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L’analisi di Privacy Network mostra che quasi tutti i programmi elettorali parlano di diritti digitali e privacy, ma non in modo approfondito. E presentano contraddizioni e ridondanze

Si dice spesso che la politica non si cura di digitale, innovazione e privacy: non è così. I partiti ne parlano e i programmi sono colmi di riferimenti. Il problema non è che non se ne parli – è di due giorni fa ad esempio  la proposte di Salvini per il Ministero dell’Innovazione a Milano -, ma come se ne parla.

Privacy Network, organizzazione non-profit italiana che affronta le sfide dell’innovazione tecnologica per garantire il rispetto della privacy e dei diritti umani, ha deciso di studiare a fondo i programmi elettorali in modo laico e apolitico al fine di scoprire quanto e in che modo i vari partiti diano risalto a questi temi. In primis sono stati ripresi i programmi punto per punto, esaminando quanto scritto, parola per parola. Poi è stato usato come indicatore oggettivo il numero volte in cui vengono citate parole come privacy, cybersecurity, intelligenza artificiale, blockchain e altre. Infine, si è e cercato di capire in modo neutrale l’intento di ogni partito e coalizione in questi ambiti.

Un’attenzione particolare è stata data ai dati personali e alla privacy, un tema che riguarda ognuno di noi e che tocca anche lo sviluppo delle aziende e del paese. Come spiega Diego Dimalta, avvocato, Co-fondatore dell’Associazione Privacy Network: “una società tecnologica e libera si regge sulla responsabilità di tutti, legislatori, aziende e singoli utenti. Tematiche come cybersecurity e privacy devono essere capite e presidiate in tutti i contesti: al lavoro, a scuola, in famiglia ma soprattutto in politica”.

Dall’analisi di Privacy Network emerge che in generale quasi tutti i programmi elettorali parlano diritti digitali e privacy, ma non in modo approfondito. Sotto una sintesi di quanto emerso.

Il centrodestra si approccia alle nuove tecnologie come a degli strumenti utili a raggiungere gli obiettivi di programma, non a caso vi si fa riferimento in numerosi ambiti. Il difetto principale è da rinvenire nell’eccessiva genericità e residualità dei punti programmatici che parlano di digitalizzazione. Del tutto assenti i riferimenti alla privacy e alla tutela dei diritti umani in ambito digitale. Insomma, ci sono riferimenti al digitale ma ancora molto generici. Questo è certamente frutto anche di un programma elettorale molto breve.

Il programma del PD parla del mondo digitale guardando tanto alla sua funzione strumentale, atta al raggiungimento di obiettivi programmatici, quanto alle sue possibili derive negative. Il Pd dà ampio spazio al tema della tutela dei diritti delle persone nei confronti delle ‘Big Tech’, ma anche nei confronti dell’uso dei sistemi di intelligenza artificiale. Il programma appare poco leggibile a chi non ha una conoscenza approfondita dei temi. Alcuni propositi risultano una ripetizione di quanto già previsto da norme Europee presenti e future.

Il Movimento 5 Stelle nel suo programma mette in risalto il valore dei dati ancor prima che quello delle tecnologie. I dati sono utili per agevolare la conoscenza e la partecipazione dei cittadini. Le informazioni, secondo il M5S, devono essere accessibili per consentire un miglioramento della ricerca, ma anche dell’informazione in ottica di lotta alle fake news. Nulla viene detto sulla tutela della privacy o dei diritti fondamentali nei confronti, ad esempio, delle piattaforme americane.

Alleanza Verdi Sinistra evidenzia l’importanza dei dati e suggerisce di utilizzarli in diversi settori. Occorre evidenziare che si si riferisce però non ai dati personali ma a informazioni utili al perseguimento delle ricerche e dello sviluppo, senza porre attenzione al tema dei dati personali. Non solo, il programma di Alleanza Verdi Sinistra dichiara apertamente di voler tracciare i dati dei conti correnti dei cittadini al fine di verificare i casi di evasione. Non è da escludere che anche altre forze politiche abbiano simili mire, ma Alleanza Verdi Sinistra lo scrive nero su bianco.

Le nuove tecnologie vengono viste da Azione Italia Viva e Calenda non come una panacea dai non chiari poteri, ma come un set di strumenti concreti e utili a semplificare e migliorare alcuni settori dell’economia del Paese. In questo programma manca completamente il riferimento ai diritti dei cittadini e alla tutela della loro privacy contro le Big Tech.

Nel programma portato avanti da Possibile di Civati viene riservato ampio spazio ai temi digitali e, in particolare, al tema della privacy che viene presa in considerazione anche con riferimento al miglioramento della disciplina dello smart working, nonché con riferimento all’ambito della didattica online. Viene citato espressamente il Digital Market Act, normativa UE e relativa alla regolamentazione del ruolo delle Big Tech nei mercati on line. Il programma risulta però carente sotto il punto di vista delle soluzioni tecnico/pratiche.

Nel programma elettorale di Unione Popolare, infine, manca praticamente del tutto il riferimento alle nuove tecnologie.

Insomma, gli spiragli di apertura ci sono, ma sono poco specifici. Ogni programma ne vede una parte, ma nessuno ha un piano complessivo e approfondito che ne tocca tutti gli aspetti.
L’Associazione Privacy Network propone inoltre cinque punti dei quali tutti i partiti e le coalizioni dovrebbero tenere conto, una volta risolte le questioni politiche più urgenti e quando dovranno essere affrontate queste tematiche. Eccoli di seguito:

  • creare un sistema di amministrazione digitale sicuro, unico (in modo da non creare ridondanza dei dati su database diversi) e nazionale (in modo da non fornire i dati a privati, specie se non europei);
  • prendere una posizione netta contro i sistemi di riconoscimento facciale, proseguendo nel solco della moratoria di cui al DL 139/2021 ed estendendola in modo da tutelare al meglio i diritti umani. In generale, i processi decisionali automatizzati creati dal pubblico devono necessariamente essere pensati in modo da tutelare al meglio i diritti umani, in modo trasparente e responsabile;
  • prendere una posizione netta contro i sistemi di social scoring. L’adozione di sistemi di valutazione sociale non è in linea con i principi di una società democratica, anche per questo Privacy Network ha lanciato una petizione online che verrà poi presentata ai decisori nazionali ed europei;
  • pretendere che i servizi web usati dalle scuole garantiscano i diritti degli studenti e che utilizzino i dati per i soli scopi dichiarati, evitando abusi sui dati e sui diritti dei minori (evidenziati anche dallo Human Right Watch);
  • le aziende italiane (e non solo), a seguito della sentenza Schrems II (provvedimento adottato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, per riorganizzare gli accordi, tra UE e USA, riguardo il trattamento di dati personali) si trovano davanti a un vuoto normativo che, sino a nuove indicazioni, impedisce di fatto l’utilizzo della gran parte dei sistemi web-based distribuiti da aziende americane.