di Massimo Bolchi
Con Nereo Sciutto, Ceo e co-founder di WEBRANKING, affrontiamo il tema di come la tecnologia e il data driven stiano impattando su aziende non sempre in grado di afferrare compiutamente la rivoluzione in essere, oltre ai bilanci di un’azienda per 26 anni di fila in attivo che guarda con attenzione a un 2025 ‘agitato’.
In chiusura dell’anno, come è andato il 2024: cifre, percentuali, tutto quello che si può dire…
Si è chiuso un altro anno molto positivo. Webranking prima che un’agenzia è un’azienda che funziona molto bene sotto tutti i punti di vista. Questo significa che oltre ai buoni numeri finanziari, posso aggiungere il riconoscimento fra i migliori posti di lavoro in Europa che ci ha assegnato Great Place To Work quest’anno. Sono solo 4 le aziende italiane al di sotto dei 500 collaboratori – noi siamo in 250 – che hanno ottenuto questo riconoscimento.
Detto questo, chiuderemo il 2024 con il 26° bilancio in attivo su altrettanti anni dalla nostra nascita. Ci aspettiamo una crescita del fatturato del 15% che per la nostra dimensione è un elemento non facile da ottenere. A questo si unisce il dato sull’amministrato che gestiamo come centro media, che si avvicinerà ai 200 milioni, posizionandoci fra le più grandi agenzie media digitali in Italia.
Guardando al 2025: in che direzione si muove il mercato? Quali sono gli obiettivi e i traguardi che vi siete fissati?
Il 2025 sarà – come sempre – un altro anno sfidante. In primis perché come agenzia subiamo tutte le situazioni che i nostri clienti internazionali fronteggiano sullo scacchiere globale. E non sembra che il mercato si stia stabilizzando, anzi.
So benissimo che Webranking non si è ancora avvicinata al suo potenziale. Le dinamiche che vediamo negli altri paesi europei sono già avviate e mostrano uno spostamento forte dell’attenzione dei grandi clienti verso il mondo delle tech & media company, veloci come noi. In Italia il mercato è ancora molto conservatore e siamo già fanalino di coda nell’innovazione. Nei prossimi anni penso che ci saranno sempre più occasioni per noi che ci muoviamo da sempre sui modelli internazionali. Ci aspettiamo che il mercato abbracci con più coraggio la competizione anche in ambito digitale, dove i confini non proteggono più.
Riassumendo in due termini? Siamo ottimisti e pazienti.
Il dato è sempre più centrale nella pianificazione media: gli investitori hanno aggiustato il loro spending in funzione delle potenzialità dei ‘media di mezzo’?
No. Decisamente no. Come hanno evidenziato le ricerche – ad esempio quella del Politecnico per UPA presentata quest’anno – c’è ancora poca chiarezza anche solo nella governance in azienda di questi investimenti che riguardano i canali raggiunti dal digitale come l’out of home digitale, la Tv connessa o il digital audio. I compartimenti stagni – e le competizioni che ne derivano – stanno danneggiando tanto le aziende nella loro capacità di vedere i consumatori a tutto tondo. La regia su come avvicinarli a decisioni di acquisto è troppo spesso frammentata e si disperde potenziale. Non dico – sarebbe facile – che gli investimenti dovrebbero essere maggiori… ma vedo dispersione in quelli che vengono già fatti oggi. Si potrebbero ottimizzare, anche senza stanziare nuove risorse.
Siamo quindi a metà di un guado… i mezzi e le soluzioni portate dal digitale sono da sempre più veloci della capacità di adattamento degli investitori. E questa velocità non accenna a diminuire dando vantaggi enormi a chi ha un management dinamico e coraggioso. Quindi è prima di tutto una grandissima opportunità per i brand ma anche per i professionisti e i dirigenti. E lo vediamo con le persone con le quali lavoriamo.
Che ruolo ha la tecnologia in tutto questo?
Il digitale è un canale decisamente atipico: oltre alle skill di comunicazione servono investimenti sulla gestione delle piattaforme tecnologiche che raccolgono, gestiscono e abilitano i dati. Ma non solo. Oggi persino il processo creativo può beneficiare di dati e tecnologie abilitanti, che evolvono il lavoro e lo potenziano.
Anche il planning pubblicitario è drasticamente differente fra digitale e mezzi tradizionali. Al punto che con la digitalizzazione dei mass media, il tipo di lavoro che si può fare è aumentato come complessità e – senza scomodare la AI – sta ponendo una sfida alle agenzie tradizionali.
La mia posizione è sempre stata di guardare al cambiamento cercando di capire come poterlo sfruttare positivamente. Oggi vedo il mercato convergere verso un tipo di agenzia dal DNA tecnologico come Webranking, quindi non posso che rimanere positivo sul futuro e sulle scelte che abbiamo fatto.