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Trasformazione Digitale: i ritardi dell’Italia e le opportunità generate dal PNRR, che investe nel nostro paese più di Germania, Francia e Spagna insieme. Un’occasione unica di rilancio, secondo l’Osservatorio di The European House – Ambrosetti

Lorenzo Tavazzi, Partner e Responsabile Scenari & Intelligence, The European House – Ambrosetti

L’Italia è al 24° posto nell’Unione Europea nella percentuale di persone con competenze digitali di base; è al 25° posto considerando i cittadini che interagiscono online con la P.A.; e si trova in 21° posizione nella classifica delle aziende con un sito web con funzionalità avanzate. Ma allo stesso tempo, registra un buon posizionamento in alcune dimensioni spesso non considerate negli indici comparativi, come la cybersicurezza e il legame con la transizione sostenibile.

Sono alcuni dei dati emersi dalla presentazione oggi a Roma del Rapporto 2022 dell’Osservatorio sulla Trasformazione Digitale dell’Italia realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Fondazione IBM Italia e Fondazione Eni Enrico Mattei.

I ritardi nella transizione digitale sono noti: il nostro Paese è al 18° posto su 27 Paesi UE nel DESI (Digital Economy and Society Index), dietro a tutte le maggiori economie. Il miglioramento di 2 posizioni nella classifica generale è trainato dalla componente relativa alla connettività (16 posizioni guadagnate vs 2021), mentre nei servizi pubblici digitali si registra addirittura un peggioramento (-1 posizione) e nel Capitale umano la situazione è stabile. In quest’ultima dimensione, al ritmo attuale, all’Italia servirebbero 9 anni per raggiungere il valore europeo (di oggi).

La carenza di competenze digitali diffuse, i limitati livelli di connettività e la ridotta propensione al data sharing frenano questa trasformazione. L’Italia è il 24° Paese in UE-27 per quota di persone con competenze digitali almeno di base, mentre sul fronte delle imprese l’Italia registra un’incidenza degli esperti in ICT sul totale degli occupati pari al 3,8% (rispetto a una media UE del 4,5%).

Nel 2021 solo il 65,7% delle famiglie in Italia adottava la Banda Larga Fissa, un valore più basso di 15,4 punti percentuali rispetto alla Germania e di 12,1 p.p. rispetto alla media europea. E questo nonostante il nostro Paese registri un’eccellente disponibilità (1° in UE nella copertura 5G).

La ridotta propensione al data sharing limita invece le potenzialità derivanti dalla creazione di ecosistemi digitali. Solo un’azienda su tre scambia dati con Enti Pubblici (33,1%) e con la propria comunità di riferimento (32,9%).

“Esistono diversi motivi che rendono necessario un Osservatorio sulla Trasformazione Digitale in Italia, a partire dalle valutazioni sui ritardi nel livello di digitalizzazione rispetto agli altri Paesi UE e dalle carenze strutturali, tra cui la grave assenza di competenze digitali diffuse”, ha rilevato Lorenzo Tavazzi, Partner e Responsabile Scenari Intelligence di The European House – Ambrosetti. “Ma allo stesso tempo la trasformazione rientra tra i pilastri del PNRR. Sono previsti infatti investimenti per 40,7 miliardi di Euro: un’opportunità fondamentale per il sistema-Paese per riavviare una produttività stagnante da oltre 20 anni e concretizzare la necessaria transizione green, così strettamente connessa ai processi di digitalizzazione. Il legame tra le due transizioni, i principi di etica e inclusione, le necessità di cybersecurity: sono alcune delle dimensioni spesso non fotografate adeguatamente dagli indici tradizionali, ma messe al centro delle analisi dell’Osservatorio. Oltre all’analisi della situazione attuale, l’Osservatorio ha messo a punto un modello concettuale innovativo e originale, che può diventare uno strumento efficace di indirizzo e supporto del policy making a integrazione del monitoraggio realizzato dal Dipartimento per la trasformazione digitale”.

All’interno del PNRR, la trasformazione digitale è la seconda tra le sei missioni per dotazione finanziaria, con 40,7 miliardi di Euro a disposizione. Confrontando con gli altri Paesi europei beneficiari del Next Generation EU, l’Italia è il Paese che alloca il maggiore ammontare di fondi alla digitalizzazione, più della somma di Spagna, Germania e Francia (38 miliardi di Euro). La transizione digitale dell’Italia rappresenta pertanto un’occasione unica di rilancio della produttività e quindi della crescita dell’Italia, l’unico Paese tra le principali economie dell’Unione Europea ad avere al 2021 un livello di PIL pro-capite inferiore rispetto ai livelli del 2000.

Il PNRR rientra chiaramente tra i driver di accelerazione. Dalle stime di The European House – Ambrosetti, gli impatti strutturali abilitati dal PNRR sono estremamente rilevanti e potranno ammontare, nel 2027, al +1,9% del PIL annuo e rimarranno persistenti fino al 2036 (con un impatto cumulato potenziale del +13%). In particolare, la digitalizzazione della P.A. e la maggiore produttività delle imprese, abilitata dalle tecnologie e dal digitale, potranno pesare per il +1,2% annuo del PIL, fornendo quindi un importante impulso per il rilancio e la competitività del sistema-Paese.

La spinta della transizione green

Tra i fattori trasversali individuati dal Rapporto per rafforzare il processo di digitalizzazione vi è la relazione con la transizione green. Le nuove tecnologie digitali rendono infatti possibile un efficientamento dei consumi e dei processi: la strategia energetica italiana di lungo periodo prevede che la generazione elettrica dovrà passare dai 288 TWh del 2018 a 600-700 TWh entro il 2050, mentre quella prodotta da fonti rinnovabili da 117 TWh a 670 TWh, e la digitalizzazione renderà possibile tale crescita nella produzione elettrica. In particolare, le smart grid consentiranno un migliore monitoraggio dei consumi, sistemi di demand-response assicureranno stabilità alla rete di distribuzione, mentre la capacità di storage potrà essere aumentata ed aggiustata in tempo reale. Inoltre, le tecnologie digitali contribuiranno anche all’elettrificazione dei trasporti attraverso sistemi di ‘smart charging’ e all’efficientamento dei processi produttivi delle aziende.
Attenzione, però, alla questione del reperimento di materie prime critiche, sia per le tecnologie green che per quelle digitali, per le quali è atteso un forte aumento della domanda, che andrà assolta anche con una spinta al riciclo dei prodotti tecnologici. Anche il consumo di energia connesso alle tecnologie digitali (in primis i Data Centre) rappresenta un punto di attenzione, sebbene sia per ora compensato dagli aumenti di efficienza.

Cybersecurity, un’esigenza strategica

Secondo il Rapporto, lo sviluppo del processo di digitalizzazione deve garantire la sicurezza nell’uso dei dati e delle tecnologie digitali. La progressiva digitalizzazione di servizi fondamentali per le società e l’economia rende infatti la cybersicurezza un’esigenza strategica. Basti pensare che la transizione digitale investe ambiti cruciali come i mercati finanziari, le infrastrutture energetiche, i trasporti di massa, le forniture di acqua, oltre alle funzioni essenziali dello Stato. Nel complesso, si stima che l’attività di cybercrime generi un costo annuale globale pari a circa 6 trilioni di dollari (circa l’1% del PIL mondiale) e che sia destinata ad aumentare fino a 10,5 trilioni di Dollari entro il 2025.

Anche in Italia gli attacchi informatici sono sempre più frequenti, essendo cresciuti a un tasso annuo del +14,4% negli ultimi 10 anni, superando quota 2mila attacchi. Le conseguenze economiche per le imprese sono evidenti: nel 2021, i Cyber Attack hanno causato alle imprese italiane un danno cumulato di 4,1 miliardi di Euro. Il Rapporto ricorda che in risposta a tali rischi, in Italia è stata approvata, a maggio 2022, la nuova Strategia nazionale di cybersicurezza (2022-2026) e l’annesso Piano di implementazione.

Nel complesso l’Italia è vicina alla media europea in due indicatori su 3 (imprese che adottano misure per la sicurezza ICT, 11° in UE, e imprese che hanno definito o aggiornato le policy di sicurezza ICT negli ultimi due anni, 10°), mentre registra un posizionamento di eccellenza in termini di imprese che informano i dipendenti sugli obblighi di sicurezza ICT (73% delle imprese, 3° valore in UE).

Opinioni a confronto

Alessandra Santacroce, Direttore Relazioni Istituzionali e Presidente Fondazione IBM Italia: “Il nostro impegno è quello di porre attenzione anche agli aspetti etici, di inclusione e sostenibilità, affinché l’innovazione tecnologica sia a beneficio dell’essere umano”.

Alessandro Lanza, Direttore Esecutivo, Fondazione Eni Enrico Mattei: “Le due transizioni cosiddette ‘gemelle’, quella energetica e quella digitale, sono del resto connesse indissolubilmente: se da un lato l’efficientamento dei processi produttivi richiede una forte componente digitale, dall’altro l’adozione delle tecnologie digitali può indurre a un aumento della domanda di energia e dei rifiuti elettronici, nonché alla crescita esponenziale del fabbisogno di materie prime critiche indispensabili per entrambe le transizioni”.

Laura Palazzani, Docente LUMSA e VicePresidente del Comitato nazionale per la Bioetica: “Necessaria un’etica ‘digitale’, che faccia tutte questa trasformazioni senza perdere di vista il ruolo dell’umano-centrismo, senza farsi ‘prendere la mano’ dalle tecnologia fine a se stessa”.

Gabriele Provana, Head of Eni ICT Infrastructure Operations & Delivery: “Si parla molto di CSR, ma in quest’ambito è necessario definire che cosa è e di che cosa ha bisogno l’evoluzione della Corporate Digital Responsability”.