È passato un anno, dal primo podcast di PODCASTORY. È tempo di bilanci. Con Davide Schioppa, Founder della società, ripercorriamo le tappe più importanti di questo anno appena trascorso.
Podcastory: una società nata praticamente in tempo di pandemia. È stato difficile? Quali sfide avete dovuto affrontare?
Essere nati alla fine del 2019, e vivere i primi mesi da start up mentre il mondo cambiava, è stato meno difficile e meno complesso per noi rispetto ad aziende con una complessità maggiore e con una storicità più radicata. Noi non ci siamo dovuti adattare, trasformare, adeguare. Podcastory è il prodotto di questo preciso momento storico. Abbiamo dunque costruito il nostro percorso, definito i nostri obiettivi, creato la nostra squadra, basandoci sul mondo che ci circondava e nel quale muovevamo i nostri primi passi. Podcastory è nata nel peggiore momento storico dal dopoguerra e quindi ha imparato da subito come si vive sotto stress e la complessità è diventata la nostra normalità.
Un esempio tra tutti: mentre nel resto del mondo produttivo ci si domandava come creare procedure di smart working, per noi è stato del tutto naturale lavorare a distanza. Questa situazione ha inoltre confermato l’idea alla base del team building di Podcastory: non importa dove sono collocate le risorse, ma se portano un valore aggiunto all’azienda va bene averle in squadra. Abbiamo il privilegio di lavorare in un’industria, della comunicazione digitale, che ci permette di svolgere il nostro lavoro anche fuori dalle grandi metropoli produttive.
Quale tra i grandi cambiamenti dell’anno appena trascorso ha impattato maggiormente sul vostro lavoro?
Quest’anno è coinciso con dei cambiamenti delle abitudini delle persone. Basti pensare al cambio di abitudini nella fruizione dei contenuti. Ci è letteralmente esploso in mano l’utilizzo dell’audio digitale. Questo si traduce in un maggior uso dei podcast, e, rovescio della medaglia, una maggior produzione di podcast, e un aumento della schiera di produttori più o meno organizzati che, se non attrezzati, rischiano di costituire una minaccia per questo mercato (ve li ricordate i cugini che nei primi anni 2000 facevano i siti web… ecco loro…). Sono nate piattaforme nuove, dedicate all’audio, come Clubhouse. Un social interamente concentrato sulla voce, che si profila come una grande opportunità per molte aziende. In pochi mesi, siamo arrivati a capire quanto possa essere importante ascoltare i contenuti. E i brand, i grandi brand, i più virtuosi, hanno capito quanto sia importante ascoltare i clienti, costruendo in modalità tailor made prodotti e servizi più calzanti.
Podcastory ha presentato il suo primo bilancio. Quali sono i risultati e gli obiettivi raggiunti? Quali le attese per il 2021?
Molteplici i traguardi raggiunti quest’anno. Possiamo innanzitutto parlare di risultati qualitativi: la sperimentazione dell’8D sul podcasting ci ha fatto raggiungere livelli altissimi per la user experience degli ascoltatori; le voci che si sono aggiunte al nostro team hanno impreziosito le nostre storie; i quaranta autori che scrivono ci hanno permesso di sviluppare tantissimi modelli di proposte di estremo valore. Ad essi si sommano e sovrappongono i risultati umani: abbiamo creato una squadra coesa, questa è la sfida più difficile per una startup. Tanti dei nostri talenti hanno anche scelto di partecipare attivamente la società e questo dimostra un grandissimo attaccamento al progetto che non può che inorgoglirmi.
Per quanto concerne quelli che possiamo definire quantitativi: abbiamo prodotto piú di 250 contenuti in un anno, abbiamo chiuso il primo bilancio a breakeven e abbiamo iniziato il 2021 con un tasso di crescita a tre cifre. Puntiamo a chiudere il 2021 con una piccola ambizione: scrivere sette cifre nel nostro fatturato. Un obiettivo ambizioso? Sicuramente! Ma, come dice un vecchio adagio, che da sempre ho reso mio: ‘punta alla luna, mal che vada cadi tra le stelle’.
La vostra è una vera e propria community professionale… Come viene gestita, e come vengono scelti i talenti che contribuiscono al suo successo?
Facendo un conto rapido, la community degli stakeholder di Podcastory, collaboratori, dipendenti, liberi professionisti, soci, è formata da almeno un centinaio di persone. Non avendo un ufficio in senso fisico vissuto nella quotidianità, ed essendo molto dislocati nel territorio, abbiamo creato un social network corporate che permette a ciascun componente della community di entrare in contatto con tutti gli altri. Per conoscersi e conoscere (progetti, attività, competenze, attitudini).
Una community professionale in forte espansione: con orgoglio devo dire che abbiamo iniziato un piano di assunzioni di talenti di età differenti che partecipano al progetto in maniera diretta. Siamo molto attenti nello scegliere talenti purissimi. Anche grezzi, su cui lavorare e lavorare ancora. Del resto, ogni diamante va levigato e lavorato nella sua purezza. Si sta creando un mix molto interessante nel team di lavoro. Abbiamo persone nate alla fine degli anni ‘60 e alla fine degli anni ‘90, che non è un gap, ma una risorsa inestimabile.
Non esistono profili e professioni già definite, nel mondo del podcasting, solo opportunità da cogliere. È un mercato in divenire. C’è spazio per chi ha voglia di mettersi in discussione, di mettersi alla prova. Pensare senza confini è fondamentale. I podcast non sono qualcosa di digitale e basta. Sono contenuti che hanno diritto e dignità, se di valore, di esistere su ogni piattaforma. Ragionare senza frontiere.
Quanto è importante, in questo mercato, avere una visione che va ‘oltre i confini’?
Abbiamo sempre pensato che la crescita derivasse senza ombra di dubbio da una contaminazione sana di idee e culture. È così che abbiamo iniziato l’anno scorso quando abbiamo creato di fatto una partnership industriale con i nostri amici di Creative Pois-On, a NYC per permetterci di avere una identità americana, Podcastory USA di fatto. E questo stesso pensiero ha gettato le basi per la prima partnership 2021, quella siglata con Clear Channel, una realtà estremamente lontana, a un primo sguardo, dal nostro mondo. Eppure, siamo riusciti a progettare lo Street-podcast, che può permettere alle aziende di far vivere agli utenti un’esperienza multisensoriale. Ragionare senza confini ci ha portato a realizzare partnership strategiche fuori dal territorio nazionale, fuori dal nostro segmento di mercato.
A quali produzioni state lavorando? Ci sono nuovi progetti in cantiere?
Attualmente, stiamo lavorando su molte produzioni. Abbiamo diviso la nostra offerta in tre aree: podcastory publishing, all’interno della quale vivono tutte le produzioni a carattere editoriale, caratterizzata da periodicità fissa e lunga vita. Cito Wake up, la prima produzione real time, tutte le mattine alle 7 che racconta un fatto legato al giorno che sta inziando, o Voice Green, un weekly podcast dedicato all’ecosostenibilità. Posso anticipare che a breve ci sarà la nostra prima produzione in ambito calcistico. Abbiamo poi la linea di podcast originals, per i clienti che sanno esattamente cosa vogliono e dove vorrebbero arrivare. Infine, il filone tailor-made, per i clienti estremamente consapevoli, che hanno già una storia da raccontare. Tra qualche settimana lanceremo la nostra prima produzione internazionale Italia-USA per conto di un importante gruppo industriale made in Italy.
Ci dai qualche anticipazione sul futuro di Podcastory?
Parlando di futuro stiamo per lanciare un ramo d’azienda interamente dedicato alla distribuzione e diffusione di contenuti. È un progetto molto ambizioso, per il quale ci avvarremo di grandi professionisti del nostro mercato che si uniranno al team per sviluppare questo progetto al meglio. Quindi non solo podcast e non solo fatturato o numeri. Infatti la mia ambizione è quella di creare una produzione podcast di assoluto valore e senza fini commerciali, con l’unico obiettivo di fare qualcosa di utile per tutti (o almeno per tanti) e qualcosa di bello. Del resto ‘la bellezza salverà il mondo…’.