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Nereo Sciutto, Webranking: “I dati devono ispirare la creatività, non governarla. Far convivere l’anima tecnologica e quella creativa alimenta la potenza dei contenuti”

Nereo Sciutto, CEO e co-founder Webranking

Una media agency digitale ‘one stop point’ che, grazie a investimenti coraggiosi, ha ottenuto conferme e certificazioni delle competenze riconosciute a livello internazionale. La più recente, la certificazione Creative Studio di Google, difficile da ottenere e arrivata subito dopo il lancio dello spin-off Daimon. Un’azienda con una cultura interna unica, che vede lavorare fianco a fianco competenze diverse ma complementari in un processo di lavoro dove ‘scienza e arte’ non solo convivono ma si alimentano ogni giorno. E l’aspirazione, forte, alla crescita che dura ormai da 23 anni. Questa è WEBRANKING e ce la racconta il Ceo e Co-founder, Nereo Sciutto.

Essere alla guida di un’impresa oggi: una sfida, un’opportunità, una responsabilità. Quali sono gli elementi su cui avete puntato nell’ultimo anno?

Essere alla guida di un’impresa oggi è una bellissima responsabilità. Il ruolo sociale di un’impresa è centrale e molto sottovalutato. Parlo della capacità di dare sicurezza nel lavoro, di preoccuparsi della serenità delle persone e di favorire un ambiente in cui tutti si sentano realizzati e valorizzati. Fortunatamente essere Webranking ci ha dato molte opportunità rispetto alle tante realtà colpite dal perdurare dell’emergenza Covid. Anche se non è affatto vero che il nostro settore sia una sorta di terra promessa dove è facile per tutti avere successo. E si vede dai numeri.

Nonostante la nostra posizione favorevole, ci impegniamo sempre nel fare ‘qualcosa in più’ per chi ci sta intorno e per i nostri collaboratori. Da qui un grande impegno per il territorio e il sociale e la decisione nel 2020 di non avvalerci della cassa integrazione per salvaguardare la motivazione dei nostri collaboratori ma soprattutto per utilizzare al meglio il tempo libero in formazione e crescita personale. Che è poi quella che oggi ci fa essere migliori di ieri.

Numeri alla mano, abbiamo chiuso un 2020 molto positivo. Decisamente al di là di quello che ci immaginavamo nelle prime settimane di marzo. Siamo riusciti a farlo anche grazie alle decisioni che abbiamo preso, nella consapevolezza di avere sulle spalle una responsabilità ‘allargata’. Una fra tutte, abbiamo deciso di rispettare tutti i nostri impegni con fornitori e partner, saldando le fatture alla scadenza e scegliendo di non far valere la nostra forza per rinegoziare i termini con interlocutori più deboli. Un meccanismo pernicioso del mercato italiano che a nostra volta, a volte, abbiamo subito. Questo ci ha portato a chiudere il 23esimo bilancio in area di profit su 23, dal giorno della fondazione dell’agenzia.

L’anno scorso avete lanciato Daimon, lo spin-off creativo dell’agenzia. E questo vi ha portato in brevissimo tempo a ottenere la certificazione Creative Studio di Google. Quanto lavoro c’è dietro questo successo?

Dietro la nascita di Daimon ci sono due anni di lavoro e investimenti che hanno seguito una visione che avevamo chiara ma che sapevamo avremmo realizzato solo con dedizione e tempo. Abbiamo costruito passo dopo passo questa realtà e l’abbiamo comunicata solo quando siamo stati davvero pronti. Al punto che Daimon, ancora prima di esistere come unit a sé stante, aveva già vinto un paio di premi come area interna di Webranking.

La certificazione Creative di Google è una milestone importantissima. Prima di tutto perché è difficilissima da raggiungere. Basti pensare che le agenzie che sono riuscite a ottenere un mix di certificazioni che spaziano dal mondo tech e Cloud a quello Creative sono poche decine in tutto il mondo. In Italia siamo gli unici ad aver raggiunto questo traguardo che ci consente di poter dichiarare di essere l’agenzia più completa – sulla base di certificazioni oggettive – presente sul mercato.

D’altronde in Webranking non solo coesistono ingegneri e art director ma queste due anime lavorano insieme sui progetti. La creatività dinamica ad esempio, sfrutta i dati e le piattaforme per alimentare il processo creativo e i contenuti. Noi non parliamo di un processo creativo ‘data driven’ ma di ‘data inspired creativity’ perché il dato ispira, non governa.

Per poterlo fare, i data engineer devono costruire ogni giorno qualcosa insieme agli art director e ai copy. Un processo comune di lavoro dove si progetta e realizza spalla a spalla. E dove ognuno conosce i fondamenti del contributo dell’altro. Questo è il grande traguardo che siamo stati in grado di raggiungere.

Le certificazioni che avete conseguito vi attestano come partner completo in ambiti che vanno dal paid search, all’analytics, dal cloud alle creatività dinamiche. Quale vantaggio porta nei progetti e nelle aziende che seguite?

Sostengo da sempre che per realizzare i sogni di marketer e comunicatori è necessaria una componente tecnologica. Questo è un elemento fondante del fare comunicazione digitale. Perché dietro un contenuto, una creatività, una campagna di successo c’è sempre un elemento abilitante tecnologico. A volte i dati, a volte una piattaforma di delivery dei contenuti, spesso i sistemi per farci raggiungere una specifica audience cui poter mostrare il miglior messaggio che abbiamo pensato proprio per lei. A questo si aggiunge il momento molto sensibile ai temi di privacy e di protezione degli utenti e dei loro comportamenti online.

Per fare tutto questo serve padroneggiare le piattaforme di media planning tipiche del mondo programmatic, i sistemi cloud dove risiedono dati e tecnologie per applicare algoritmi di machine learning tanto preziosi in quest’epoca storica e persino piattaforme in grado di personalizzare le idee creative declinandole in messaggi dedicati.

Avere un player che sia un ‘one stop point’ in grado di gestire un processo comunicativo che va dalla raccolta dei consensi all’invio delle comunicazioni pubblicitarie, fino alla creatività del banner che poi l’utente vede riduce a zero le frizioni fra fornitori e tranquillizza enormemente i clienti. E, cosa non meno importante, si ottiene un deciso risparmio e si velocizzano tutti i processi.

Siete una realtà fortemente radicata in Italia ma dal respiro internazionale e ciò vi permette di lavorare con brand globali. Ci racconti un progetto di cui andate particolarmente orgogliosi?

È proprio così, il nostro modello è internazionale pur rimanendo fortemente incentrati in Italia. Rispetto alle big mondiali che distribuiscono il lavoro fra paesi e sedi, noi riusciamo a centralizzare la comunicazione e la pianificazione pubblicitaria su decine di mercati in tutto il mondo. Rimanendo vicini agli headquarters dei grandi clienti italiani con i quali lavoriamo, riusciamo a sfruttare una positiva centralizzazione di dati e best practices, grazie ai quali poi possiamo declinare le campagne in modo preciso sulle peculiarità dei singoli mercati.

Per il nostro approccio siamo scelti dai brand globali per i quali gestiamo la comunicazione pubblicitaria e il media plan che comprende programmatic, reservation, social e search in tutto il mondo. In particolare siamo molto apprezzati fra i leader nel retail, fashion e luxury, una delle backbone del Made in Italy nel mondo.

Ma ci occupiamo anche di contenuto e forse il case study più rappresentativo è quello del brand Alessi per il quale abbiamo realizzato una campagna pubblicitaria costruita su messaggi pubblicitari ‘dinamici’. Siamo partiti raccogliendo molti dati di vendita allo scopo di capire quali prodotti venissero ricercati e acquistati a seconda della fascia oraria e, una volta identificate le correlazioni, le abbiamo sfruttate per la pianificazione durante la gifting season. Infatti, a chi cercava idee regalo di design mostravamo banner e video costruiti dinamicamente per presentare l’offerta del prodotto che sapevamo avere maggior probabilità di essere scelto e quindi acquistato. La campagna ha girato sulla rete display di Google e su Facebook e ha avuto un grandissimo successo di vendite ma anche di creatività, al punto da aver vinto un premio alla prima candidatura.

Quali sono i vostri progetti per il 2021 e quali le sfide che dovrete ancora affrontare?

La nostra sfida più grande è rimanere una delle migliori realtà su ambiti competitivi molto differenti fra loro. Da un lato ci confrontiamo con le big della consulenza – ad esempio sulle gare con forte componente tecnologica – e dall’altro competiamo con le migliori agenzie creative. Nel mezzo, c’è la competizione storica con le grandi agenzie media internazionali.

Ci aspettiamo un 2021 di forte crescita e già le prime settimane dell’anno ce lo stanno confermando. Come imprenditore sono d’accordo con Philip Kotler quando sostiene che le aziende possono solo crescere e che questa non sia una scelta ma una necessità. Con la crescita emergono nuove opportunità, spazi per migliorare o per cambiare percorso, per aggiungere competenze e per divertirsi facendo un pezzo di strada con uno scopo e delle soddisfazioni. Questo alimenta l’entusiasmo delle tante persone che scegliamo come compagni di viaggio e che oggi lavorano in Webranking.

In più, senza crescita non avremmo avuto le risorse per investire in Daimon e per tenere tutte le persone al lavoro durante il lockdown dell’anno scorso. Siamo qua e sono contento di come ci siamo arrivati. Così come so che la strada che abbiamo davanti avrà tanti bellissimi panorami che non vediamo l’ora di scorgere dietro la prossima curva.