di Massimo Bolchi
“Il Retail Media è ormai diventata una buzzword, specie qui in Italia dove – a parte Amazon – siamo carenti di retailer dalle dimensioni più favorevoli a sviluppare questo ambito”, ha esordito Andrea Campana, Ceo di BEINTOO, introducendo la quinta edizione dell’appuntamento annuale della società, quest’anno intitolato appunto ‘Un futuro omnichannel: tra Retail Media e Innovazione’. “Eppure le potenzialità di questo mercato sono notevoli: il problema nazionale è la parcellizzazione delle insegne che coprono il mercato in maniera ineguale, spesso strutturate su basi geografiche regionali. Ma la condivisione dei dati di prima parte è essenziale nel Retail Media, altrimenti non si può fare nulla di più di un buon trade marketing, che è cosa molto diversa. È proprio per arrivare a un condivisione efficace si dati che è necessario superare gli individualismi che ancora separano le aziende. E servono casi d’uso concreti da mostrare ai retailer: quando questi casi di successo saranno finalment disponibili, assisteremo a una frenetica corsa verso il Retail Media per non rimanere indietro”.
A questo scopo, per dar spazio, se non ancora a use case di successo, ma almeno a uno sguardo ai mercati dove il Retail Media è un realtà consolidata e in espansione, il microfono è passato a Sara Kuller, Pricipal del Boston Consulting Group, di ritorno dopo tredici anni trascorsi negli USA, che ha illustrato il RM con gli occhi di chi l’ha visto crescere e affermarsi.
“In USA e, in misura minore, in UK il Retal Media cresce da sei anni a tassi di incremento pari al 20% di media”, ha spiegato. “L’uso dei dati di proprietà del retail consente di implementar politiche di targetizzazione estremamente efficaci, e questo si traduce in un concreto valore per i retailer, che hanno marginalità del loro business tradizionale sempre più ridotte. In Italia, invece, il mercato è fatto sostanzialmente da Amazon, ma ci si attende a breve anche l’ingresso e la crescita di altri distributori”.
Il Retail Media offre opportunità per far crescere la marginalità classica dei distributori
I retailer iniziano di solito con un’offerta onsite, che include spazi pubblicitari digitali di proprietà (quali il sito web, le app o i marketplace) prima di allargarsi all’offsite, che include l’uso dei dati di prima parte per acquistare spazi pubblicitari al di fuori della proprie properties, e arrivare infine ai servizi a valore aggiunto, cioè servizi complementari e di monetizzazione dei dati, creando un business unit separata la cui attività di estende oltre al semplice utilizzo del media.
“In questo modo”, ha precisato Kuller, “il 60-70% dei ricavi rimane al retailer, fornendo un margine incrementale molto elevato, il che spiega l’andamento esponenziale della crescita negli Stati Uniti: gli earning del media retail superano di gran lunga i margini classici di questo business, sempre più compressi, e sono sostanzialmente ricavi incrementali”.
“Questo è il traguardo a cui i retailer debbono tendere”, ha sottolineato Kuller. “Per far questo è indispensabile riorganizzare i team eCommerce e Media, sviluppando best practice e competenze operative, e calcolare il ‘valore’ incrementale dei dati (e dell’inventory) integrandolo in un framework di misurazione comune e omnichannel. Gli investitori, in particolare, devono privilegiare nelle loro scelte i retailer che offrono i maggiori ritorni, soprattutto nell’ottica dell’imminente proliferazione di RMN, e negoziare in una visione di breve e lungo periodo insieme, investendo in opportunità ‘win win’ insieme con i differenti retailer”.
“In questo scenario”, è stata la conclusione, “è importante apportare al settore competenze marketing e media, insieme a quelle commerciali. In particolare, dimensionare correttamente l’investimento sulla base di risultati dimostrabili, e mettere sotto la lente il consumatore e la sua esperienza lungo tutto il funnel. Ai commerciali invece spetta il compito di contestualizzare correttamente l’investimento all’interno del conto economico del cliente-retailer”.