di Maurizio Ermisino
Sono i giorni del dibattito sugli attori e le attrici da popcorn, dopo che il discorso ai Golden Globe di Demi Moore di cui vi abbiamo parlato ha acceso i riflettori su questo tema. Essere attori da popcorn vuol dire essere protagonisti di film dall’appeal commerciale, per capirci. E il rischio è di rimanere rinchiusi in quella gabbia. Qualcuno ha fatto notare che questo accade anche nel cinema italiano ed è raro vedere registi che credono che ci siano artisti in grado di andare al di là degli steccati. Uno di questi è Roberto Andò, Autore con la A maiuscola, che ha creduto in Ficarra e Picone, tanto da chiamarli a recitare in un film come La stranezza, accanto a un mostro sacro come Toni Servillo. La stranezza, creato intorno alla figura di Luigi Pirandello, è stato uno dei casi cinematografici di due stagioni fa. Roberto Andò, per piacere e non per fini commerciali, ora ha riunito lo “strano trio” per un altro viaggio, quello de L’abbaglio, il suo nuovo film che è stato presentato ieri a Roma ed è in uscita al cinema dal 16 gennaio. Ancora una volta viene riletto un personaggio storico, e la sua vicenda viene intrecciata con dei personaggi di fantasia. Toni Servillo è Vincenzo Giordano Orsini, colonnello che partecipò all’impresa dei Mille di Giuseppe Garibaldi. Siamo nel 1860. E tra i Mille che vengono arruolati ci sono Domenico Tricò (Salvo Ficarra), un contadino siciliano emigrato al nord, e Rosario Spitale (Valentino Picone), un illusionista e un baro.
Da Pirandello de La stranezza al Garibaldi de L’abbaglio
La storia, legata a Garibaldi, è quella del colonnello Orsini. “Quando facevamo i sopralluoghi pe La stranezza dicevamo: faremo una trilogia” spiega Roberto Andò. “Mi è venuta in mente una storia sul colonnello Orsini che era possibile solo grazie a questi attori. Raccontare uno spazio e un tempo che sono quelli di un momento di cambiamento. Il Risorgimento è uno di quei periodi in cui tutto potrebbe accadere, volgere tutto al meglio o al peggio, in cui si incrociano le illusioni e le disillusioni, incarnate rispettivamente dal colonnello Orsini e dai due personaggi di finzione, Rosario e Domenico. Lo spazio è la Sicilia, il tempo è il 1860. Che è l’anno in cui si svolge Il Gattopardo: Orsini è un anti-Gattopardo, un personaggio aristocratico, ma democratico mazziniano. Il film si muove in questo spazio in maniera libera, per renderlo vivo e renderlo uno strumento utile oggi. È una parabola che si conclude in un luogo, che è l’imbuto che ci porta al presente. È una rivoluzione che si è compiuta perfettamente o ha lasciato fuori qualcosa che non si è realizzato?”
Roberto Andò e Toni Servillo hanno lo stesso sentire
Sono al quarto film insieme ed entrambi hanno appena debuttato a teatro. “Siamo persone che praticano il teatro in maniera militante parallelamente al cinema” racconta Servillo. “Roberto ha la capacità di intensificare la realtà attraverso la fantasia, in modo che possa incuriosire il pubblico e possa farlo entrare in certi argomenti non attraverso la cronaca o la storia come viene insegnata. Le sue sceneggiature ci portano ad avere fiducia nel racconto e quindi ad avere un’efficacia espressiva”. “Ho preso molte lezioni per imparare ad andare a cavallo, non ero mai andato in vita mia” svela poi l’attore. “Alle Capannelle, vicino all’ippodromo, c’è un maneggio. È una delle occasioni che il cinema offre per fare cose che nella vita non faresti mai”.
Servillo, Ficarra e Picone ormai sono un trio
Come La stranezza, anche L’abbaglio vive su un concetto caro a Pirandello, il sentimento del contrario dal quale spesso scaturisce la comicità. Toni Servillo e Ficarra e Picone sono l’uno il contrario degli altri. I silenzi e gli sguardi intensi dell’uno contro le parole in libertà degli altri, la staticità carismatica del primo contro la frenesia del duo comico. All’interno di questa dialettica c’è poi quella interna alla coppia Ficarra e Picone, più attivo e rissoso il primo, più passivo e bonario il secondo. E anche in conferenza stampa, dopo le parole intense di Servillo, arrivano quelle sempre divertenti del duo. “Ci siamo preparati a lungo a questo film” scherza Salvo Ficarra. “Mentre Toni Servillo imparava ad andare a cavallo, noi abbiamo lavorato per anni sul dialetto siciliano”. “È il secondo film che facciamo in trio, prima mi chiedevano: dov’è Picone?. Ora mi chiedono: dove sono Servillo e Picone. Me lo chiedono anche in vacanza. Quando hai una sceneggiatura ben scritta e dove i personaggi sono affrontati bene, il lavoro è più semplice”. I tre attori e Andò ormai sono una squadra. “La prima volta è nata dal desiderio di fare un film insieme” spiega Ficarra. “Il secondo dal desiderio di Roberto di frequentare di nuovo un posto in cui era stato bene, non certo per il successo commerciale del primo film, perché Roberto non è il tipo”.
Nel nome di Sordi e Gassman
Il modello, nel caso dei due personaggi di Ficarra e Picone, sono i Sordi e Gassman de La grande guerra, due italiani medi, opportunisti, chiamateli pavidi o vigliacchi, che però possono riscattarsi. O forse no, perché la vita, spesso, è un abbaglio. “Sono due colleghi che stimiamo” dice con evidente ironia Salvo Ficarra. “Ma ci dovete dire chi è Sordi e chi è Gassman. C’è chi dice che siamo tutti e due Sordi… sordi nel senso che non sentiamo. “Era tutto nei personaggi” si fa più serio Ficarra. “Sono quel tipo di personaggi di cui si dice che il cielo li ha buttati e la terra li ha raccolti. Sono due persone molto piccole che non hanno la consapevolezza del mondo e del cambiamento che stanno vivendo. Sono semplicemente due persone che stanno fuggendo, lui perché è un baro, io perché sto tornando dalla mia fidanzata. La Storia li riporta dentro. Ma neanche lì non si rendono completamente conto del momento: si rendono conto delle persone che hanno accanto, loro sì mosse da ideali. Colpisce una delle prime scene, dove si sentono molti dialetti: riunire l’Italia era il sogno di altri, loro non ce l’avevano. Ma lo ritrovano. Sono due disillusi che hanno un risvolto umano importante”. “Sono due personaggi molto più intelligenti” aggiunge scherzando Valentino Picone.
L’abbaglio è diverso da La stranezza
Come detto, L’abbaglio riprende la formula de La stranezza, mettendo insieme i mondi di Servillo e di Ficarra e Picone e rielaborando ancora la storia con la fantasia. È però un film completamente diverso. Qui lo script è meno intrigante e affascinante di quel viaggio intellettuale che era La stranezza. Va detto che il mondo di Luigi Pirandello, genio della letteratura e del teatro, e dei suoi Sei personaggi in cerca d’autore, è qualcosa di unico. La natura visionaria e ricercata delle sue opere permetteva un gioco complesso, articolato e metanarrativo: la vita entrava nel teatro, il teatro nel teatro, il teatro nel cinema. Anche La storia del Risorgimento è affascinante, ma è più difficile giocarci con l’immaginazione. Lo schema narrativo che viene creato, poi, permette allo strano trio di interagire di meno rispetto all’altro film. Roberto Andò, inoltre, nel film non riesce completamente a far sentire la paura della morte e il dolore della guerra.
Cinema popolare e di qualità anche grazie a un nuovo trio di produzione
Torniamo al tema da cui siamo partiti, ossia il cinema da popcorn, L’abbaglio, come La stranezza, è da apprezzare per la capacità, più unica che rara, di fare un film popolare e allo stesso tempo di qualità. E di mettere insieme tre grandi produttori, tre mondi a parte. Sono due grandi gruppi televisivi e una OTT: Rai e Mediaset, cioè 01 Distribution e Medusa, in collaborazione con Netflix. È quasi come aver realizzato l’Unità d’Italia…