di Maurizio Ermesino
Dal 1 novembre 1978 al 1 novembre 1973. Nuovo Olimpo, il nuovo film di Ferzan Ozpetek, è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma e sarà disponibile in streaming su Netflix proprio dal 1 novembre. Una data strategica, perché è una data che nel film torna spesso. È il 1 novembre del 1978 quando due giovani, Enea e Pietro, si incontrano sul set dove lui sta facendo l’aiuto regista. Sarà una data che ritornerà, lungo gli anni, per raccontare la storia di questi due ragazzi che si perderanno di vista e si sfioreranno più volte: 1 novembre 1990, 1 novembre 1993, 1 novembre 2015. Nuovo Olimpo è il cinema dove Enea e Pietro, si incontrano poco dopo quel primo sguardo. Un incidente, durante una manifestazione, farà saltare un appuntamento, ed Enea e Pietro si perderanno di vista. Le loro vite andranno avanti, ma quel ricordo non svanirà mai del tutto.
Per la prima volta un film di Ozpetek non esce in sala ma direttamente su Netflix
Nuovo Olimpo, film n. 14 nella filmografia di Ferzan Ozpetek, è importante. Perché mette un punto e a capo raccontando una storia semiautobiografica e chiude un cerchio. Ma anche perché, per la prima volta, un suo film non esce in sala ma direttamente su una piattaforma, cioè Netflix. (Su un’altra piattaforma, cioè Disney+, era arrivata la sua prima serie tv, Le fate ignoranti, ma quella è un’altra storia). “Non sono abituato a lavorare in questo modo” racconta divertito Ozpetek. “Il responsabile della produzione mi diceva: ‘se vuoi ricostruire una strada degli anni Settanta falla’, ‘se vuoi girare una scena per una settimana falla’. Io dicevo che così per me non era facile: a me devi mettere dei limiti”. Detto in parole povere: oggi per un regista lavorare con una piattaforma di streaming permette budget che il cinema per la sala non può assicurare.
Ozpetek e Netflix: “È stato magico lavorare insieme”
Mai si presuppone che ci siano anche più vincoli e paletti. Almeno questo è quello che si dice quando si parla di piattaforme. “Quando è arrivato il momento del montaggio, molti miei colleghi mi hanno detto: ‘adesso sono affari tuoi’” continua sorridendo Ozpetek. “Invece quelli di Netflix sono arrivati, hanno visto il film, mi hanno detto il loro pensiero. Un regista è molto attaccato alle scene, io sono molto aperto. Su alcune cose ho detto che avevano ragione, su altre secondo me avevo ragione io, e sono stati d’accordo con me. È stato magico lavorare insieme”.
Ozpetek: Entrare nelle case delle persone in 190 paesi mi piace
È curioso però che un film in cui pare quasi di sentire l’odore dei vecchi cinema, la sensazione di sedersi sulle sedie di legno, che celebra i cinema non solo come sala per vedere i film ma anche come luogo di socializzazione, di amori clandestini e scambi fugaci, non esca in sala. “Non uscire in sale è una sensazione strana, certo” riflette Ferzan Ozpetek. “Uscire su Netflix, guardare il film in casa, è come fare una cena in due, in tre, vedere il film in sala è come fare una cena con venti persone”. Però i miei film sono usciti nel mondo ma non sono entrati così tanto nelle case delle persone. Entrare nelle case delle persone in 190 paesi mi piace. Certo, una cosa mi spiace per i miei attori ma non per me: non avrò l’ansia dei premi. Se poi cominceranno ad arrivare messaggi dall’Australia e dalla Tailandia in cui mi scrivono ‘che film hai fatto?’ comincerò a preoccuparmi”
Ferzan Ozpetek è più libero di osare
Quello che vedremo su Netflix è sempre lo stesso Ferzan Ozpetek, ma è anche un Ozpetek nuovo. I toni del film sono quelli del mélo, come è stato per tutta la sua carriera; i colori sono quelli caldi, pastosi, dominati dal rosso. C’è il suo cinema basato sullo sguardo, sulle espressioni dei volti prima ancora che sulle parole. È un Ozpetek nuovo nel senso che, probabilmente, sapere che il proprio film andrà su una piattaforma, dove non sono imposti divieti di un certo tipo, lo rende più libero di osare. Ed è così nelle scene di sesso, nei nudi, nella passione. Se in alcuni suoi film molte di queste cose erano suggerite, qui Ozpetek prova a renderle più esplicite.
Ozpetek: Non racconto l’omosessualità, ma le persone come sono fatte
C’è un momento in cui Enea, il protagonista del film, che è diventato un regista, ed è chiaramente l’alter ego di Ozpetek, risponde a una domanda sull’omosessualità nei suoi film. “Un critico americano, in occasione dell’uscita de La Dea Fortuna in America, mi disse che ero stato troppo in anticipo sui tempi quando avevo diretto Il bagno turco e Le fate ignoranti” racconta il regista. “Così, nelle videoteche, i miei film sono finiti nel reparto gay, una cosa che mi ha lasciato sorpreso. Io non racconto omosessualità ed eterosessualità. Racconto le persone come sono fatte, sena avere censure nella mia testa. Sarà bello quando non ci saranno i locali gay, i locali per gli altri, ma i locali per tutti”.
Luisa Ranieri: “Il mio ruolo è un omaggio a Mina”
Il film lancia una schiera di giovani attori Damiano Gavino e Andrea Di Luigi sono Enea e Pietro, i protagonisti, Aurora Giovinazzo è Alice, amica, e forse qualcosa di più, di Enea, e Alvise Rigo è colui che diventa il suo compagno. Nel cast ci sono anche Giancarlo Commare, che è Molotov, un avventore del cinema, Jasmine Trinca, attrice del film a cui Enea sta collaborando e che vediamo nella prima scena, e Greta Scarano, nei panni di Giulia, che diventa la moglie di Pietro. Ma a rubare spesso la scena è una Luisa Ranieri quasi irriconoscibile nei panni di Titti, la cassiera del cinema Nuovo Olimpo. “Ferzan voleva fare un omaggio a Mina” racconta l’attrice. “Così interpreto una cassiera che imita, che vorrebbe essere un po’ Mina. E poi insieme ogni scena l’abbiamo costruita, abbiamo cambiato delle battute, aggiunto delle cose. Quella solitudine che abbiamo visto nelle ultime scene andava raccontata anche prima. E così è nata l’idea di metterla sempre al telefono, come se parlasse sempre con qualcuno, mentre in realtà non aveva nessuno. Sulla carta era un ruolo molto piccolo, ma insieme l’abbiamo farcito”.