Nella lotta, ormai globale, contro il coronavirus, non ci sono più frontiere: la condivisione dei risultati, a partire dai genomi isolati in Cina, negli StatiUniti, in Francia, in Italia e in altri paesi, è ormai parte del lavoro quotidiano di chi sta disperatemente cercando un vaccino, un farmaco, un rimedio effiace contro l’epidemia di questo virus, che ci ha colti di sorpresa, disarmati, proprio perché sconosciuto al nostro organismo.
Ecco allora che dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti appare sulla scena internazionale un nuovo, potente alleato nella lotta contro l’epidemia di COVID-19: il supercomputer Summit di IBM, in forza all’Oak Ridge National Lab del Tennessee.
“La sua potenza computazionale, pari a 200 petaflop di picco (equivalenti a 200 milioni di miliardi di calcoli al secondo) è proprio ciò che occorre ai ricercatori per districarsi tra miliardi di dati”, spiega in una nota Alessandro Ferrari, Chief Press Officer di IBM Italia. “La selezione dei composti che, in laboratorio, vengono messi a contatto con il virus per capirne la reazione resta un processo lento senza l’ausilio dei computer in grado di restringere il numero di potenziali variabili. Ma persino in questo caso le sfide non cessano perché ogni variabile può essere composta da milioni, se non miliardi, di dati unici e aggravata dalla necessità di condurre simulazioni multiple”.
I risultati appaiono più che incoraggianti: con Summit, i ricercatori sono già stati in grado di simulare 8mila composti nel giro di pochi giorni per modellare ciò che potrebbe influire sul processo di infezione, e ne hanno identificato 77 con il potenziale di compromettere la capacità del Covid-19 di attaccare e infettare le cellule ospiti, scrive ancora Ferrari.
Summit ha caratteristiche da primo della classe: la capacità di elaborazione dei dati è abilitata da 4608 nodi server IBM Power Systems AC922, ciascuno dotato di due Cpu IBM Power9 e sei Gpu NVIDIA Tensorcore V100, con la potenza di un milione di laptop di fascia alta.
In due anni ha guidato ricerche pionieristiche in ambiti differenti: per la comprensione delle origini dell’universo, le missioni spaziali e la crisi degli oppiacei con cui gli Stati Uniti hanno dovuto fare i conti. Per trovare una cura contro il virus di Wuhan ci vorrà ancora tempo – non troppo, si spera – ma la disponibilità di macchine di questo tipo dà alla comunità scientifica ausilii potenti ogni qual volta sia necessario affrontare sfide epocali.