Non una gara ma una consultazione privata
Considerato che un nuovo logo rappresenta in qualche modo una dichiarazione di intenti e di indirizzo, volendo il meglio si è chiesta consulenza a più operatori, che hanno presentato le loro proposte (a quanto risulta a youmark tra loro, Studio Fabio Novembre, Lissoni & Partners, Carmi e Ubertis, Inarea di Antonio Romano), concordando comunque al 95% sul ritorno a GNAM. Commenta Mazzantini: “Non si è trattato di gara ma di consultazione privata, comunque agli atti. Ho ricevuto proposte bellissime e sono stata confortata nella scelta di tornare a GNAM, visto che la quasi unanimità del loro parere in merito. Ho imparato, infatti, che per cambiare nome a un’azienda, a un istituto museale così come a una realtà istituzionale, occorre spendere molto in pubblicità e questo non è compatibile con i nostri budget. Dopo otto anni, infatti, il tentativo di chiamare la GNAM, Galleria Nazionale non aveva fatto breccia nel cuore delle persone e neanche nell’immaginario collettivo. In quanto alle polemiche, dunque, fanno capire che fondano su altri obiettivi, o sono capitanate da haters. Molti musei, infatti, hanno cambiato i loro loghi negli ultimi anni e generalmente quasi tutti con affidamento diretto, visto che il budget lo consente. Se sulla GNAM si è fatto un caso, forse, bisognerebbe domandarsi perché…”.
La C del logo
A convincere del logo di Lorenzo Marini è stata la dinamicità di una C che cambia continuamente, rappresentando l’essenza del contemporaneo. Può mutare ispirandosi a un quadro nuovo acquisito, o a una mostra allestita, o in onore all’artista dell’anno. Il nome è GNAM, la C non si legge, è pittorica, è un’immagine, è lettera che si trasforma vestendo via via obiettivi di comunicazione differenti.