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(#11) Dati, privacy e AI: navigare il nuovo panorama della comunicazione aziendale. Tra la questione dei diritti e la trasparenza vince il consumatore al centro

Giuseppe Mayer
Giuseppe Mayer

Da quando i nostri antenati hanno iniziato a registrare e conservare la conoscenza, i dati hanno rappresentato una forma di potere. Chi deteneva i registri – che si trattasse di commercio, debiti, trattati o lignaggio – possedeva un’influenza significativa. Nell’era digitale, questo potere si è amplificato in modo esponenziale.

E ora, con l’avvento dell’AI generativa, i dati non sono più solo una fonte di valore economico, ma il vero carburante che alimenta questi modelli avanzati. La qualità e la ricchezza dei dati determinano l’efficacia di strumenti come ChatGPT, sollevando questioni pressanti su attribuzione, compensazione e limiti del fair use.

Il dilemma della proprietà dei dati

Di questo tema abbiamo in parte già discusso in uno dei primi articoli qui su YouMark, ma credo valga la pena tornarci su. Prendiamo il caso di una delle tante nuove campagne pubblicitarie che in questi giorni escono con il “claim” la prima pubblicità generata con l’AI. Ignorando per un attimo il discorso sulla qualità di queste campagne, il punto è un altro. Anche se i modelli di linguaggio di grandi dimensioni (LLM) potrebbero essere stati fondamentali per generare parti del suo contenuto, significa che la paternità della campagna è diluita? Chi detiene i diritti sulle parole o sulle immagini generate da un’AI addestrata su dati provenienti da innumerevoli fonti? Non sono solo domande filosofiche. Hanno implicazioni legali, etiche ed economiche significative, specialmente in un contesto aziendale dove integrità, sicurezza e affidabilità sono fondamentali. Così come le aziende hanno dovuto affrontare sfide migrando data sul cloud, ora devono navigare i rischi dell’AI generativa, dalla violazione dei dati alle controversie sulla proprietà intellettuale.

Il ruolo centrale del consumatore

Ma c’è un altro aspetto cruciale da considerare: il ruolo del consumatore. Nell’era dei social media e dei contenuti generati dagli utenti, ognuno di noi è diventato un creatore, contribuendo alla ricchezza dei dati che alimentano l’AI. Questo solleva ulteriori interrogativi sulla privacy e il consenso. Anche se i post sui social media sono pubblici “by design”, è etico utilizzarli per addestrare modelli di AI senza un consenso esplicito? E cosa succede quando questi modelli vengono applicati in contesti professionali sensibili come la sanità o la legge? Il caso di Zoom, che lo scorso anno ha modificato i termini di servizio per consentire l’uso dei dati degli utenti per addestrare l’AI, evidenzia la complessità di queste questioni.

Verso una governance responsabile dei dati

Di fronte a queste sfide, le aziende devono adottare standard elevati nella gestione dei dati e della privacy, con un focus specifico sulla comunicazione aziendale. Ciò significa essere trasparenti con gli stakeholder, offrire un controllo significativo sui dati e integrare considerazioni etiche in ogni fase.

Ma la teoria e le intenzioni non bastano. Per navigare davvero in questo panorama, le aziende hanno bisogno di framework chiari e completi che coprano allineamento strategico, governance dei dati, uso etico dell’AI, conformità legale e altro ancora. E devono essere pronti ad adattarsi continuamente, con audit regolari, programmi di formazione aggiornati e monitoraggio delle tecnologie emergenti.

Soprattutto, devono mettere il consumatore al centro. Nell’era dell’AI generativa, la comunicazione aziendale non riguarda solo la diffusione di messaggi, ma la costruzione di relazioni di fiducia attraverso la trasparenza, la collaborazione e il rispetto. Significa vedere i consumatori come partner, non solo come fonti di dati.

È una sfida complessa, che richiede un approccio olistico che abbracci tecnologia, processi, persone e cultura. Ma credo che ne valga la pena. Perché se gestiamo questa potente tecnologia in modo responsabile, possiamo sbloccare innovazioni trasformative nella comunicazione aziendale, creando nuovi standard per un uso etico dell’AI che elevi responsabilmente sia il business che la società.