti no”. Quando Antonia va dalla psicologa, questa le dice “se non si cambia si muore”. Anche questa è una cosa che rappresenta la nostra società.

Antonia è un personaggio che è nato perché avevo un’esigenza di raccontare un momento della mia vita particolare” racconta Chiara Martegiani. “Stavo vivendo una crisi d’identità lavorativa, e non solo: avevo 31 anni e non sapevo cosa volevo dalla mia vita. Questo momento lo stavano vivendo tante ragazze della mia età. È un momento in cui di domande te ne poni tante. Ho pensato che poteva essere interessante raccontare una giovane donna di trent’anni, in crisi. Ho parlato con le sceneggiatrici e a loro questa storia è piaciuta molto. Mentre stavamo in fase creativa mi è stata diagnosticata l’endometriosi. E ho pensato che poteva essere l’occasione di raccontare questa malattia. E dire che bisogna prendersi cura di se stessi”.

Chiara Martegiani, anche autrice della serie insieme a Elisa Casseri e Carlotta Corradi, tra scrittura e interpretazione riesce a disegnare un ritratto di donna memorabile. “Dolcemente complicata”, come cantava Fiorella Mannoia. All’inizio, in realtà, è solo complicata, è più “certe giornate amare, lascia stare”: Antonia è urticante, scontrosa, insopportabile. Eppure adorabile, anche perché capiamo che un motivo perché è così ce l’ha. Il tutto è raccontato con una grande ironia. “Per me era fondamentale raccontare questa storia con leggerezza” spiega Chiara Martegiani. “Nella vita prendo tutto con ironia e ho pensato che potesse essere la chiave giusta”. “Ho cercato di fare in modo che la messinscena fosse lo sguardo di Antonia” aggiunge la regista Chiara Malta. “È tutto una sua emanazione. La sua ironia doveva ricoprire tutti i luoghi, i personaggi. È lei che punta il dito. È lei che ricorda. Mi piaceva questo suo essere scassata, non performante”. “Abbiamo preso una palla di spugna e messa sotto la macchina da presa per dare questo senso di instabilità. Volevo un formato anamorfico. Volevamo una serie moderna, e pop, ma vera”.

Labbra rosso Coca-Cola, come diceva un’altra canzone, occhi neri enormi, vispi e caldi, Chiara Martegiani in Antonia ha un viso che buca lo schermo e un corpo che lo riempie e detta la linea del film. Le gambe lunghissime, l’andatura disordinata e dinoccolata. La sua falcata nervosa e veloce detta il ritmo della serie, che è fremente e indiavolato. “La cosa che mi interessa è scassare tutti i personaggi” commenta Chiara Malta. “Non mi piacciono le cose strutturate. La scena in cui scassiamo la cucina penso sia l’essenza di tutta la serie”.

Antonia è in parte un racconto autobiografico di Chiara Martegiani, c’è dentro la sua vita e un momento preciso. Ma dentro c’è la storia di molte altre donne. L’endometriosi è una malattia di cui si parla poco, ma che è molto diffusa. Ma tante donne si potranno ritrovare in tante cose, o solo in qualcuna, nelle grandi cose, o nelle piccole. Elisa Casseri e Carlotta Corradi, le sceneggiatrici, hanno messo molto di sé in questa storia, anche provando “sul campo” tante situazioni che vediamo nella serie. “Siamo partite dalle esperienze personali di tutte: volevamo mantenere l’autenticità” spiega Elisa Casseri. “Così io e Carlotta siamo andati da una psicologa, e io ho finto di essere Antonia. Abbiamo fatto il viaggio sciamanico, lo psicodramma. Ci siamo trovate tutte insieme a fare queste serie”. “Ci siamo tutte trovate sul fatto di dover chiedere aiuto” interviene Carlotta Corradi. “La chiave ironica non è neanche stata scelta così precisamente in partenza: il tono è quello che è venuto. Un po’ ci devi ridere sopra su queste cose”.

Chi fa ridere, a ogni sua apparizione in Antonia, è Valerio Mastandrea, compagno di Chiara Martegiani nella vita e sul set, che qui porta il suo spleen tragicomico, il suo lavoro di sottrazione, il suo perenne understatement. Tra Antonia e Manfredi, il suo compagno, c’è scontro ma comprensione, c’è crisi ma non chiusura. Come si è arrivati alla costruzione di un personaggio maschile così positivo? “Semplicemente perché io non sono così…” scherza Mastandrea nel suo continuo schernirsi. “Abbiamo avuto la fortuna e la sfortuna di far crescere questo lavoro nella nostra casa. Abbiamo creato un uomo perfetto, straordinario, che fa un lavoro umile, è comprensivo, aggiusta tutto. Una persona così pura e sana che io non sono. Abbiamo voluto raccontare quelle crisi che portano costruzione”. “Abbiamo costruito un maschio non stereotipato” continua Mastandrea. “Pensate al fatto che, davanti a una richiesta di genitorialità e al rifiuto di una donna avremmo avuto altre reazioni, cose del tipo: non ti parlo più.  Dobbiamo raccontare maschi che la cultura non ci ha mai raccontato, maschi fragili che nella loro fragilità trovano la loro sicurezza”. Qualcuno chiede a Mastandrea del suo ruolo di consulente artistico, in un lavoro creato tutto da donne. “La complessità di genere il nostro lavoro deve affrontarla in maniera sana” commenta l’attore. “Oltreoceano lo stanno facendo peggio di noi, esagerando”. “Sono 30 anni che interpreto maschi che non ce la fanno, ma si vede che non ho influito nella cultura, il maschio dominante persiste ancora” afferma con un sorriso amaro. “Troisi lo faceva 40 anni fa, raccontava un maschio che perdeva: non lo faceva per tendenza, ma per un motivo culturale, permetteva di esplorare un maschio diverso in modo ironico”.

Chiara Martegiani e Valerio Mastandrea sono le punte di diamante di un cast azzeccato e in parte. Chiara Caselli è la madre problematica di Antonia, Emanuele Linfatti è Michele, uno sconosciuto che diventa amico di Antonia, Tiziano Menichelli è Nico, il figlio di Manfredi, e Hildegard Lena Kuhlenberg è Gertrud, la pittoresca agente di Antonia. E, soprattutto, ci sono Marco (Leonardo Lidi) e Radiosa, una coppia che ha appena avuto una bambina. A interpretarla è una perfetta Barbara Chichiarelli. “Radiosa è il contraltare di Antonia” spiega.  “È una donna che ha appena partorito e si sente esclusa dalla vita che aveva prima. Che non si sente spalleggiata dal compagno. È molto simile ad Antonia come carattere. Ho pensato che fosse importante rimanere su questa linea, che radiosa rimanesse isterica. Mantenere il chiaroscuro. Antonia è una donna che reagisce a molte situazioni in maniera maschile”.

La serie ha avuto un effetto terapeutico per me, riguardo al mio lavoro” conclude Chiara Martegiani. “Per quanto riguarda l’endometriosi, ho avuto un percorso e sono diventata mamma. Per cui oggi sono una persona diversa rispetto a quando ce l’avevo”. Quando Valerio Mastandrea parla di maschi che non ce la fanno, la regista Chiara Malta interviene appassionata. “Ma anche le donne non ce la fanno” riflette. “Ci hanno dato dei modelli inarrivabili. L’emancipazione ci ha dato questo, ci ha detto che dobbiamo essere dei supereroi, invece bisogna cominciare a raccontare una donna che non ce la fa”.

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