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Covid-19: ‘convinceteci che usciremo migliori da questa crisi’. E’ la sfida che lanciamo ai copy della comunicazione italiana. Un foglio bianco per dirci come saremo. Ecco il ‘dopo’ di Vincenzo Pastore

Vincenzo Pastore, freelance già da prima del Coronavirus:

“Cosa succederà domani. Innanzitutto bisogna capire questo domani temporalmente dove esattamente si colloca, perché questo potrebbe fare una bella differenza.

Se domani è tra 15 giorni, probabilmente le cose torneranno a quella parvenza di normalità che avevamo prima. Bene o male che sia.

Se questo domani invece decidesse di farsi desiderare per mesi, allora le cose cambierebbero e non di poco, secondo me. Bene o male, vedremo.

A livello sociale abbiamo dimostrato di essere fragili, sentendo il peso oppressivo dei metri quadri con i quali siamo stati costretti a convivere e per i quali, lo ricordo, abbiamo lavorato.

La mia parte romantica dice che abbiamo forse scoperto o riscoperto, a seconda dei casi, i legami veri e profondi e quella condivisione che, paradossalmente, è stata sì digitale ma solo per caso. Penso sia stata la socialità multimediale più umana che si sia mai vista.

Ci siamo mostrati per com’eravamo (spesso in pigiama e con le ciabatte ma poco importa).

La mia parte cinica invece mi dice che abbiamo avuto la conferma, se mai qualcuno ne avesse voluta la prova, che non sappiamo rallentare senza dare di matto. Che ci è pesato stare insieme ai nostri figli più dei 5 minuti al dì. Che abbiamo avuto seri problemi a rispettare delle semplici regole. Che siamo fragili come non mai. Che in fondo, sotto a quel pantofolaio cronico si nasconde l’animo di un runner.

Ci siamo scoperti supercreativi, postando materiale spesso ai limiti del ridicolo, solo per far sorridere e forse per dire che eravamo ancora vivi.

Ad oggi, parlo di noi reclusi e non di quelli che si stanno facendo il mazzo in Ospedale, quello che ci ha tenuto in vita e ancora legati alla salute mentale è stata la connessione. Proprio così. Il nostro equilibrio mentale affidato alla velocità del wifi. I computer sono stati i nostri respiratori, senza i quali altro che finire a testa in giù. A tal proposito, leggevo proprio in queste ore, che anche su quel fronte c’è preoccupazione perché la rete è satura. E lì apriti cielo.

Questa è la promessa sul contesto.

Ora veniamo a noi che facciamo questo lavoro. Se mi resterà qualcosa di positivo di tutto questo è la soddisfazione di vedere il telelavoro non più come una meschina manovra usata spesso dai freelance come me per farsi pagare senza fare una mazza da casa.  Cavolo, ma ci rendiamo conto della rivoluzione silenziosa che sta avvenendo? Per anni, da freelance, sono stato obbligato a stare in agenzia, come un dipendente tredicesima-munito. Per anni mi sono dovuto alzare, fare km per fare quello che sostanzialmente oggi tutti facciamo in pigiama nel nostro studio o in salotto. Voglio che resti questo. La fiducia delle agenzie e dei clienti verso questa ‘nuova forma’ di professionalità.

Ma a parte questa speranza, temo che ci saranno anche ripercussioni negative anche se, ne sono convinto, ripartiremo. Gli investimenti riprenderanno e la fiducia lentamente si farà spazio. Sono un pessimo ottimista ma pur sempre ottimista. Ma pessimo, lo so.

Noi freelance, e di questo ne sono purtroppo certo, pagheremo sicuramente un prezzo molto alto per tutto questo.

Perché ad oggi siamo bloccati in casa, lavorando su progetti che già avevamo tra le mani. Domani poi chissà.

Spero che molte agenzie di comunicazione non prendano questo momento, che in quanto tale passerà, per continuare a decimare i reparti creativi.

Messaggio alle agenzie: NON INTASATE LE PARTITE IVA. Siamo già saturi e non c’è più posto.

In realtà il Covid-19 in pubblicità c’è da tempo. Un virus che negli ultimi anni ha colpito prevalentemente gli anziani, ossia gli over 40, con una tale virulenza che l’ambulanza spesso non ha avuto nemmeno il tempo di mettere in moto. Ecco, vorrei che non accadesse questo ma che le agenzie e i clienti investissero in positività, in professionalità e in potenzialità.

Sento in giro dire che le cose non saranno più come prima. E questo spero sia un’opportunità e non un limite.

Spero non siano più come prima in tutte quelle negatività che hanno rallentato il nostro sviluppo.

Spero che non siano più come prima nelle modalità obsolete di lavoro.

Spero che non siano più come prima nella valorizzazione del talento.

Spero che non siano più come prima perché dobbiamo per forza di cose andare avanti.

A livello sempre lavorativo spero che questo virus, fatto di libertà e di nuove visioni, ci contagi il più possibile.

Se non altro abbiamo scoperto che tutti possiamo essere influenzer. Che tutti possiamo cantare affacciati ad un balcone. Che tutti possiamo postare ricette o consigli. Insomma, forse ne usciamo un pochino tutti multimediali e per un vecchio dinosauro come me, ucciso da un virus tanti anni fa, non è affatto male”.