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‘Misinformation & Media Quality’, il nuovo report di IAS rileva come i contenuti fuorvianti influiscano sulla pubblicità digitale

IAS, leader globale nella qualità dei media digitali, ha pubblicato il suo report ‘Misinformation & Media Quality’ che rivela come le informazioni false influenzino il settore della pubblicità digitale. Il report esplora le sfide che i contenuti fuorvianti pongono per le strategie media, nonché le azioni che gli inserzionisti stanno intraprendendo per proteggere le loro campagne da queste crescenti minacce.

“Mentre continuiamo a classificare le fonti di disinformazione, il nostro report illustra l’aumentata necessità per gli inserzionisti di concentrarsi sul controllo dei contenuti contestuali, inclusa l’implementazione di framework di suitability che affrontano specificamente i contenuti falsi o fuorvianti”, dichiara nella nota Tony Marlow, CMO di IAS. “Questa ricerca rivela, insieme alla nostra partnership con il Global Disinformation Index (GDI), che fornisce agli inserzionisti una maggiore protezione dalla disinformazione, come i leader del settore sono alle prese con contenuti fuorvianti e quali azioni stanno o non stanno intraprendendo per proteggere le campagne attuali e future.”

IAS, in collaborazione con YouGov, ha intervistato oltre 500 esperti di media digitali di brand, agenzie, editori e fornitori di adtech per esaminare le prospettive relative alla disinformazione e alle fake news. La ricerca ha evidenziato i seguenti trend:

La stragrande maggioranza degli esperti dei media concorda che la disinformazione dovrebbe essere attivamente evitata, ma pochi affermano che le loro organizzazioni hanno linee guida chiare

La maggior parte degli esperti di media (73%) concorda (agree) o è fortemente d’accordo (strongly agree) sul fatto che gli acquirenti e i venditori di annunci debbano evitare attivamente la disinformazione e le fake news. Tuttavia, meno della metà (47%) di questi esperti di media ha riferito che le loro organizzazioni hanno linee guida chiare per quanto riguarda la pubblicità accanto alla disinformazione.

Nonostante il suo impatto sulla diminuzione della reach potenziale, il blocking è più comunemente utilizzato dagli esperti del settore per evitare contenuti fuorvianti. Quasi la metà degli esperti di media (45%) prevede di bloccare intere tipologie di contenuto, il 43% bloccherà argomenti specifici e il 38% bloccherà località geografiche in cui la disinformazione è comune.

Le strategie basate sul contesto, che consentono ad acquirenti e venditori di annunci di evitare la disinformazione con un impatto minimo sulla reach, sono sottoutilizzate. Meno di un terzo (32%) degli intervistati attualmente utilizza o prevede di utilizzare metodi di targeting e ‘avoidance’ basati sul contesto, mentre meno di un quinto (18%) sfrutta i segmenti di ‘avoidance’ pre o post-bid che evitano posizionamenti indesiderati nel flusso di offerte.

I recenti eventi globali hanno alimentato la minaccia di disinformazione e contenuti di fake news

Poiché la spesa pubblicitaria continua a crescere, si prevede che l’investimento pubblicitario totale per i media si avvicinerà a $ 350 miliardi nel 2022, con acquirenti e venditori che cercano di ridurre al minimo le minacce note ed emergenti per garantire la media quality. Il Global Disinformation Index (GDI) stima che gli inserzionisti forniscano inconsapevolmente almeno $ 235 milioni a siti di disinformazione globali, su base annuale.

La maggior parte degli esperti concorda sul fatto che la diffusione della disinformazione è stata alimentata dai recenti sviluppi globali. Gli esperti dei media intervistati hanno riferito che il volume della disinformazione è aumentato a causa della polarizzazione politica (76%), dei recenti sviluppi geopolitici (68%) e della pandemia di COVID-19 in corso (62%).

Un gran numero di esperti del settore segnala alti livelli di preoccupazione per le minacce ai media

Con l’aumento della spesa pubblicitaria, le minacce alla qualità dei media rimarranno al primo posto, con l’84% degli esperti che segnala livelli di preoccupazione ‘alti’ o ‘molto alti’ per almeno una minaccia. La maggior parte di questi esperti del settore segnala la disinformazione e le fake news relative alla diffusione di contenuti come le minacce più preoccupanti per la qualità dei media, con il 63% che riporta livelli di preoccupazione ‘alti’ o ‘molto alti’.

In tal caso, l’impatto sulla reputazione dell’azienda e la sfiducia dei consumatori sono più preoccupanti del ROI della campagna. Per quanto riguarda la disinformazione, il 42% degli esperti ha espresso preoccupazione per l’impatto sulla reputazione della propria azienda o la sfiducia dei consumatori nei contenuti e nella pubblicità, mentre il 29% ha citato la preoccupazione per la riduzione della reach del pubblico e solo il 22% per la perdita di budget/ricavi per i media.

Sebbene gli esperti di media digitali concordino sul fatto che la diffusione della disinformazione sia la minaccia più preoccupante per la media quality, secondo il report persiste l’apprensione per la frode pubblicitaria, la vicinanza a contenuti discutibili (ad esempio il rischio del brand) e la scarsa viewability per oltre la metà degli intervistati.

I marketer e i brand danno la priorità alle piattaforme social anche se considerano l’ambiente vulnerabile alla disinformazione

La ricerca mostra che i marketer stanno dando la priorità alle piattaforme social. Quasi la metà (42%) degli intervistati ha individuato le piattaforme social come una priorità. Tuttavia, più della metà degli intervistati (60%) considera le piattaforme social come l’ambiente più probabile in cui si verificano incidenti di disinformazione, seguite da dispositivi mobili e audio.

È possbile scaricare la ricerca, a questo link.